METRO – Come aiutare un “hikikomori”
L’hikikomori non è un cartone giapponese ma il nome di una malattia che colpisce in Italia 100.000 ragazzi tra i 15 e i 25 anni. Le persone affette da hikikomori preferiscono svolgere attività solitarie, invertono il ritmo del sonno e si chiudono in stanza proibendosi di uscire. Ma la colpa non è di internet: è una crescente difficoltà e demotivazione nei rapporti con gli altri. Gli amici si diplomano, si laureano, fanno sport, hanno un amore, trovano lavoro e gli hikikomori rimangono chiusi in stanza. Per loro il confronto con gli altri è insopportabile. Scrive Sonia Montrella su AGI che sono soprattutto due i momenti nei quali essere attenti: l’inizio e la fine delle scuole superiori. Cosa fare se mentre leggiamo queste righe ci viene in mente il volto di qualcuno che amiamo? Non fasciamoci la testa e non disperiamo: mettiamoci invece in contatto con Marco Crepaldi – presidente di Hikikomori Italia – che ci aiuterà a venirne fuori. Perché da questa sindrome, che è un meccanismo di difesa alle aspettative eccessive come quelle dei buoni voti, della realizzazione personale o della bellezza, si può guarire. A una condizione però: di trovare il terapista giusto, che sappia di cosa stiamo parlando e che non confonda l’hikikomori con la depressione o con le fobie. Niente panico dunque: è una malattia delle società capitalistiche ma bisogna trattarla come tale. Con professionalità.
Tratto da Metro