
Le Lettere di Marisa Levi – Il diario di mio padre
Il testo di cui parla Marisa Levi qui di seguito, sarà pubblicato lunedì prossimo
Caro don Mauro,
quasi esattamente 75 anni fa, il 26 agosto 1944, mio padre, Eugenio Levi, ha scritto un testo dal titolo “Ricostruire”, sulle condizioni per una ricostruzione postbellica.
Questo testo fa parte di un diario di cronaca e riflessioni che mio padre ha tenuto per 16 mesi, mentre era rifugiato in Svizzera per sfuggire alla persecuzione razziale. Per le leggi razziali nel 1938 era stato cacciato dall’insegnamento, nel dicembre del 1943 aveva dovuto scappare ed erano ormai mesi che non vedeva la famiglia, non aveva ancora conosciuto la figlia nata dopo la sua partenza, ma in questa riflessione era convinto della necessità della fiducia e del rispetto reciproco. L’ho appena riletto e mi sembra di una attualità incredibile. A me piacerebbe che potesse essere divulgato, perché è un esempio della capacità di affrontare un periodo così difficile senza posizioni ideologiche e senza odio.
Aggiungo qualche nota biografica
Eugenio Levi è nato a Milano l’11 ottobre 1913; dopo avere frequentato l’Istituto Tecnico Commerciale Moreschi, si laurea in Economia e Commercio all’Università Bocconi nel 1935. Nel 1932 si abilita all’insegnamento di stenografia presso l’Unione Stenografica Lombarda a Milano, dove conosce la futura moglie Ines Garboli. Nel 1937 prende servizio nell’Istituto Tecnico Leonardo da Vinci a Trieste, ma l’anno successivo viene esonerato dal servizio a causa delle leggi razziali. In previsione della possibile proibizione dei matrimoni misti (avvenuta poi nel Novembre 1938), Eugenio e Ines decidono di anticipare il matrimonio civile, cosa che fanno l’8 settembre 1938. Il 17 dicembre 1938, ottenuta la dispensa, si sposano con rito cattolico e il 22 dicembre vanno a vivere insieme. Eugenio insegna alla Scuola ebraica di Milano, nei corsi allestiti in seguito all’esclusione di allievi e insegnanti ebrei dalla scuola pubblica, fino alla nascita e al Battesimo della prima figlia, Lidia. Da quel momento, non potendo più insegnare in alcuna scuola, ha mantenuto la famiglia con lezioni private. Nel frattempo, attirato dagli esempi di carità cristiana di diverse amiche e parenti della moglie, si preparava al Battesimo con l’aiuto di padre Genesio, frate cappuccino del convento di viale Piave. Quando, con Ordinanza di Polizia del 30 novembre 1943, viene emanato l’ordine di internamento degli ebrei in appositi campi di concentramento, dopo essere sfuggito all’arresto il 2 dicembre 1943, nonostante l’offerta di rifugio propostagli da qualche amico, dopo aver ricevuto lui stesso il Battesimo il 21 dicembre 1943, ripara avventurosamente in Svizzera con la sorella Annettina. Qui comincia il fitto diario, fino all’aprile del 1945, quando ha potuto rientrare in Italia e riabbracciare i suoi cari. Dopo la morte di Eugenio, avvenuta nel 1969, la sorella Annettina ha trascritto il diario dalla stenografia in corsivo, rendendolo così disponibile ai figli e ai nipoti di Eugenio. Il 28 aprile 1945 Eugenio rientra in Italia e il 1° maggio a Margno, dove la famiglia era sfollata, ritrova la moglie e la figlia maggiore e conosce finalmente la figlia Silvana che aveva già più di 14 mesi, e che all’inizio non lo vuole vedere. Grazie allo studio del latino e della filosofia fatto in Svizzera, prende la maturità scientifica, che gli consente di iscriversi al corso di laurea in Matematica, e nel 1949 si laurea in questa materia. Negli anni 1946-1952 nascono gli altri quattro figli. Nel dicembre 1955, vinto un concorso universitario per una cattedra di Matematica Finanziaria, Eugenio prende servizio a Catania e nel 1958 si trasferisce all’Università di Parma, dove rimane fino alla morte, avvenuta l’11 febbraio 1969.