Le Lettere di Alessandra Bialetti – La vergogna di un figlio
Ora di pranzo. Preparo la tavola mentre in sottofondo gira una trasmissione televisiva di intrattenimento con ospiti. Viene annunciato il “caso” di un ragazzo 25enne che prova disagio, se non vergogna, nei confronti della madre 50enne. Il ragazzo entra in studio e si siede accanto alla conduttrice, visibilmente emozionato per la diretta ma forse non solo per questo. Inizia a raccontare la sua storia. Prova disagio nei confronti della madre, una donna piacevole nonostante non sia più giovanissima, che si cimenta nel burlesque esibendosi in locali, feste, eventi. Il ragazzo, timido e intimidito, spesso diventa rosso in viso mentre racconta degli spettacoli della madre a cui è stato invitato a partecipare con il resto della famiglia, padre e due fratelli, nonostante nessuno ne avesse l’intenzione. L’imbarazzo del ragazzo è evidente: vedere la madre in abiti di scena e rimanere sul palco in condizione di quasi totale nudità, lo ha colpito. Questo lo turba, creando disagio sia in se stesso sia nelle relazioni con i suoi amici che non lesinano prese in giro e commenti niente affatto leggeri. Riferisce anche di abbigliamento di scena, accessori vari necessari per gli spettacoli e oggetti presenti in casa, su cui è chiamato a dare una sua opinione una volta indossati dalla madre.
In studio arriva anche la madre con abiti di scena e una entrata che simula una parte degli spettacoli del suo repertorio. Si siede accanto al figlio niente affatto colpita dal suo disagio e dal suo sguardo basso davanti ai racconti da lei prodotti. La signora aveva fin da piccola il sogno di diventare una ballerina affascinata da cambi di vestito, lustrini e danze. Quindi ritiene assolutamente legittimo perseguire il suo intento anche scegliendo un tipo di spettacolo particolare e nonostante i figli e il marito avessero espresso una difficoltà e una certa sofferenza. Più volte invitata a rivolgersi al figlio, sempre più rosso in viso, ha ribadito la sua libertà nel seguire ciò che le fa piacere. Il pubblico in sala, interpellato, si è schierato maggiormente a favore della donna, nonostante qualche parere contrario. Il figlio, che sperava in un appoggio che inducesse la madre a una riflessione, è andato via ancora più a disagio e forse sentendosi anche sbagliato per aver espresso il proprio bisogno di maggior rispetto.
Chiaramente si tratta di una trasmissione che, pur avendo come scopo principale quello di intrattenere creando un confronto con il pubblico in sala, finisce comunque per generare opinioni e veicolare messaggi non sempre costruttivi. Nonostante ciò mi sono soffermata ad ascoltare ponendomi la questione sotto il punto di vista educativo, compito sempre più difficile da portare avanti. Ciò che più mi ha colpito è stato pensare a quanto si stiano invertendo i ruoli: una volta erano i genitori a “vergognarsi” dei comportamenti e atteggiamenti dei figli e a dare indicazioni per accompagnarli ad un cambio di percorso; oggi sono i ragazzi che provano disagio davanti ad un genitore che persegue principalmente il suo interesse, anche in presenza di un evidente disagio e sofferenza del figlio. Non voglio demonizzare né la signora né la pratica del burlesque. Mi chiedo che senso di rispetto ci sia verso un figlio che privatamente e pubblicamente chiede un certo equilibrio alla propria madre, di non essere messo in ridicolo ma di essere ascoltato, di trovare insieme una via di mezzo salvaguardando l’importanza della relazione familiare.
Troppo spesso assistiamo ad una perdita del ruolo genitoriale e ad un fallimento del compito educativo, ad una sorta di regressione del genitore ad uno stato infantile, ad una difficoltà a crescere come adulti responsabili, capaci di indicare una via e mantenere la rotta nonostante le difficoltà. Genitori non si nasce ma si diventa giorno dopo giorno attraverso scelte in cui spesso si è chiamati a mettere da parte se stessi per un bene superiore; tutto questo senza arrivare a dire che una persona debba dimenticare completamente se stessa e annullarsi creando solo malessere nella relazione. Sicuramente è bene trovare un equilibrio: un figlio non arriva a caso ma è frutto di un progetto in cui si decide di fare spazio nella propria vita all’accoglienza di un altro essere umano che ha bisogno di cure, attenzioni e soprattutto rispetto. E se questo dovesse comportare anche un sacrificio di alcune parti di sé andrebbe messo in conto in partenza.
Mi è dispiaciuto molto leggere sul viso di quel ragazzo il senso di frustrazione e vergogna ma soprattutto la mancanza di ascolto ed empatia da parte della madre. Di quella mamma di cui, arrivando in trasmissione, manifesta il bisogno di viverla come guida sicura, credibile e alla quale potersi riferire senza alcun disagio. Forse, a volte, da genitori dovremmo fare un passo indietro e riprendere in mano il compito educativo che sembra sempre più in pericolo, senza generare vergogna e disagio ma stima, rispetto e considerazione profonda.