Blog / Scritti segnalati dal blog | 08 Settembre 2018

Joseph Bonnemain – Amoris Laetitia: Discernere

Zurigo/Coira

Una pastorale, che non sa ben discernere, è una pastorale destinata a fallire. L’importanza di un discernimento, che resti fedele alla verità divina rivelata, rappresenta il pensiero cardine di Amoris laetitia, non solo dell’ottavo capitolo.

Per poter realmente coinvolgere nella pastorale le persone, che hanno concrete difficoltà nella loro vita, i padri spirituali non possono semplicemente proclamare credenze senza alcun rischio. Devono lasciarsi coinvolgere nella lotta degli uomini per un’azione che sia responsabile davanti a Dio ed essere disposti a rischiare tanto quanto la persona accompagnata. Rispondendo ai vescovi dell’area di Buenos Aires, Papa Francesco parla nella sua lettera del 5 settembre 2016[1] di una pastorale “cuerpo a cuerpo”, una pastorale che potremmo definire come un “combattimento ravvicinato” o, letteralmente, “corpo a corpo”.

Bisogna lottare insieme

Il Papa distingue fra coloro che senza correre alcun rischio personale conclamano dal pulpito verità, e coloro che osano affiancare il cammino delle persone in mezzo alle loro debolezze e fragilità, senza temere il pericolo “di sporcarsi con il fango della strada”. Gesù, ci spiega, “aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente.”[2]. In nessun momento Papa Francesco mette in discussione che esistano azioni che, indipendentemente dagli intenti e dalle circostanze, siano di per sé sempre cattive (intrinsice malae). Ma suggerisce che una persona, che commette una simile azione di per sé cattiva possa essere talmente limitata nella sua libertà, nella sua capacità di intendere e di volere o nel suo giudizio secondo coscienza, da non provocare una profonda rottura con Dio.

Pronunciandosi in occasione dell’assemblea generale dell’Unione dei Superiori Maggiori il 25 novembre 2016 a Roma, Papa Francesco disse: “La formazione e l’accompagnamento al sacerdozio ha bisogno del discernimento. Al momento è uno dei problemi più grandi che abbiamo nella formazione sacerdotale. Nella formazione siamo abituati alle formule, ai bianchi e ai neri, ma non ai grigi della vita. E ciò che conta è la vita, non le formule. Dobbiamo crescere nel discernimento. La logica del bianco e nero può portare all’astrazione casuistica. Invece il discernimento è andare avanti nel grigio della vita secondo la volontà di Dio. E la volontà di Dio si cerca secondo la vera dottrina del Vangelo e non nel fissismo di una dottrina astratta.“[3]

Un passaggio tratto dal secondo capitolo assume senza dubbio un ruolo centrale per l’intero documento: “Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, a non pretendere di sostituirle”[4]. Il percorso non è quello di inculcare nelle persone pesanti verità di fede, ma di accompagnarle, promuovendo la loro libertà, affinché poco a poco si aprano alla verità e la interiorizzino. La personale capacità di discernere è e rimane insostituibile.

Quando i padri spirituali devono confrontarsi con situazioni complesse, incomplete e fragili, il discernimento diventa vitale e gode della massima priorità. In quei casi, infatti, tutti i criteri precostituiti e standardizzati diventano inutili e inefficaci: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”[5].

Diverse conclusioni per Giovanni Paolo II e Francesco

Per non rischiare di offuscare l’immagine di Cristo della fedeltà o di confondere le idee rispetto all’indissolubilità, Giovanni Paolo II in Familiaris consortio accorda al punto 84 solo la possibilità di continenza sessuale e dispone che gli altri divorziati risposati non debbano poter accedere ai sacramenti. Diverso, in questo, il giudizio di Papa Francesco. Egli non esclude, infatti, che altri divorziati risposati, in virtù delle loro condizioni molto particolari e dopo un profondo discernimento accompagnato dal lavoro pastorale, possano decidere di ricevere i sacramenti. Nel novembre del 1983, due anni dopo la Familiaris corsortio, entrò in vigore il CIC. Il codice regola al canone 915 quando qualcuno possa essere ammesso alla Comunione. E’ comprensibile che i successivi documenti della Sede Apostolica, richiamandosi alla Familiaris consortio, abbiano applicato questo canone anche ai divorziati risposati.

