Blog / Scritti segnalati dal blog | 21 Gennaio 2019

Avvenire – Natale. «Ho tradotto il Padre Nostro in simboli per mio figlio Down»

Alessandra Bialetti segnala al blog questo articolo, introducendolo così:

La preghiera non conosce ostacoli, non guarda in faccia alle diversità di chi la esprime, guarda il cuore di chi la vive. Guarda la semplicità di un disegno che parla di un padre che apre le braccia,  guarda il coraggio di una madre che non si ferma davanti alla disabilità di un figlio ma gli mette nelle mani la possibilità di chiamare Padre chi lo ha chiamato alla vita fidandosi della sua bellezza di creatura. Perché genitore non è solo chi ti accudisce materialmente ma anche chi ti accompagna nel cammino di fede ad incontrare Gesù a partire da come sei nella certezza che l’amore non conosce barriere.

Il disegno di un omino con i pantaloni iscritto in un cerchio vuol dire “padre”. Un altro con due omini più esili che si tengono per mano significa “nostro”. Per tradurre nel linguaggio aumentativo “che sei nei cieli” ci vogliono quattro simbolini, i due puntini con la freccia valgono per il “che”, la lineetta in grassetto per “sei”, un cerchio scuro in un quadrato vuole dire “nei” e, infine, il sole parzialmente coperto da due nuvole con altrettante crocette sulla destra significa “cieli”. Raccontare la preghiera più bella con i simboli della comunicazione aumentativa – il linguaggio comprensibile anche alle persone con disabilità, soprattutto autistici, bambini con problemi cognitivi o con ritardi mentali – rappresenterebbe già uno sforzo importante.

Ma Cinzia Martin, mamma di un ragazzo Down, ha voluto che il regalo di Natale per il suo Pietro fosse ancora più ricco. Grazie allo stesso linguaggio simbolico ha accompagnato le parole del Padre Nostro con un commento semplice ma efficace, adeguato alle capacità di comprensione del figlio e, soprattutto, ha corredato il tutto con magnifici disegni realizzati da un parroco di Bergamo, don Giuseppe Sala.

Ne è uscito un testo insolito ma efficace per raccontare la preghiera che ci ha insegnato Gesù ai piccoli disabili che hanno difficoltà insormontabili con le lettere dell’alfabeto. Quando Antonella Costantino, responsabile del dipartimento di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano, ha visto quei fogli colorati con il loro corredo di comunicazione aumentativa, non ha avuto dubbi. Quella mamma coraggio, anche grazie all’aiuto di una collega, Giuliana Martina, aveva davvero realizzato un’opera importante, uno strumento che avrebbe potuto diventare un sussidio prezioso per tutti i genitori alle prese con le difficoltà di lettura dei loro figli “speciali”. Così ha provveduto a farne stampare artigianalmente duecento copie – una è stata inviata anche a papa Francesco – che sono diventati altrettanti regali di Natale per i piccoli disabili. 

«Davvero non avrei potuto immaginare un dono più bello per mio figlio che purtroppo – osserva Cinzia Martin – non è mai riuscito a leggere. Con questo volumetto non solo ha imparato il “Padre Nostro” ma ne sta comprendendo il significato». Un esempio? Per spiegare l’invocazione “rimetti a noi i nostri debiti”, che potrebbe rappresentare un ostacolo concettualmente impegnativo per una persona con difficoltà cognitive, questa mamma intraprendente ha proposto il commento: “Quando sono triste, confuso e mi sento perso, Tu mi chiami a Te”. Ancora più arduo lo sforzo di rendere comprensibile “e non ci abbandonare alla tentazione” che, al di là del dibattito sulla correttezza della traduzione, presuppone codici interpretativi sul piano etico. Efficacissima la semplificazione individuata dalla mamma di Pietro: “e non separarci da Te”.

«Ma l’aspetto affascinante di questa operazione – osserva Antonella Costantino – è che quando i bambini della scuola dell’infanzia si avvicinano a questi testi ne rimangono affascinati. Anche i bambini senza difficoltà li leggono volentieri e li condividono. E questo facilita moltissimo l’inclusione, anche perché diventa molto più intuitivo e immediato per tutti comprendere come comunicano questi bambini. Anche le educatrici hanno cominciato ad accorgersi che bimbi senza gravi disabilità di apprendimento ma con qualche ritardo di linguaggio, oppure stranieri che non avevano ancora imparato l’italiano, o ancora con difficoltà di attenzione, potevano superare i loro problemi in tempi ancora più rapidi».

Oggi i libri che ricorrono alla comunicazione aumentativa non sono acquistati soltanto da madre e padri con figli disabili ma anche da tutti gli altri genitori perché i simboli sono una modalità espressiva immediata, che “parla” ai bambini in modo semplice. «Pensare che un volumetto come quello del “Padre Nostro” – conclude la neuropsichiatra – nato per una nicchia dentro la nicchia della disabilità, può diventare ora uno strumento utile per tutti i bambini, è un altro piccolo “miracolo”». 

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