Blog / Scritti segnalati dal blog | 23 Aprile 2019

Alessandra Bialetti – Messina, padre gesuita mura entrata della chiesa «Messaggio simbolico sul tema dell’accoglienza»

Alessandra Bialetti segnala al blog questo articolo, introducendolo così:

Quando facciamo esperienza concreta delle cose ci rimangono dentro. Trovare un muro davanti al luogo che dovrebbe essere accoglienza incondizionata, fa male. Costringe a fermarsi. A pensare. A cercare la via alternativa. A faticare più che varcare semplicemente una soglia. Siamo abituati alle porte aperte che nemmeno ci facciamo caso. Non sappiamo cosa voglia dire un muro di mattoni e rimanervi al di qua. Felice Scalia spinge a fare esperienza. Perché la prossima volta possiamo pensarci due volte a erigere muri.

Un muro di mattoni ha impedito l’accesso alla chiesa di Santa Maria della Scaladei padri gesuiti a quanti, ieri notte a Messina, andavano a visitare i sepolcri. Una provocazione quella ideata da padre Felice Scalia, che guida la chiesa, in occasione del giovedì santo per richiamare i fedeli ai temi dell’accoglienza e dell’ospitalità. Per entrare si doveva percorrere un sentiero illuminato da tante candele che faceva accedere in chiesa da una porta laterale. Lungo il tragitto dei cartelli che chiedevano al visitatore: «Chi cercate?»«Ero straniero, mi hai accolto?». Una volta all’interno della chiesa i fedeli hanno trovato delle foto accompagnate dalla didascalia «muro di razzismo» e due giovani migranti che hanno distribuito del pane. 

«Siete stati accolti da chi noi non abbiamo accolto», ha precisato padre Scalia «e il muro è la provocazione per riflettere sull’accoglienza e l’ospitalità che noi offriamo agli altri». Un gesto forte e simbolico con un muro di mattoni, alto, spesso, possente a impedire l’accesso per suscitare una domanda: «Sappiamo demolire muri separatori tra noi, posti come barriere con gli altri, in famiglia, nella società?». A dare una speranza era la sorgente di luce retrostante, «intangibile poiché volontariamente interclusa tra l’uscio dell’ingresso principale e il muro». Ecco, perché l’invito una volta dentro la chiesa, è stato quello di prendere una candela, accenderla e propagare «quella piccola fiammella fino a farla diventare, insieme alle altre, forte fascio luminoso di speranza».