Le Lettere della Dott.ssa Grimaldi – Come è cambiata l’assistenza pediatrica negli ultimi 60 anni: da quando il bambino era ricoverato senza i genitori al modello Family Centered Care
In pochi ricordano che fino agli anni 70 (anno più anno meno) quando un bambino veniva ricoverato la madre o il padre non potevano stare con lui, ma potevano vederlo poche ore al giorno osservando l’orario di visite come è si fa per i pazienti adulti.
Pian piano però grazie a medici illuminati e sensibili si è compreso sempre di più che il bambino non è un piccolo adulto e quella presenza intima e familiare della mamma e del papà non solo non gli poteva essere negata in un momento di difficoltà e paura, ma addirittura favoriva una più rapida ripresa del piccolo paziente.
Riconoscendo il ruolo terapeutico della famiglia e degli affetti nella guarigione da polmoniti, nefriti e tante altre malattie squisitamente fisiche, pian piano anche la medicina più scettica e tradizionalista ha inevitabilmente dovuto riconoscere il ruolo importantissimo della psiche nella risposta ad infezioni, tumori, malattie in generale. Se un bambino (ma oggi sappiamo che è così anche per l’adulto) affronta una malattia, anche grave, in una condizione di benessere psichico dato dalla presenza dei familiari, da un luogo accogliente (rispondente alle esigenze di gioco e spazi propri dell’età), da personale specializzato, la sua risposta ai trattamenti è senz’altro migliore.
Con tanta fatica si è portato avanti questo cambiamento assistenziale nella cura del bambino rispettandone e riconoscendone sempre meglio le caratteristiche e soprattutto comprendendo quanto sia penoso per un bambino l’essere sradicato improvvisamente dal proprio ambiente e trapiantato in un luogo che inevitabilmente vede ostile (in particolare per chi vive mesi di ricovero). Sulla base di questo si sono sviluppati modelli assistenziali alternativi all’ospedalizzazione classica, integrati con soluzioni che potessero garantire al bambino e alla sua famiglia le cure necessarie, ma in un ambiente dove la famiglia ed il bambino potessero ritrovare un po’ di normalità, un po’ di casa, soprattutto per quei bambini affetti da malattie tumorali o malformazioni che necessitano non solo di lunghi periodi di ricovero, ma spesso anche il trasferimento fuori regione per accedere a trattamenti ultra-specialistici.
Per fare questo sono nate delle Fondazioni, come la Fondazione per l’Infanzia Ronald Mc Donald che nel 1974 ha realizzato la prima casa a Philadelphia grazie all’impegno di un campione di football che in seguito alla malattia della figlia Kim ha creato un’insolita partnership tra un ospedale pediatrico, una catena di fast food ed una squadra di football americano per realizzare “una casa lontano da casa” per quelle famiglie che dovevano assistere i figli malati in altre città. Man mano il progetto si è ampliato e ora queste case accolgono anche i bambini oltre che le famiglie, quando non è più necessario il ricovero, ma ancora le condizioni di salute hanno bisogno di controlli oppure per quei pazienti con patologie croniche complesse per preparare le famiglie in un ambiente fuori dall’ospedale all’assistenza domiciliare Unità di Transizione Domiciliare)
Nel 1999 nasce la Fondazione Ronald Mc Donald per l’Italia e da allora sul nostro territorio ci sono 4 Case Ronald e 2 Family Room, sono stati accolti 37.000 bambini con le rispettive famiglie in collaborazione con i principali ospedali pediatrici italiani.
A Roma ci sono due case che collaborano con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, una a Palidoro ed una nel parco di Bellosguardo sull’Aurelia e sabato 20 ottobre presso quest’ultima sede c’è stata una giornata di open day dove molte persone, tra cui la sottoscritta (in rappresentanza della Federazione Italiana Medici Pediatri di Roma), hanno potuto vedere e conoscere da vicino come funziona questa realtà.
Il progetto del Family Centered Care coinvolge direttamente la famiglia come parte attiva nel percorso di cura del bambino.
È stato molto educativo vedere come funziona la vita all’interno della casa, come le persone ricreino “una normalità” all’interno della quale affrontare malattie lunghe e difficili. Le testimonianze delle famiglie, che al momento sono ospitate presso la struttura, ed il sorriso dei bambini sono stati sicuramente la parte più commovente ed emozionante della giornata a conferma dell’importanza di creare modelli di assistenza pediatrica a misura di bambino dove viene riconosciuta l’importanza degli affetti e delle relazioni familiari nel processo di cura e guarigione del malato.
Valentina Grimaldi è nata nel 1964, laureata in medicina e chirurgia nel 1989 all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma e specializzata nello stesso Ateneo in Pediatria nel 1993. Autrice di diverse pubblicazioni scientifiche e relatrice in convegni nazionali ed internazionali; ha conseguito un master di II livello in Allergologia pediatrica. Dopo l’esperienza ospedaliera e di ricerca presso il Policlinico Gemelli di Roma, esercita a Roma la professione di pediatra di famiglia dal 1996. Da sempre attenta alle problematiche psicoeducazionali e della genitorialità si è specializzata in Psicoterapia Infantile per meglio soddisfare i bisogni di salute dei bambini e delle loro famiglie.