Blog / Luciano Sesta | 28 Agosto 2018

Le Lettere di Luciano Sesta – Il Papa e la “psichiatria”

Polemiche sulle parole del papa, pronunciate come di consueto a braccio durante il volo di ritorno da Dublino. Alla domanda di un giornalista che gli chiede cosa dovrebbe fare un genitore di un omosessuale se questi gli comunica che vorrebbe andare a vivere con il proprio partner, il papa risponde che bisogna innanzitutto parlarsi e ascoltarsi, senza mai condannare. Aggiunge, poi, che le varie situazioni sono diverse, e che se la tendenza omosessuale si manifesta in giovanissima età, può essere di aiuto anche la “psichiatria”. Putiferio sui media e sui social: se il papa propone addirittura lo psichiatra per i giovani omosessuali, vuol dire che li considera “malati”.

Si tratta, come spesso accade in casi simili, di un’enfatizzazione mediatica impropria. Il papa non si esprime benissimo in italiano, e parlare a braccio rispondendo a domande estemporanee, certamente, lo espone ancora di più a fraintendimenti. Sono sicuro, per esempio, che in questo caso volesse dire non “psichiatria” ma “psicologia”. E visto che ha collegato questa parola all'”inquietudine” del giovane
immaginario di cui si stava parlando, non vedo nulla di male nel pensare che un’inquietudine adolescenziale che riguarda il proprio orientamento sessuale possa essere accompagnata da un dialogo con uno psicologo.

Ma qui il problema è un altro. Molti sono contrari alla terapia riparativa, accusandola di veicolare il vecchio pregiudizio che l’omosessualità sia una patologia da curare, e, soprattutto, facendo notare che gli omosessuali che la richiedono sono vittime di “omofobia interiorizzata”, si sono cioè falsamente convinti di essere “sbagliati” solo perché la società e la famiglia li considera tali. In alcuni casi, certamente, è così, ma ci sono anche casi di persone omosessuali che, pur vivendo in ambienti che le accettano e in contesti sociali in cui i loro diritti civili sono pienamente riconosciuti, chiedono lo stesso di incontrare uno psicologo. Continuare a dire, anche in questo caso, che essi sono vittime inconsapevoli di pregiudizi omofobi interiorizzati, significa sottovalutare la loro intelligenza e violare la loro libertà. Ogni persona omosessuale, come qualunque altra persona, deve essere libera di rapportarsi alla propria affettività come meglio crede. Se la vuole accettare, deve poterlo fare senza che altri lo inducano a sentirsi “malato” e a cambiare. Se, al contrario, non vuole accettarla e desidera cambiare, gli altri non dovrebbero costringerlo ad accettarla. È un elementare diritto di libertà che riguarda ogni persona, a prescindere dal fatto di essere omosessuali o eterosessuali.

E non si tratta solo di rispetto della libertà della persona. Ma anche dello “stato dell’arte” delle scienze umane in materia di omosessualità. Oggi sappiamo che l’orientamento sessuale non è così rigidamente determinato come un tempo si riteneva. Può accadere, per esempio, che alcuni eterosessuali scoprano la loro tendenza omosessuale nel corso della vita, così come può accadere a un omosessuale di scoprire, o riscoprire, la propria eterosessualità.

Come ha già teorizzato Freud, e ha poi documentato Alfred Kinsey (autori spesso citati proprio dai sostenitori dei diritti Lgbt) l’orientamento sessuale, soprattutto nell’adolescenza, ha un carattere fluido e non definitivamente fissato, che nel corso dello sviluppo psico-sociale, e spesso a prescindere dalla volontà del soggetto interessato, si orienta verso una determinata direzione piuttosto che un’altra. Che, in una simile situazione, il giovane possa avvertire un disagio e, nel dialogo con i propri genitori, intraprendere un rispettoso percorso di “chiarificazione” psicologica della propria condizione e dei propri desideri, non è scandaloso. Non è scandaloso nemmeno pensare che il giovane possa avere una tendenza omosessuale che desidera “riorientare”. Sarà il percorso stesso, e la vita, a incaricarsi di dimostrare quanto questo desiderio sia frutto di paure e pregiudizi interiorizzati e quanto, invece, provenga sinceramente dal cuore della persona interessata. Se, visto che l’italiano non è la sua lingua madre, diamo al papa il beneficio del dubbio e sostituiamo “psichiatria” con “psicologia”, non solo viene meno ogni accusa di “omofobia”, ma bisognerà anche riconoscere che dalla parte del papa ci sono sia la democrazia liberale, sia lo stato delle nostre attuali conoscenze scientifiche sull’orientamento sessuale delle persone. E perfino, oso aggiungere, le stesse battaglie per i diritti Lgbt, visto che una denuncia dell’uso distorto della psicologia “riparativa”, che non ne esclude per principio un uso corretto, è ben più efficace di una che è costretta a demonizzarla.

Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica