Blog / Nicola Sparvieri | 08 Dicembre 2018

Le Lettere di Nicola Sparvieri – La Famiglia e il Diritto Naturale

La famiglia è un sistema straordinariamente efficiente per assicurare agli esseri umani tutte le cose più importanti della vita. In primo luogo la vita stessa e la sua attività collegata e cioè la sessualità, poi la gestione condivisa dei beni che ad essa sono stati assegnati, il sostentamento necessario alla vita: cibo, cultura, educazione e formazione. Inoltre ci sono le regole di trasmissione dei beni basati sull’eredità tra consanguinei o equiparati che contribuisce a creare un legame tra generazioni viventi ma anche come culto degli antenati. Questo crea la memoria storica delle radici di ciascuno che è alla base della formazione e del contesto vitale di qualunque individuo.
In questa cellula base si formano tutte le relazioni sociali in un contesto di amore, spirito di appartenenza e solidarietà. Una famiglia unita e allegra è quanto di più vicino si possa immaginare all’idea di felicità che ciascuno di noi naturalmente possiede. Questo ha anche un impatto sulla stabilità della Società civile e sulla sua salute morale e politica. Quando in una famiglia si verifica che alcune di queste caratteristiche sono assenti o mancanti spesso ne consegue un disagio caratteriale e sociale degli individui che vi provengono, se non delle vere e proprie patologie.
Dal 68 in poi è iniziato, in molti paesi dell’occidente, quel periodo di contestazione generale nei confronti del principio di autorità e del potere delle istituzioni. Nelle scuole gli studenti contestavano i pregiudizi dei professori e del sistema scolastico scarso e obsoleto. Nelle fabbriche gli operai rifiutavano l’organizzazione del lavoro. Facevano il loro esordio nuovi movimenti che mettevano in discussione tutti i valori esistenti, in particolare quelli cattolici. La famiglia tradizionale è stata posta al centro di questa protesta insieme alla collegata etica sessuale. In realtà la richiesta di cambiamento è stata molto più larga e ha investito ogni parte delle relazioni sociali, da quelle economiche all’istruzione, ai rapporti internazionali e cosi via.
Da allora in poi le spinte al cambiamento hanno sempre più avuto come bersaglio il matrimonio nella sua forma tradizionale cercando di far riconoscere giuridicamente nuove forme matrimoniali e di unione civile. Ad esempio le cosiddette unioni di fatto tra single, separati o divorziati, compresi gli omosessuali ove ci sia genitorialità e diritti e doveri di cui gode il matrimonio tradizionale, tra cui il riconoscimento giuridico, il cambiamento di stato civile, le reversibilità, l’eredità ecc.
Prendendo spunto da questo contesto vorrei analizzare il comportamento del mondo cattolico nei confronti del dibattito che ne è seguito e le logiche che sono state utilizzate dai cattolici nel tentativo di contrastare il riconoscimento delle unioni civili anche tra individui dello stesso sesso. In sostanza la posizione del mondo cattolico si basa sulla distinzione tra il Diritto Naturale e il Diritto Positivo.
Il Diritto Naturale afferma che esiste una norma di condotta valida per tutti, fondata su “principi di natura”. Tale norma realizzerebbe il miglior ordinamento possibile proprio perché scaturirebbe direttamente dalla natura umana come creazione diretta di Dio. Il Diritto Positivo invece (cioè quello costituito dalle Leggi che regolano la società civile e approvate secondo gli schemi usuali) dovrebbe essere subalterno al Diritto Naturale.
È da notare che la distinzione ora descritta non è presente solo nel dibattito sulle unioni civili ma anche in tutti quei casi in cui si tratta di questioni etiche e di coscienza che confliggono con uno Stato laico.
Fin qui tutto bene, ma chi stabilisce cosa è naturale e cosa no?
Mi sembra evidente che non si pecca di relativismo etico se si afferma che ogni civiltà o gruppo minore può considerare naturale ciò che per un altro non è. In definitiva a mio avviso è un processo culturale e di convincimento basato su una qualche forma di “credo” laico che appartiene anche ai non religiosi.
Ad esempio la sessualità per i pagani è totalmente indipendente dall’idea di procreazione basata sul collaborare con la Volontà di Dio per formare una nuova vita (semplicemente perché nel panorama culturale di un pagano non è mai stato preso in considerazione “Dio” e la sua relazione con l’uomo). Supponiamo anche che in lui questa convinzione e non sia occasionale ma strutturata secondo un vero e proprio “credo” cui segue una etica, cioè un comportamento.
