Articoli / Blog | 16 Dicembre 2018

Blog – L’Europa o sarà cristiana o non sarà

Come già gli era accaduto in piazza Duomo a Milano con Vangelo e Rosario, Matteo Salvini, nel comizio di otto giorni fa in Piazza del Popolo a Roma, cita due volte Giovanni Paolo II. La seconda, quando lo ricorda come “san Giovanni Paolo II”, dice: “era un visionario. Noi ripartiamo dalla sua lezione per costruire una nuova Europa fondata su lavoro e identità”. Parole apprezzabilissime purché venga ricordato che l’identità cui faceva riferimento Wojtyla era quella cristiana. Soffermiamoci oggi, nella settimana dell’attentato di Strasburgo in cui tra gli altri è morto Antonio Megalizzi, su queste parole. 

L’Europa, o sarà cristiana o non sarà: questa era la linea guida del pontificato di Giovanni Paolo II in proposito, ed è anche una diagnosi sul perché l’UE di oggi pare soccombere rispetto alle forze centrifughe che la dilaniano. 

“La storia della formazione delle nazioni europee – ebbe a dire San Giovanni Paolo II nel memorabile discorso del 9 novembre 1982 a Santiago di Compostela – scorre parallela a quella della loro evangelizzazione, fino al punto che le frontiere europee coincidono con quelle della penetrazione del Vangelo. Dopo venti secoli di storia, nonostante i sanguinosi conflitti che hanno contrapposto tra loro i popoli d’Europa, e nonostante le crisi spirituali che hanno segnato la vita del Continente – fino a porre alla coscienza del nostro tempo gravi interrogativi sulle sorti del suo futuro – si deve ancora affermare che l’identità europea è incomprensibile senza il Cristianesimo, e che proprio in esso si ritrovano quelle radici comuni dalle quali è maturata la civiltà del vecchio continente, la sua cultura, il suo dinamismo, la sua operosità, la sua capacità di espansione costruttiva anche negli altri continenti; in una parola, tutto ciò che costituisce la sua gloria”.
Se questo fosse il pensiero del leader della Lega non si capisce perché proprio il giorno dopo tanti, da quel fronte, si siano scagliati contro le parole di Bassetti additandolo come il Presidente di “una Cei contro il governo gialloverde”, quando, in un’intervista per i 50 anni di Avvenire, affermava semplicemente che “rinnegare l’Europa significa rinnegare noi stessi e le nostre radici cristiane”.
Se il cristianesimo viene vissuto per quello che è, cioè non come un’ideologia da brandire contro altre ideologie ma come vita storica di Cristo che si fa storia nella storia dell’uomo, si scopre che coniugare cristianesimo morale e cristianesimo sociale, essere accanto alla gente, favorire l’inclusione e l’accoglienza, favorire la condivisione, la fraternità sociale, sostenere chi è in difficoltà, porta a costruire un’Europa “famiglia di famiglie”, dove si superano gli egoismi e i rancori nazionali, nel rispetto delle altre religioni e delle libertà.
Pensiamo al presepe, ogni anno pietra di paragone che mostra chi lo vive (e lo combatte) come slogan politico, e invece chi semplicemente se ne nutre come fatto di fede o comunque elemento identitario di una storia bimillenaria. Il presepe è la storia di una Famiglia che insegna l’accoglienza perché non trova alloggio e però accoglie tutti: poveri come i pastori e ricchi come i Re Magi, stranieri, vecchi e fanciulli. Il presepe ci dice che l’inclusione è l’unica strada possibile ma ci dice anche che deve essere un’inclusione pensata, meditata, dal momento che Maria e Giuseppe si sottopongono al censimento, che per i Giudei era una vergogna, perché era la legge: ma lo fanno consapevoli di chi sono e interrogandosi sulla diversità e sulla molteplicità delle persone che si accostavano al Figlio. Ci insegnano cioè ad affrontare le difficoltà senza paura perché si è certi della propria identità e ci si muove sempre nel rispetto della legge. Ci educano a un discernimento politico che è nazionale e internazionale, ma è anche di cuore, etico e morale, dove soccorso, rispetto, dialogo, identità e interculturalità possano essere coniugate in modo armonico ed efficace.  Tutti questi valori sono nel midollo dell’Europa e quando diciamo di dare a questa parola, Europa, lo stesso senso che gli dava Giovanni Paolo II, dobbiamo essere consapevoli che quel grande santo era convinto che Europa e cristianesimo fossero l’una la spiegazione dell’altro. Altrimenti, vale ancora il proverbio “scherza coi Fanti ma lascia stare i Santi”.