Una giornata di Susanna – Don Leonardi tra social e libri

Federica è una studentessa della Lumsa che ho conosciuto nel mese di marzo; è una di coloro che ha ideato e che cura il portale dell’università LUMSA, Aiko. Ecco l’intervista che lei, insieme ai suoi colleghi, mi hanno chiesto

Abbiamo avuto la fortuna di conoscere la penna di Don Mauro Leonardi attraverso la sua rubrica “In tre mesi” pubblicata in prima pagina su Avvenire, quotidiano nazionale distribuito gratuitamente presso le sedi della nostra università. Ci siamo appassionati alla storia di una donna combattuta tra l’amore per Dio, l’amore per la famiglia e l’amore per un uomo. Abbiamo iniziato a seguire l’autore su Instagram e Facebook, piattaforme che ci hanno permesso di entrare in contatto diretto con un autore che è prete e scrittore al tempo stesso. Ci ha aiutato a conoscere il suo blog Come Gesùnon Catholically Correct” aperto alle opinioni di tutti su temi d’attualità e non solo di spiritualità, un blog che fa da ponte e non da muro.

Mauro Leonardi non è il solito prete pronto a regalare una morale ai giovani, è aperto ad opinioni e discussioni, nel rispetto di ciascuno.

Ciò che più ci ha colpito è il suo amore per le storie che non ci si aspetta dai preti e la sua costante attività online tra piattaforme social, blog e rubriche; per questo abbiamo deciso di intervistarlo presso la parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino dove è stato lieto di accoglierci.

Perché ha deciso di parlare della storia di Paci? Come è nata la rubrica In tre mesi ispirata al Diario di Paci?

Quando scrivo di narrativa ho in mente un personaggio, un protagonista, conoscendolo seguo una storia e quella delle persone coinvolte nella sua vita. Circa 3 anni fa ho sentito il desiderio di scrivere la storia di una donna di mezza età, madre e moglie, migrante venezuelana, per entrare nelle problematiche della vita quotidiana, per mostrare quanto è grande l’epica delle piccole cose. Ogni settimana scrivevo una sorta di cartone ispirandomi a Michelangelo che prima di dipingere la Cappella Sistina disegnava dei cartoni con i personaggi. L’ho chiamato il Diario di Paci perché inizialmente si trattava di un esperimento senza una vera e propria storia, pensavo a lei in maniera molto libera, in diverse situazioni: una volta pregava, un’altra lavorava e così via. Il Diario di Paci sul mio blog, Come Gesù, è quindi nato in seguito.
In tre mesi nasce in un terzo momento: Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, mi cercò per tenere una rubrica in prima pagina per tre mesi, allora ho pensato di prendere il Diario di Paci e di risistemarlo seguendo un filo narrativo per adattarlo alla rubrica quotidiana.

Come è nata l’idea di Una giornata di Susanna? Quali sono i punti in comune e le differenze tra il Diario di Paci e il suo nuovo libro?

Lo spiego nel libro. Ho già scritto due romanzi, quello che sta per uscire è il terzo. Quando scrivo un romanzo ho in mente un personaggio è come concepire una persona, poi questa viene alla luce. 

Dopo aver scritto il Diario di Paci, ad un certo punto, mi sono sentito pronto e ho deciso di scrivere il libro che è diverso dal diario del blog e dalla rubrica su Avvenire anche se in futuro spero di pubblicare il Diario di Paci con un vero e proprio sviluppo narrativo.
Nel libro Una giornata di Susanna la protagonista ha due figli, Claudia ed Andrea. Susanna è simile a Paci, come Claudia è simile a Marta, ma questa volta non ci sarà solo il punto di vista della donna, troveremo anche quello dell’uomo. La problematica del rapporto tra Paci e René è la stessa che c’è tra Susanna e Guido, ma la storia è diversa.
Paci resiste, si innamora del suo amante e poi si pente, in Susanna invece la storia è più articolata: il titolo del libro è dato dal fatto che il tempo del racconto è esattamente una giornata, inizia alle 3 del mattino e si conclude alle 3 del mattino seguente, 24 ore in cui Susanna prenderà delle scelte importanti per sé stessa e il suo rapporto e poi succedono tutta una serie di cose che non vi racconto per non rovinarvi la lettura…la storia non ruoterà solo attorno al rapporto d’amore, alla famiglia e al tradimento, ma diventerà una sorta di thriller come si può evincere dal book trailer che a breve uscirà su youtube.
Non è il classico romanzo che ci si aspetta dai preti, non vuole trasmettere una morale, racconta la vita e la vita è fatta soprattutto di incoerenze. A volte si commettono peccati e poi si va in chiesa a confessarli. I cattolici sono persone normali come tutte le altre.

Si sente più prete o scrittore?

Nella realtà questa distinzione non esiste: ogni scrittore svolge anche altri lavori; pensiamo ad Alessandro D’Avenia scrittore e insegnante o a Susanna Tamaro sceneggiatrice e scrittrice.