Oltre a questo ci sono gli omosessuali che, in alcuni casi, rivendicano in buona fede i loro diritti. Tutto questo è giustamente aborrito da chi considera il rapporto omosessuale contro natura e che dunque dovrebbe essere impedito a tutti i livelli e, in particolare, non essere data ad esso una dignità di riconoscimento giuridico.
Inoltre è facile far notare che il Diritto Naturale è molto relativo nelle varie religioni, alcune delle quali consentono la poligamia (Islam) o il divorzio (Ebrei).
A me sembra che risulta difficile pensare che si riesca, appellandosi al Diritto Naturale, di abrogare il Diritto Positivo avendo noi cattolici accettato di vivere in una società laica della quale godiamo i diritti e condividiamo i doveri. Come comportarsi con tutti quei cittadini che non riconoscono quel Diritto Naturale? Per sua stessa natura il Diritto Naturale non può essere imposto altrimenti diventa Diritto Positivo. Questo è il paradosso!
Come noto nel cristianesimo non si annuncia uno Stato giuridicamente inteso, ma il Regno di Dio. A Ponzio Pilato che domanda a Cristo se egli fosse “il re dei Giudei”, la replica è che il “Regno non è di questo mondo” (Gv 18, 36). Cristo, infatti, non predilige le cose mondane, socio-politiche e giuridiche, ma esorta, al contrario, a “rendere a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Mc 12, 17).
Alla fine, comunque, il metodo democratico è quello che governa la società in cui abbiamo liberamente scelto di voler vivere. Quindi, anche se giustamente protestiamo, è con questa con cui dobbiamo fare i conti.
Questo è un aspetto etico che si deve accettare se si vuole vivere nella società a prescindere dalla bontà dell’opinione del proprio gruppo di appartenenza. Non lo dico per fare un relativismo etico. Non sto infatti dicendo che chi vince ha “ragione” ma solo che è un comportamento etico accettare il metodo democratico e le sue regole, anche quelle con cui devono farsi conoscere le proprie tesi. Forse si deve intendere con “Cesare” anche il sistema democratico nel quale viviamo, che quindi siamo chiamati a rispettare.
Per questo penso sia opportuno che, oltre al lavoro legislativo, si dia molta più importanza a quello culturale, educativo che si può svolgere in famiglia o in un gruppo di famiglie.
Il risvolto pratico della vicenda è che il metodo democratico è basato sui numeri e la maggioranza vince. Nel caso della Legge Cirinnà il fronte cattolico è stato sconfitto, esattamente come lo era stato all’epoca del divorzio, dell’aborto e della PMA. È facile prevedere che perderemo anche sull’eutanasia.
All’estero la situazione è identica. Tutte le mobilitazioni nei Paesi cattolici contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono state sconfitte. Così è stato in Spagna, in Argentina e anche nella cattolicissima Irlanda, in cui il 62,00% dei battezzati irlandesi ha votato a favore della legge. È istruttivo ricordare che nel corso degli anni buona fetta dell’elettorato cattolico in Italia come all’estero, ha votato contro i dettami del magistero. Questo si potrebbe spiegare pensando che un battezzato in realtà non ha coscienza di esserlo, ma questa è un’altra storia.
Tuttavia bisogna sempre riconoscere la buona fede dei cristiani convinta di doversi adoperare per creare leggi conformi al Diritto Naturale. In questa posizione c’è molto di giusto, dobbiamo sempre riconoscerlo.
Il punto è che forse i cattolici non comunicano efficacemente con il resto della Società civile perché invece di sottolineare (a volte con un pizzico di moralismo) l’opportunità di fare Leggi conformi al Diritto Naturale trascurano l’importanza di trasmettere dei “segni” seducenti di bellezza e di allegria in grado, da soli, di attirare i lontani e di far veder che la Famiglia Cristiana è “quanto di più vicino si possa immaginare all’idea di felicità che ciascuno di noi naturalmente possiede”.

 

Nicola Sparvieri (Roma, 1959), sposato, nove figli, vive e lavora a Roma. Laurea in Fisica. Per interesse ed esperienze personali segue le vicende del cattolicesimo nelle sue relazioni con la Scienza e la Società. Ha un blog