Blog / Luciano Sesta | 29 Dicembre 2019

Le Lettere di Luciano Sesta – Cristianesimo, incarnazione di Dio e sfera sessuale

Polemizzando sull’immagine della Madonna partoriente postata da Saviano, il giornalista Aldo Maria Valli, riferendosi anche ad altre provocazioni – come quella dell’Immacolata “contraccezione” -, ha parlato di un’ondata di blasfemia a sfondo esclusivamente sessuale, accusando la cultura laica di comportarsi come i bambini, i quali dicono “cacca e pipì” solo per far dispetto agli adulti.

Aldo Maria Valli dimentica però che l’insistenza sulla dimensione sessuale è già presente nella tradizione cattolica: le provocazioni laiche su questo punto sono infatti una reazione a una visione che ha spesso legato la divinità di Gesù e la santità di Maria all’esclusione degli aspetti sessuali della condizione umana. Che Gesù abbia vissuto da celibe, dopo essere stato concepito senza rapporto sessuale da una donna che è rimasta vergine anche dopo averlo partorito, è sempre stato considerato determinante per “tutelare” la sua origine divina. Chi voglia sottolineare la sua umanità, di conseguenza, tende a contraddire questi aspetti angelici, anche se non sempre lo fa in modo adeguato (il Gesù pedofilo, per esempio, è un’evidente aberrazione).

Tornando alla vergine partoriente, però, si pongono alcuni interessanti quesiti. Come recita la dottrina cattolica, Gesù ha condiviso in tutto la nostra umanità, eccetto il peccato, e Maria, pur essendo umana e non divina, è priva di peccato. Nella stessa dottrina cattolica, però, avere rapporti sessuali all’interno del matrimonio e perdere la verginità non sono un peccato. Ci si potrebbe dunque domandare se il fatto che Gesù e Maria non abbiano vissuto queste esperienze, pur genuinamente umane, sia un “di più di santità” o un “di meno di umanità”.

Se si risponde che è un “di più di santità”, si sta affermando che nel cristianesimo la santità perfetta è riservata a celibi e vergini, e non, per esempio, a una donna sposata che ha rapporti sessuali e che partorisce, come se queste ultime due esperienze fossero in quanto tali peccaminose. Se invece si risponde che la mancanza di rapporti sessuali e la verginità sono un “di meno di umanità”, si sta affermando che, nel cristianesimo, vergini e celibi sono “meno pienamente umani” di coloro che si sposano e che hanno figli. Insomma: o perfettamente santi ma meno umani, o più umani ma imperfettamente santi. Come se umanità e divinità fossero incompatibili. E, dunque, come se la formula dogmatica riferita a Gesù, considerato “perfetto Dio e perfetto uomo”, fosse un controsenso. Certo, fa pensare che, nel cristianesimo, il sesso e la perdita della verginità, pur non essendo in quanto tali un peccato, non possano essere vissuti da Gesù e da Maria senza diminuire la loro santità. Quasi non fossero parte integrante dell’umanità che Dio ha assunto in Gesù e che Maria condivide con tutto il genere umano. Come se Dio stesso non avesse sufficiente potere per assumerli senza smettere di essere pienamente Dio. Agli esperti di teologia l’ardua sentenza…

 

Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica

 

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