Il romanziere scrive della propria vita. Io sono sia prete che scrittore. Non smetto di essere prete per fare lo scrittore, una cosa vive dell’altra. La mia passione per l’uomo e per Dio viene sempre fuori mentre scrivo.
Per me la scrittura è un impulso naturale, scrivo per conoscere la mia vita, ma sono sempre un prete. Un prete non è tale solo quando celebra la messa, ma lo è sempre, anche quando scrive.
Quando scrivi un saggio hai in testa le idee e il messaggio che devi dare, invece nel romanzo non vince il messaggio, vince la persona e questo apre un’altra problematica: perché non esistono preti romanzieri? Perché il prete tende a dare una grossa dimensione moralistica.

Il mio ultimo romanzo mostra che un prete non parla solo di nascita e morte, ma anche di ciò che c’è nel mezzo: la vita. La vita con le sue contraddizioni, incoerenze e difficoltà quotidiane.

Perché ha definito il suo blog Non Catholically Correct

Catholically Correct è un neologismo che ho ideato calcando il termine polithically correct. Si riferisce a quelle persone che hanno un’opinione decisa su alcuni temi e comportamenti e la difendono con una sorta di aggressività scagliandosi contro altri cattolici. Secondo me bisogna rispettare il modo di essere delle persone perché la vera immoralità è il moralismo. Le persone non sono o bianco o nero, ci sono i grigi, c’è chi è sia bianco che nero. Quindi non catholically correct fa riferimento al fatto che attraverso il blog Come Gesù voglio veicolare il rispetto, cogliere dei punti di contatto, dei terreni comuni tra le persone, non alzare muri, ma costruire ponti come dice Papa Francesco.

Perché ha deciso di divenire attivo sui social network e diffondendo i suoi pensieri e le sue opere attraverso di essi?

Ci sono stati due tipi di spinte: inizialmente i siti di social network sono serviti come passaparola per far conoscere il blog Come Gesù, nato da un mio saggio omonimo. Ora che il blog è divenuto aperto a tutti, uso i social per ampliare i contatti con i lettori e dialogare con loro. C’è un utilizzo integrato e sistematico dei social che prende in considerazione pubblici e sensibilità diverse. Ogni piattaforma ha le sue peculiarità, le quali differiscono da quelle di altre piattaforme, bisogna conoscerle per farne buon uso.

Negli ultimi anni diverse persone si sono allontanate dalla fede cattolica, crede che Papa Francesco abbia migliorato l’immagine della Chiesa nel mondo? Cosa potrebbe aiutare i fedeli a riavvicinarsi?

Ad oggi in tutto il mondo si vivono grandi tensioni. La Chiesa può intervenire su di esse come pontefice, cioè creando ponti ed abbattendo i muri.

La Chiesa cattolica è stata protagonista ed antagonista della storia, ad oggi sembra che sia stata dimenticata, in realtà deve tornare ad essere attrattiva. In Italia abbiamo persone di varie culture che però spesso non vogliono parlarsi e così la società si disgrega. La Chiesa dovrebbe costruire dialogo e rispetto. Papa Francesco dice che l’unità è superiore al conflitto. Dobbiamo costruire e integrare e questo è un lavoro cristiano. Se i cristiani iniziassero sistematicamente a fare così gli altri penserebbero “questi cristiani sono interessanti”. Pensiamo a Don Puglisi che viene ucciso dalla mafia perché i ragazzi smettevano di diventare mafiosi per andare in oratorio. Non andavano in chiesa per diventare preti, ma per diventare più uomini. E’ interessante che la gente possa incontrare Cristo incontrando l’uomo. Aiutando gli altri, diamo lode a Dio che ci ha creati.

In quanto giornalista e scrittore quale consiglio vorrebbe lasciare ai nostri studenti che hanno deciso di intraprendere questo percorso accademico o che coltivano semplicemente questa passione?

Non sono un giornalista tradizionale, non ho la sensibilità per capire quando un evento ha la capacità di divenire notiziabile, scrivo quando qualcosa mi parla, ma posso dirvi che bisogna usare parole vere, piene, che arrivino alle persone. Quando uno scrive di narrativa lo sforzo è l’autenticità, essere veri. Cerco di essere sintetico e semplice affinché le mie parole arrivino alle persone.

Tutti cercano l’autenticità. Nonostante il problema delle fakenews, ho notato che molti utenti attraverso Internet riescono a capire quando sei vero o quando non lo sei in ciò che racconti. Tutti noi con il cuore ci accorgiamo se abbiamo davanti persone vere oppure no. Lo scrittore deve essere vero. Quindi ciò che posso consigliare è di essere veri, di essere voi stessi. Non bisogna dare chissà quale messaggio il messaggio è stare nella realtà e conoscerla.

Federica Giosi

Tratto da Aiko