Articoli / Blog | 29 Agosto 2018

Agi – Il caso Viganò distrae la Chiesa dal dramma dei migranti

Nella narrazione ormai quotidiana – e più che quotidiana – che Aldo Maria Valli riserva al caso di Carlo Maria Viganò, il giornalista racconta che progetto esplicito dell’arcivescovo era che la sua vicenda – diffusa contemporaneamente in italiano, inglese e spagnolo – venisse alla luce esattamente il 26 agosto 2018, cioè al ritorno dal viaggio papale in Irlanda, così da catalizzare l’opinione pubblica sull’intervista aerea e arrivare all’attenzione mondiale.

L’obiettivo è stato raggiunto e in questo modo sono stati oscurati tanti magnifici contenuti della Giornata Mondiale della Famiglia e la denuncia, fortissima, fatta dal Papa stesso, delle orribili torture cui vengono sottoposti i profughi. Tra essi ci sono moltissime persone che noi, noi italiani, rimandiamo al cosiddetto “governo libico”: una banda di violenti carnefici che si dedica a violentare le donne e a venderle come schiave assieme ai loro bambini, a seviziare gli uomini appendendoli per la testa, rompendo loro le ossa, sgozzandoli, denudandoli e decapitandoli. Lo fanno e li filmano perché vogliono estorcere ancora più soldi ai parenti oppure per dimostrazione di mero potere.

“Un accordo con il governo libico? Perché, pensate davvero ci sia un governo in Libia? Nei campi per i profughi ogni donna ha il suo giorno per essere violentata, vi è ogni tipo di tortura e i bambini muoiono a causa delle devastanti condizioni in cui si vive. Addirittura quando non c’è cibo si è costretti a mangiare gli escrementi dei bambini stessi. Non è vita e anche chi ha paura della traversata, alla fine preferisce rischiare di morire in mare”. Questo il racconto di alcuni profughi intervistati in Sicilia, a bordo del camper di Medu all’esterno del Cara di Mineo, lo Sprar di Ispica, il porto di Pozzallo e il Cas di Modica. (Noemi La Barbera/alaNEWS)

Ci sono i video, questi video sono stati mostrati al Papa e di questo orrore il Papa ha parlato in aereo.

In questi ultimi giorni d’estate guardiamo quei video e rileggiamo Hannah Harendt e la sua Banalità del male. Frasi come “La società di massa non vuole la cultura, ma gli svaghi” oppure “La triste verità è che molto del male viene compiuto da persone che non si decidono mai ad essere buone o cattive” descrivono noi, che siamo la gente qualsiasi, che rispediamo la gente in Libia. Noi che siamo come quei tedeschi che vedevano i lager, ma sceglievano di non guardarli. Perché non si può prendere posizione contro il male finché non si decide di parlarne con se stessi.

Tratto da Agi