Alessandra Bialetti / Blog | 24 Gennaio 2019

Le Lettere di Alessandra Bialetti – Ascoltare senza giudicare. Ascoltare prima di giudicare

Vladimir Luxuria in seconda serata sui Rai 3 nella trasmissione “Alla Lavagna”. In cattedra si alternano “docenti” di varia natura per dialogare con bambini/ragazzi tra i 9 e 12 anni. Ho visionato attentamente il video per rendermi conto di ciò che possa aver rappresentato quell’incontro scolastico peraltro realizzato con il consenso dei genitori che seguivano dalla cabina di regia la messa in onda. Ho voluto approfondire passo passo per comprendere la motivazione delle sollevazioni che la presenza di Luxuria ha generato (perché se le stesse cose fossero state espresse da altro docente con le “carte in regola” ben diversa sarebbe stata la reazione).

Uno dei compiti del genitore è fornire ai figli gli strumenti di conoscenza della realtà cercando di renderli capaci di leggere ciò che avviene intorno a loro acquisendo nel tempo e con la crescita un atteggiamento critico. Sono d’accordo con chi sostiene che la prima educazione avvenga in famiglia, fin da primi momenti, ma il percorso familiare poi si arricchisce di figure che, in sinergia con la famiglia stessa, interagiscono a creare un percorso educativo. La scuola è uno degli agenti educativi di primo piano perché la prima esperienza di socialità dei bambini. E’ impensabile che, con i controlli che oggi vengono eseguiti sulle scuole, la presenza di Luxuria con la sua testimonianza di vita, non sia stato oggetto di decisioni comuni tra scuola e genitori, non sia stato un intervento concertato a più voci con garanzie di non esporre i bambini ad alcun rischio di indottrinamento. Risulta infatti che nessun genitore abbia sollevato polemiche durante e dopo la messa in onda del programma cogliendo il messaggio come concernente ambiti importanti per l’educazione dei propri figli.

L’intervento di Luxuria ha messo in evidenza un tema importante: la complessità della vita e dell’esperienza umana in cui gli stessi bambini si possono imbattere quando complessità significa un compagno diverso da sé, un diversamente abile, una persona di colore, qualcuno che la pensa differentemente. Saper stare nella complessità della vita significa aprire la propria mente alla comprensione ulteriore e profonda di cosa e di chi ci vive intorno.

Luxuria non è salita in cattedra con il vademecum del gender pronta ad insegnare come cambiare sesso e come fare sesso, ma ha risposto ai vari interrogativi dei bambini che vertevano essenzialmente sul comprendere l’esperienza di vita di una persona che nasce maschio ma percepisce una distonia con il suo essere profondo. Nessuna risatina, nessun “darsi di gomito” ma attenzione per cercare di capire. Così nelle parole rispettose di Luxuria è passata la sofferenza per un percorso di vita in cui si sentiva sbagliata, in cui sentiva di non avere un posto tra gli amici, i compagni, nella scuola, sulla metro. Il dolore di essere emarginata, di non essere difesa davanti agli sfottò e alle violenze, la sofferenza di pagare cara una verità di sé che non poteva essere taciuta. Nessun riferimento alle pratiche per cambiare identità. Nessun riferimento ad una scelta che si faccia alla leggera la mattina alzandosi dal letto. Se di scelta ha parlato non è stata quella di cambiare sesso ma di essere profondamente se stessa e non più quel bambino triste e malinconico che non trovava il suo posto nel mondo. Sappiamo bene che non si sceglie orientamento e identità ma come vivere in piena autenticità ciò che si sente di essere fin dalla nascita . Se fosse una scelta chi sarebbe così masochista da optare per un orientamento o identità che porta con sé lo stigma, la discriminazione e l’emarginazione?

La commozione di Luxuria ci parla di quanta delicatezza ci sia stata nel prendere atto che la famiglia è la prima ad essere toccata da una verità non facile da affrontare e di quanto sia fondamentale che il genitore compia il suo percorso di piena accoglienza del figlio così come è e di qualsiasi diversità sia portatore. Nelle parole di Luxuria rispetto e pazienza dei tempi di accettazione dei genitori, di quel gelo che si viveva a tavola, di quel non voler o saper parlare di ciò che il figlio stava vivendo fino ad arrivare al pieno sostegno. Nessuna forzatura ma paziente attesa pur sicuramente con tanta sofferenza, una sofferenza che se non la si prova non si può comprendere e tanto meno giudicare.

E ancora il tema del bullismo, del non poter accettare l’omertà del silenzio davanti ad atti violenti, del saper coraggiosamente denunciare e non voltare la faccia, la resilienza davanti agli sfottò che spingevano ad abbandonare la scuola come luogo di sofferenza e discriminazione, per arrivare invece alla laurea a pieni voti. A tutti questi stimoli di riflessione i ragazzi in classe hanno reagito tenendo per sé alla fine il valore di denunciare sempre e comunque, di mettersi in gioco, di non ignorare, di non aver paura di alzare la testa per sé e i compagni. Nelle interviste finali questo hanno detto e ci deve far pensare molto quando dirigiamo i nostri occhi alla demonizzazione piuttosto che ad un ascolto attento.

Non mi trovo d’accordo con alcune posizioni espresse da La Nuova Bussola Quotidiana. “L’errore non salga in cattedra”: espresso in questo modo può far pensare che errore possa essere addirittura la persona, l’esperienza di vita dolorosa di chi è salita in cattedra a raccontare se stessa esponendosi ai rischi mediatici che ben si conoscono. La critica ai genitori “entusiasti” mi sembra un giudizio forte e svalutante: i genitori credo abbiano preso con coscienza le loro misure rispetto alla situazione e preteso garanzie educative prima di esporre i loro figli. Quindi nessuna fiducia verso la genitorialità.

Personalmente inaccettabile sottolineare in questo contesto la frase ben nota “non accettare caramelle dagli sconosciuti”, frase che ha sempre fatto riferimento ai pedofili e agli abusatori di ogni tipo. Realtà pesante che nulla a che vedere con ciò che si è svolto in quella classe e molto grave per chi ha veramente vissuto sulla propria pelle una violenza inammissibile e spesso senza voce. Purtroppo il sottotitolo di quella affermazione è ancora l’accostamento intollerabile tra omosessualità/transessualità e pedofilia. Dimenticando che spesso, purtroppo, gli sconosciuti da cui non accettare caramelle risiedono invece in contesti familiari malati e quindi ancor più doloroso esserne vittime.

La Bussola fa riferimento ad “atteggiamenti critici verso il transessualismo fatti passare come atti di razzismo”. I bambini stessi ci hanno spiegato cosa sia razzismo e discriminazione: gli atti di chi, presupponendo di avere la verità in tasca, si arroga il diritto di emarginare, allontanare, ritenere inferiore l’altro fino a non considerarlo appartenente al mondo a pieno diritto. Minimizzare atteggiamenti critici come non assimilabili al razzismo è una pericolosa deriva quando gli atti producono violenza di pensieri e gesti. La violenza omofobica purtroppo fa ancora parte della nostra realtà.

In finale quale dottrina, bollata come gender, è stata insegnata? L’accoglienza di sé, il coraggio della denuncia di ogni ingiustizia, il valore della famiglia a sostegno del figlio più fragile, la resilienza di non farsi abbattere anche da gesti violenti ma continuare a costruire la propria vita. Questa non è dottrina ma riflessione da gettare nel campo delle nuove generazioni, futuri cittadini del mondo e futuri genitori attenti alla crescita dei propri figli. Chi scrive è madre di due ragazzi ormai uomini, ai tempi della loro infanzia non esisteva nessun tipo di intervento su certe tematiche, non se ne parlava, non se ne sapeva nulla. Ringrazio Luxuria che, con coraggio non a sfondo mediatico, ha messo la sua esperienza a servizio (e non vorrei in pasto) a chi nella scuola vive e cresce. Con estrema delicatezza e rispetto. E grazie a quei genitori che, sicuramente con grande attenzione, hanno accolto questa iniziativa come spunto per i loro figli e magari stimolo di riflessione la sera a tavola. Perché spesso è dai figli che si impara, attraverso i loro occhi e le loro esperienze senza perdere il proprio ruolo di guida attenta e competente rivolta al bene dei piccoli. Mi unisco alla chiosa finale di Luxuria: fiducia nel futuro che le nuove generazioni costruiranno in un clima di ascolto e dialogo impegnando se stesse all’edificazione di ponti di comprensione e non muri di chiusura.

 

Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.