Blog / Nicola Sparvieri | 16 Dicembre 2018

Le Lettere di Nicola Sparvieri – La Rete e il futuro della Democrazia

In natura esistono molti sistemi che possiedono un enorme numero di componenti tutti interagenti tra loro. Per esempio possiamo considerare un gas reale, un vetro di spin, la crosta terrestre prima di un terremoto, il sistema climatico atmosferico e ancora gli organismi viventi e i sistemi economici e quelli sociali.

Questi sistemi, dagli specialisti, vengono chiamati “sistemi complessi” che non significa che siano “complicati”. Complesso non è sinonimo di complicato. Un sistema complicato può essere scomposto in parti più piccole e compreso analizzandone ciascuna di esse. Tale approccio è chiamato riduzionistico e trae la sua motivazione dal fatto che utilizza equazioni deterministiche tipiche dei sistemi della fisica classica.

Ecco un esempio di sistema deterministico: una pallina lanciata su un tavolo liscio. Possiamo prevedere quanto accelererà, in quale direzione andrà, dove si fermerà e dopo quanto tempo. Possiamo farlo perché abbiamo le equazioni newtoniane del moto a disposizione: inserendo alcuni parametri (massa della pallina, forza di lancio, direzione di lancio, coefficiente d’attrito della superficie su cui si trova, forza di gravità) possiamo calcolarne altri.

Invece, un sistema complesso può essere compreso e osservato correttamente solo considerandolo “nel suo insieme” e osservando in particolare le interazioni tra i suoi elementi. Questo approccio è chiamato olistico e interpreta il comportamento del sistema come risultato delle relazioni tra le sue parti. Questo metodo supera l’approccio riduzionistico ed è assolutamente fondamentale per lo sviluppo della comprensione dei sistemi complessi.

Nei sistemi complessi il meccanismo causa-effetto non è sempre chiaro. In ogni caso non è prevedibile ma solo osservabile. Si può descrivere una relazione tra due fenomeni diversi, ma spesso non si riesce a capire qual è la causa e quale l’effetto. La diversa latenza con cui due componenti del sistema possono reagire limita la definizione di chi sia la causa e chi l’effetto. Sostenere che una cosa è causa di un’altra solo perché avviene prima non è più valido (come per i latini: “post hoc ergo propter hoc”= dopo di questo, quindi a causa di questo).

Ogni sistema complesso può essere definito da una struttura a rete costituita da nodi e da collegamenti tra nodi.

In questo contesto un argomento di particolare interesse riguarda le Democrazie ce molti commentatori, anche occidentali, considerano ormai in crisi a causa della sfiducia verso le Istituzioni, nella perdita di attrazione dei partiti, nella crisi finanziaria e nella diffusione e utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a mezzo Internet.

Per alcuni si tratta di una trasformazione, di un passaggio e di un necessario adattamento al periodo contingente (come è già avvenuto nel passato); mentre, per altri, è auspicabile un rinnovamento, se non addirittura, un rivoluzionamento e sostituzione della democrazia stessa con forme che prevedono una maggiore o totale partecipazione dei cittadini nelle decisioni e nell’amministrazione della cosa pubblica.

Insomma, in un mondo in cui i cittadini partecipano con il voto a programmi televisivi, e firmano petizioni online, i meccanismi elettorali parlamentari finiscono per risultare anacronistici.

L’assedio maggiore, però, le democrazie lo stanno subendo da dentro: dai propri cittadini, dagli elettori. Da questo dipendono il distacco verso la politica e l’astensionismo, rilevabili nella maggior parte delle democrazie e che si manifesta, per contro, con i successi elettorali di partiti o movimenti nuovi e di stampo populistico.

Questo riflette il modo in cui noi occidentali siamo vissuti negli ultimi 50-60 anni. Ma i tempi sono cambiati. I cittadini delle democrazie stanno diventando meno contenti con le loro istituzioni. Sono sempre più disposti a abbandonare le istituzioni e le norme che sono state fondamentali per la democrazia. Sono più attratti da tipi di regimi alternativi, persino autocratici. Questo dimostra la necessità di ripensare l’idea delle democrazie come istituzioni stabili.

