Le Lettere di Luciano Sesta – La Diciotti e il populismo bipartisan di “razzisti” e “buonisti”
Non c’è più alcuna speranza. In questo paese siamo al grado zero di un dibattito sempre più infantile. E dispiace vedere anche fior di intellettuali, da sponde opposte, lasciarsi ingenuamente ricattare dalla banalità di uno scontro che, essendo chiaramente isterico e semplificatore, è “populista” da cima a fondo, se “populismo” significa vendere soluzioni “emotivamente” semplici per problemi “razionalmente” complessi.
Si aprano i giornali, si leggano i social, si ascoltino i vip. Una politica di limitazione degli sbarchi, se proviene da Salvini, è sempre razzismo xenofobo. Sempre. Senza se e senza ma. Con le orecchie, il naso e la bocca chiusi, pur di non sentire ragioni contrarie. E ora anche con le armi pesanti dell’indagine giudiziaria, per meglio suggellare, e definitivamente, la criminalizzazione del proprio avversario politico.
Stessa ottusa chiusura dall’altra parte: che, nel perseguimento di questa politica che vorrebbe responsabilizzare l’intera UE, possa esserci in qualche caso violazione del diritto internazionale di asilo o di soccorso in mare, viene escluso per principio. Come se la bontà della causa garantisse l’infallibilità di tutte le azioni compiute per promuoverla. In entrambi i casi, ahimè, il cervello del partecipante medio a questo dibattito è troppo piccolino per capire che il proprio punto di vista può essere compatibile con quello dell’altro, a condizione di smetterla di deformarlo con etichette sbrigative, e, soprattutto, a condizione di tornare a guardare i problemi senza il terrore di dover ammettere, in qualche caso, che l’altro, forse, almeno su un singolo punto della questione, aveva ragione.
Non si esce dal populismo continuando a sospettarlo soltanto negli altri, ma tornando tutti insieme a ragionare. Ma sapremo di essere tornati a ragionare solo quando, facendolo, capiterà non solo di denunciare e di criticare il proprio interlocutore, ma anche di dargli ragione. Già Socrate diceva che è preferibile scoprire di avere torto piuttosto che avere ragione, perché mentre accorgersi di aver sbagliato significa imparare qualcosa di nuovo, avere ragione significa continuare a ripetere ciò che già si sa.
Ma questo, lo sappiamo tutti, non accadrà mai. Avete mai visto un Roberto Saviano che ammette che Salvini ha fatto bene, per sbaglio, qualcosa? O un Vittorio Feltri che fa lo stesso con il Saviano di turno? La risposta, naturalmente, è “no”, ed è una prova, matematica, che qui nessuno, paradossalmente, sta parlando del problema
dell’immigrazione, perché ciascuno parla in realtà solo di se stesso e delle proprie pulsioni, “razziste” o “umanitarie” che siano, non importa. Tutto ciò che ci passa sotto gli occhi, dall’Aquarius alla Diciotti, sta lì solo per accendere le rispettive ossessioni, confermarle nella loro violenza reciproca, e dare a tutti gli interlocutori coinvolti la certezza della propria bontà e dell’altrui cattiveria. E se, qualche volta, la realtà dei fatti ci sorprende, e sembra dare ragione al nostro nemico, beh, tanto peggio per la realtà. Un nemico, infatti, ha sempre torto. Per definizione.
Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica