Le Lettere di Luciano Sesta – La Chiesa, la pena di morte e… la dottrina che non cambia
Tutti i media stanno riportando trionfanti, in questi giorni, la notizia che papa Francesco ha disposto la modifica del punto 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica, in cui si affermava che la Chiesa non escludeva, in linea di principio, la legittimità morale e giuridica della pena di morte. Una parte del mondo cattolico ha criticato la decisione del papa, affermando che la dottrina morale della Chiesa non può cambiare, e che se la pena di morte era giusta prima, lo sarà per sempre, perché la Chiesa è infallibile e non può mai sbagliarsi. Nemmeno il papa, in quest’ottica, avrebbe alcun potere, dal momento che egli è al servizio di una verità immutabile, che nessun cambiamento storico o di sensibilità potrà mai modificare. Esemplare, al riguardo, un articolo della Bussola Quotidiana, intitolato Pannella batte San Tommaso. La storia fa mutare la dottrina.
All’autore dell’articolo, e a tutti coloro che si sono scandalizzati per la decisione di papa Francesco, sfuggono però alcuni punti.
1) Il primo è che i precetti morali insegnati dalla Chiesa possono cambiare, senza che la dottrina sulla quale si basano smetta di essere sempre valida. Il cambiamento delle circostanze storiche, infatti, può far sì che una determinata fattispecie morale non sia più applicabile, anche se rimane valido il principio in base al quale veniva applicata. Ed è ciò che è accaduto, nella storia della Chiesa, altre volte, non solo con la libertà religiosa, prima considerata un grave errore, ma anche con la stessa riforma del punto 2267 di cui parliamo qui. Il punto da chiarire è che la pena di morte, nell’attuale dottrina, è ammessa solo come estrema ratio ed esclusivamente in funzione di “legittima difesa”. Tuttavia, come già il Catechismo del 1992 specificava, l’odierna disponibilità di sistemi penali che mettono il reo in condizione di non nuocere, mentre rende superflua l’applicazione della pena capitale come legittima difesa, non intacca lo stesso principio della legittima difesa, che rimane valido e applicabile in altre circostanze.
2) Si pensi anche a fattispecie nuove, come il divieto di fecondazione assistita. Questo precetto morale, nella dottrina cattolica, prima non esisteva, semplicemente perché non esisteva la fecondazione assistita. Con quale autorità la Chiesa può vietare una pratica moralmente inedita e recente, inimmaginabile ai tempi della Bibbia, di Gesù e dei Padri della Chiesa? Può farlo, appunto, in base a ciò che si diceva prima, ossia in base al fatto che se è nuovo il divieto in questione, non lo è il principio in base al quale esso viene posto, e cioè il rispetto della vita umana fin dal concepimento.
3) Il Catechismo del 1992 aveva già anticipato l’inapplicabilità della pena di morte. La modifica di Papa Francesco, in tal senso, tira le conseguenze di una premessa già posta, senza smentire affatto la tradizione. Ammettere che i tempi sono cambiati, e che ciò che sulla pena di morte valeva ai tempi di Tommaso d’Aquino non vale ai tempi di Pannella, non è relativismo ma realismo. La Chiesa è infallibile proprio perché è in grado di capire quando ciò che andava bene ieri può non andare bene oggi. Si pensi alla medicina. I pazienti di ieri prendevano farmaci e ascoltavano consigli medici che, oggi, sarebbero del tutto sbagliati. Questo, però, non significa che medici e pazienti di ieri sbagliassero. Facevano benissimo a fare ciò che facevano, perché era giusto così in quelle circostanze. Per la morale è lo stesso. E come i principi della medicina sono sempre gli stessi da Ippocrate a oggi, anche se nelle diverse epoche sono cambiati i rimedi, allo stesso modo i principi della morale sono sempre gli stessi, anche se le singole norme possono mutare alla luce delle circostanze. Rendersene conto, per la Chiesa, non significa perdere in credibilità – come sostiene la Bussola Quotidiana dicendo che in questo modo la Chiesa ammette di essersi sbagliata – ma guadagnarne ancora di più. Una morale che discerne con cura le circostanze in cui un principio sempre valido deve essere applicato è infatti molto più credibile di una morale che ripete a testa bassa il medesimo principio sempre e comunque, nel timore che possa esserne messa in dubbio la validità. Non applicare un principio, infatti, non significa che non sia più valido, ma che, come dicevo al primo punto, non ci sono più le circostanze che lo richiedono. E questo, nella sostanza, è ciò che aveva già detto Giovanni Paolo II nel Catechismo del 1992…
4) Ciò che all’autore della Bussola Quotidiana sfugge, insomma, è che la dottrina non è un monolite che non cambia mai, ma un organismo vivente, che rimane lo stesso soltanto cambiando, come hanno già detto i Padri della Chiesa e come ha ribadito brillantemente il Beato John Henry Newman nel suo “Lo sviluppo del dogma”. Annunciando lo Spirito Santo, non a caso, lo stesso Gesù aveva detto ai suoi discepoli che non avrebbe potuto rivelare tutto insieme, perché essi non sarebbero stati capaci di comprendere, e che sarebbe stato lo Spirito a guidarli, nelle diverse epoche, alla verità tutta intera, ossia ai molteplici aspetti che la verità di sempre mostra di avere, quando viene a contatto con la diversità dei tempi e dei luoghi in cui si trovano i suoi destinatari. È la logica dell’incarnazione.
Luciano Sesta, sposato e padre di quattro bambini, è docente di Storia e Filosofia nei Licei Statali Insegna Antropologia filosofica e bioetica all’Università di Palermo, ed è stato membro dell’Ufficio della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo. Ha pubblicato numerosi saggi nell’ambito della teologia morale, della bioetica e dell’etica