Blog / Renato Pierri | 26 Febbraio 2019

Le Lettere di Renato Pierri – La sofferenza senza senso di Iolanda Deda

Trascrivo alcuni passi di un articolo apparso su Il Sussidiario del 25 febbraio a firma del prete e scrittore Mauro Leonardi.

«Una bimba di dieci anni muore di un tumore alla testa e la mamma di 25 anni, Nike, disperata, decide di non farle il funerale. “Non ci credo più – riporta Il Mattino di Padova – ho visto mia figlia soffrire troppo”. Il calvario della piccola Iolanda Deda era iniziato 11 mesi fa. All’inizio sembrava un torcicollo ma poi la situazione è peggiorata rapidamente, fino al crollo, avvenuto il giorno di Natale, con la crisi che ha portato al ricovero definitivo».

«La morte di un figlio è sempre assurda, insuperabile, soprattutto per una madre: la madre che ha custodito la figlia nel grembo non sopporta di vedere che la morte le strappi via la figlia con una malattia. Capisco questa madre e la sua scelta».

«Quando l’uomo perde qualcuno gli sembra di poter possedere solo il dolore: ci si attacca perché staccarsi dal dolore é come perdere definitivamente tutto. Ma la svolta è scoprire che il dolore non è qualcosa da capire ma da vivere».

«E come accade con le persone così accade con il dolore. Si scopre cioè che le persone hanno senso anche se non le conosciamo, anche se non conosciamo il loro nome. Hanno senso se ci si mette nella loro strada e si vive la loro vita. Il dolore vissuto così è una via che si apre alla Verità e all’Amore del Padre».

«Il dolore vissuto fino in fondo è offerta… Il dolore ha senso solo se lo si offre».

Ora, Nike non si lamenta del proprio dolore, non pensa al proprio dolore, pensa al dolore di una creatura innocente, al dolore tremendo della figlia (“Ho visto mia figlia soffrire troppo”). Sa benissimo perché la figlia ha sofferto indicibilmente. Tutti sanno che cosa sia il dolore, soprattutto quella fisico: è un campanello d’allarme che purtroppo funziona male, alle volte malissimo. Ciò che questa madre, credente, non comprende, ciò che non comprendiamo è perché Dio abbia creato un mondo in cui una creatura innocente può soffrire terribilmente e morire. Non è la sofferenza in sé, ma, se così si può dire, il “comportamento” di Dio in relazione al dolore dell’innocente. Il “comportamento” del Padre immensamente buono in relazione al dolore di una bambina. E’ questo che sconcerta la madre. E’ questo che ci sconcerta.

Don Leonardi parla del dolore della madre, anziché parlare del dolore che ha suscitato quel dolore. Ma qui il problema è il dolore della bambina. E riguardo a questo dolore, tutti i discorsi che fa don Mauro non hanno senso. Non si vede, infatti, perché la sofferenza di una creaturina dovrebbe essere una “via che si apre alla Verità e all’Amore del Padre”. La bimba soffrendo si apre alla Verità e all’Amore del Padre? Che significa?

Altra affermazione che non condivido è che il dolore ha un senso solo se lo si offre. Il sacrificio di sé per il prossimo ha un senso e di conseguenza il dolore che ne deriva. Ma se soffriamo a causa di una disgrazia non capisco che cosa significhi offrire la nostra sofferenza. Siamo anche noi piccoli redentori? Mah! Se poi si tratta della sofferenza di un bambino, di un neonato, davvero non so come potrebbe fare la creaturina ad offrire il suo dolore. Il suo dolore senza senso.

Renato Pierri

IlPasquino