A questo proposito è stato recentemente presentato uno studio da Karoline Wiesner dell’Università di Bristol e colleghi ed è pubblicato sull’European Journal of Physics. Esso segue il classico approccio a rete e cioè Internet, le reti sociali e reti cellulari di telefoni. La trattazione non è dissimile da analoghi altri studi fatti su reti di ripiegamento proteico, reti biochimiche, reti neuronali, reti immunitarie etc.

La particolarità più importante da tenere ben presente è che i Sistemi Complessi possiedono una proprietà fondamentale e cioè che essi automodificano le loro caratteristiche rispondendo ai cambiamenti dell’ambiente in cui vivono. Come tutti i sistemi evolutivi sono in grado di adattarsi all’ambiente e di evolvere.

Questo è cruciale per l’argomento che ci interessa: il sistema democratico può esibire proprietà inspiegabili sulla base delle leggi che governano le sue componenti se osservate singolarmente.

È stata fatta l’analisi del voto del Regno Unito per la Brexit e le elezioni presidenziali di Donald Trump negli Stati Uniti e Jair Bolsonaro in Brasile per esaminare la stabilità delle democrazie per mostrarci come una democrazia si destabilizzi al punto da non essere più descrivibile come una democrazia.

Il lavoro si concentra su due aspetti dei sistemi sociali complessi in generale, e dei sistemi democratici in particolare:

Feedback (auto-influenza delle notizie) e stabilità.

È stato notato che una maggiore disuguaglianza si associa a problemi sanitari e sociali dei più poveri. Un forte aumento delle disuguaglianze economiche, come risulta dalle risposte politiche alla crisi finanziaria del 2008, porta allo scontro nel rapporto tra scelte degli elettori poveri e politiche liberali.

Lo studio mostra anche che l’estrema diversità di opinioni può a volte essere causa di instabilità. Mentre un grado di diversità e di disaccordo tra diversi partiti è sano e persino necessario in una democrazia, troppa diversità può portare all’incapacità di comprendere e risolvere problemi comuni.

Due sono le nuove parole chiave che emergono dallo studio: Radicalizzazione e Polarizzazione.

La radicalizzazione avviene quando le élite politiche cercano di rimodellare la politica per garantire un vantaggio permanente piegando le regole, ignorando le norme e perseguendo strategie che un tempo non lontano erano considerate scorrette da un punto di vista morale.

La polarizzazione comporta una rottura della fede comune. Conduce i membri di un partito ad ignorare le potenziali minacce alla democrazia, sulla base della convinzione che avere i loro avversari al potere sarebbe peggio. In tale modo si perde un senso di appartenenza collettivo a una Patria comune.

Coloro che hanno grandi risorse finanziarie possono influenzare molto il cambiamento istituzionale rispetto a quelli che non lo fanno. Ci sono molte prove che la forza con cui le persone hanno un’opinione è proporzionata alla misura in cui credono che sia condivisa da altri.

E se questo segnale fosse distorto? I punti di vista estremi possono entrare nel mainstream quando sono legittimati da una maggioranza effettiva o presunta. Questo è spesso utilizzato per radicalizzare le opinioni estreme e renderle resistenti al cambiamento.

Il fatto che qualsiasi opinione, non importa quanto assurda, sarà condivisa da almeno alcuni degli oltre un miliardo di utenti di Facebook in tutto il mondo crea un’opportunità per l’emergere di un falso consenso su qualsiasi opinione marginale, perché il segnale sociale è distorto dall’interconnettività globale.

Ormai non si può più ignorare il fatto che i feedback e la radicalizzazione delle opinioni (spesso pilotate da chi fa leva sulle disuguaglianze economiche) impattano fortemente sulla stabilità della democrazia che ormai è totalmente permeata dai social networks. Questi argomenti sono del tutto nuovi nella storia e conducono a sviluppi non noti e che necessitano di essere conosciuti e governati.

 

Nicola Sparvieri (Roma, 1959), sposato, nove figli, vive e lavora a Roma. Laurea in Fisica. Per interesse ed esperienze personali segue le vicende del cattolicesimo nelle sue relazioni con la Scienza e la Società. Ha un blog