Quest’ordinamento è stato modificato da Papa Francesco con Amoris laetitia. Dal momento che le singole situazioni personali sono particolarmente complesse e diverse e una persona “entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – possa vivere in grazia di Dio”[6], il sommo legislatore della Chiesa è convinto che in questo campo non si possano applicare norme generali. Ne consegue che il canone 915 non possa più essere applicato ai divorziati risposati. In questo caso non si tratta più che i ministri della Chiesa ammettano o non ammettano ai sacramenti, ma piuttosto di una prima decisione da parte degli interessati. Ed è per questo importante che i padri spirituali li accompagnino in modo estremamente diversificato.

La lettera ai Vescovi dell’area di Buenos Aires

Il testo esplicativo[7] per l’Amoris laetitia redatto dai Vescovi dell’area di Buenos Aires ha un peso particolare, considerando che in una sua lettera Papa Francesco lo commenta come segue: “Il testo  è molto buono e spiega in modo eccellente il capitolo VIII di Amoris laetitia. Non c’è altra interpretazione. Sono sicuro che farà molto bene.”[8] La lettera può essere riassunta in dieci punti:

  1. Il vero tema non è un eventuale permesso a ricevere i sacramenti, bensì il cammino pastorale del discernimento, che è, al contempo, un cammino di coscienza e un cammino con l’accompagnamento di un pastore.
  2. Compito principale di tale accompagnamento è quello di rinnovare e stimolare l’incontro personale con Gesù Cristo vivo.
  3. Si tratta di esercitare l’amore pastorale.
  4. L’esito di questo processo di discernimento è aperto e non deve necessariamente sfociare nell’accesso ai sacramenti.
  5. Quando le circostanze lo rendono fattibile (p.es. quando entrambi gli interessati si trovano su un cammino di fede), si può proporre l’impegno di vivere la continenza sessuale. Amoris laetitia non ignora le difficoltà di questa scelta e lascia aperta la porta della Riconciliazione anche a coloro che non riescono a mantenere questo proposito.
  6. Ma esistono anche circostanze più complesse, ovvero, quelle in cui mancano da un lato i presupposti per ottenere la dichiarazione di nullità del matrimonio e dall’altro l’opzione della continenza sessuale non è di fatto percorribile. Ciò nonostante, secondo Amoris laetitia, non solo è ugualmente possibile un percorso di discernimento, ma si apre anche la possibilità dell’accesso ai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione, nel caso in cui si scoprano dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza. Ciò vale in particolar modo quando un interessato è convinto che cadrebbe in ulteriori mancanze, danneggiando ad esempio i figli della nuova unione. In questa situazione i sacramenti lo aiuteranno a maturare e crescere con la forza della grazia.
  7. D’altro canto bisogna evitare che questa possibilità venga interpretata come un accesso illimitato ai sacramenti, come se qualsiasi situazione giustificasse questa possibilità.
  8. È importante condurre un serissimo esame di coscienza davanti a Dio, evitando dispiaceri.
  9. È inoltre richiesta discrezione, per evitare situazioni di disaccordo, senza dimenticare di accompagnare la comunità ecclesiastica, affinché impari autonomamente a esprimere un giudizio differenziato.

