Don Massimiliano Nastasi – Riflessioni sulla VI Domenica del Tempo ordinario / A
Sir 15, 16-21 ⌘ Sal 118 ⌘ 1Cor 2, 6-10 ⌘ Mt 5, 17-37
La VI domenica del tempo ordinario ci propone la continuazione del primo grande discorso di Gesù detto “della montagna” che apre il suo ministero pubblico dove ci vengono offerte delle indicazioni concrete e nuove per giungere alla realizzazione della signoria di Dio. Dopo la proclamazione delle beatitudini (Mt 5,3-12) e l’invito ad essere sale e luce del mondo (Mt 5,13-16), l’attenzione ricade ora sulla legge e il suo compimento, ma soprattutto sulla fedeltà alla propria vocazione.
Questa sezione è chiamata “delle antitesi” (Mt 5,21-48), ossia cinque formule in cui il Maestro adopera un’espressione di autorevolezza: «Avete inteso che fu detto agli antichi […]. Ma io vi dico» (Mt 5,21-22). Una contrapposizione che non crea conflitto ma porta a compimento (τελευτάω), o meglio al “riempimento” (ἀναπλήρωσις) per rendere possibile il comandamento di Dio anche nelle piccole cose: «Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17b). Infatti, si «afferma la realtà permanente e persino eterna della legge così come viene affermata negli scritti rabbinici; ma secondo Gesù è la legge completata e perfetta che perdura, ha la qualità della perennità non la legge di Mosè con le sue interpretazioni orali» [J.L. MacKenzie, «Il vangelo secondo Matteo», in Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia 1973, 911].
L’evangelista Matteo non intende trasmettere una fede fondata da precetti – come il giudaismo – che nasconda così la sua “bella notizia”. La finalità è, invece, comprendere questa nuova legge come una nuova grazia, un dono che parte non dall’esterno, ma dal cuore dell’uomo e che permette di poterla realizzare. Infatti, come Pietro stesso riconosce, la legge degli antichi è «un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare» (At 15,10), e il compimento della grazia ottiene di superare la giustizia «degli scribi e dei farisei» (Mt 5,20).
Non sono quindi nuovi obblighi che ampliano quelli degli antichi (Matteo mai afferma che essi derivano da Dio), ma è il dono di grazia della persona di Gesù Cristo che rende capaci di fare oltre ciò che è prescritto. Non solo perciò «Non ucciderai» (Mt 5,21), ma ora la possibilità di voler bene al proprio fratello e avere la capacità di perdonarlo perché «Dio può rifiutarsi d’esaudire la preghiera, se colui che prega non si è riconciliato con il prossimo. L’“unità con Dio” presuppone l’“unità fra gli uomini”. Dio può agire in questo campo solo se può imitare gli uomini» [K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia, 2014, 31]. Così come non solo tradire la persona amata, ma possedere uno sguardo limpido e un cuore puro perché, come proclamato nelle beatitudini, essi «vedranno Dio» (Mt 5,8). Ma anche un dono di grazia che supera ogni giuramento che «è un riflesso della cattiva condizione dell’uomo, in quanto mette in evidenza sia la sua mendacità, contro la quale il giuramento è visto come una difesa, sia la sua mancanza di fiducia nei suoi simili» [J.L. MacKenzie, «Il vangelo secondo Matteo», cit., 913], per avere la capacità di essere sinceri e fedeli verso ogni uomo.
L’evangelista presenta così il primo grande discorso del Maestro come la nuova vita del cristiano che ha risposto all’antico scriba Ben Sira scegliendo la vita: «Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano» (Sir 15,16), abbeverandosi all’acqua viva «che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14b); non un appesantimento etico e morale della Tōrāh, ma un vero e proprio rovesciamento di paradigma.
L’invito ad essere «perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48), infatti, non trova nessun riferimento veterotestamentario. Adonai è chiamato “misericordia”, e lui stesso si presenta ad Israele come tale: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6). L’essere “perfetto” non è mai una prerogativa di Dio, ma bensì dell’offerta che l’uomo deve presentare a Dio: «Il vostro agnello sia senza difetto» (Es 12,5).
Matteo, recependo gli insegnamenti di Paolo, inverte teologicamente la situazione ponendo la perfezione a Dio in Gesù Cristo «uomo perfetto» (Gal 4,13) che «avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio» (Eb 10,12), lui che nell’ultimo e definitivo esodo è «l’agnello che è stato immolato» (Ap 5,12). L’uomo che si incorpora nella carne stessa di Cristo, resa perfetta grazie al suo supremo sacrificio sulla croce, diventa una «nuova creatura» (2Cor 5,17) perché si è spogliato «dell’uomo vecchio con le sue azioni» (Col 3,9).
Assumendo e mangiando la carne di Cristo che si fa dono ogni domenica per renderci perfetti, ed offrendo il nostro corpo ogni giorno «come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rom 12,1), sarà possibile vivere la nuova legge della grazia e superare la giustizia degli scribi e dei farisei.
«Dunque, il sacrificio unico e perfetto, in vista del quale tutti questi sacrifici avevano preceduto come tipo e figura, è il Cristo immolato (1Cor 5,7). Se qualcuno tocca la carne di questo sacrificio, subito viene santificato (Lv 6,20) se è immondo, viene sanato se ha un male (Mc 5,25). Così, in breve, quella donna che pativa flusso di sangue: essa comprese che egli era la carne del sacrificio e carne santissima (Lv 6,18), e poiché veramente comprese che cosa era la carne santissima, per questo si avvicinò, toccò la frangia del mantello (Mc 5,27) di cui era ricoperta la carne santa, e per questo contatto di fede fece uscire dalla carne una potenza che la santificò dall’impurità, e la sanò dal male (Mc 5,29-30) di cui soffriva» (Origene di Alessandria, dal trattato Omelie sul Levitico, om. 4, 8: SC 286, 188-190).
Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)