Chi non discerne, fallisce

Il decimo e ultimo punto del testo merita di essere trattato separatamente: “Il discernimento non si conclude, perché «è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), secondo la «legge della gradualità» (295) e confidando sull’aiuto della grazia.”[9]

Come già sottolineato in merito al necessario discernimento, bisogna tenere in adeguata considerazione le situazioni concrete e le condizioni personali che evolvono, senza restare mai fermi, in nessun momento della vita. Ciò può anche significare che la persona credente sia inizialmente convinta davanti a Dio di poter e dover ricevere i sacramenti come forma di grazia, ma successivamente metta in discussione tale convinzione, a seguito di un approfondito esame di coscienza o perché le circostanze sono cambiate. In una pastorale “corpo a corpo” anche il padre spirituale deve porsi questo quesito per accompagnare in modo veramente responsabile. Papa Francesco ha chiarito che l’amore pastorale è diverso dal comodo o timoroso relativismo[10].

L’applicazione di Amoris laetitia in Svizzera

Nel fare una valutazione sobria della situazione bisogna ammettere che, in quanto a ricezione dei sacramenti da parte dei divorziati risposati, non sia sempre stata fatta una sottile distinzione teologico-professionale. Alcuni padri spirituali, senza tanto distinguere, hanno negato l’accesso in modo categorico. Molti altri, invece, hanno semplicemente tranquillizzato i fedeli, dicendo loro di poter ricevere senza scrupoli i sacramenti. In entrambi i casi i padri spirituali si sono dispensati da quella lotta, da quel “combattimento pastorale ravvicinato” e, soprattutto, da una continua lotta davanti a Dio. Amoris laetitia ha aperto una nuova epoca ed è, in questo senso, rivoluzionaria. Da subito non ci si può più accontentare di soluzioni spicciole. L’esortazione ci stimola tutti, eccome!

Nella sua lettera di risposta ai Vescovi di Buenos Aires, il Papa ha tematizzato l’urgenza del discernimento nella formazione al sacerdozio: “Accogliere, accompagnare, discernere e integrare. Di queste quattro attitudini pastorali il discernimento è quella meno curata e praticata. Considero urgente la formazione nel discernimento, personale e comunitario, nei nostri seminari e presbiteri.”[11] A dicembre 2016 è stata pubblicata a Roma la nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis. La Conferenza episcopale svizzera ha ora il compito di emanare, sulla base di questo documento, un nuovo ordinamento di studi nazionale in grado di formare i futuri padri spirituali affinché diventino esperti del discernimento. La nuova Ratio fundamentalis ha espressamente formulato questa richiesta: “La progressiva crescita interiore nel cammino formativo, infatti, deve tendere principalmente a fare del futuro presbitero, un «uomo del discernimento», capace di interpretare la realtà della vita umana alla luce dello Spirito, e così scegliere, decidere e agire secondo la volontà divina.” (RF 43).                  

[1] cfr. www.infocatolica.com/?t=ic&cod=27337.

[2] AL 308.

[3] cfr. www.corriere.it/cronache/17_febbraio_08/papa-francesco-si-c-corruzione-vaticano-ma-non-perdo-serenita-938f52d2-ee18-11e6-a862-71d7d0cd9644.shtml

[4] AL 37.

[5] AL 305.

[6] AL 305.

[7] Cfr. www.infocatolica.com/?t=ic&cod=27336

[8] Cfr. www.infocatolica.com/?t=ic&cod=27337

[9] Cfr. www.infocatolica.com/?t=ic&cod=27336

[10] Cfr. AL 307.

[11] Cfr. www.infocatolica.com/?t=ic&cod=27337

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Il link pubblicato dall’Istituto di sociologia pastorale della Conferenza Episcopale svizzera nell’aprile 2017

Joseph Bonnemain è vicario giudiziale e vicario episcopale della diocesi di Coira (la diocesi che comprende la città di Zurigo). Segretario della Commissione della Conferenza Episcopale Svizzera per gli abusi sessuali in ambito ecclesiale e cappellano dell’ospedale Limmattal di Zurigo ha 70 anni ed è dell’Opera dal 1968. Medico, canonista, è sacerdote incardinato alla Prelatura dell’Opus Dei dal 1978.