È una domanda interessante perché ben formulata. Infatti, sarebbe stato diverso rispondere alla domanda “Fare il bagno dopo mangiato fa male?” Vediamo perché. Al primo quesito (“Esiste una prova scientifica?”) è semplice dare risposta: non sono stati progettati e condotti degli studi che abbiano messo a confronto due o più gruppi di persone “esposte” e “non esposte” al rischio che si intende valutare. In altre parole, comprendiamo tutti quanto sia difficile – se non impossibile – “reclutare” un numero ampio di persone dalle caratteristiche anagrafiche simili e con uno stato di salute non troppo diverso, portarle su una spiaggia, dividerle in due gruppi offrendo solo a uno di questi un lauto pranzo e poi obbligare tutti a fare una bella nuotata, magari in acqua ghiacciata… Per quanto possa apparire strano con riferimento alla domanda sul bagno dopo pranzo, le conoscenze scientifiche si determinano in un modo non troppo diverso da quello che abbiamo descritto. Quindi, la risposta alla domanda “Esistono prove scientifiche che fare il bagno dopo pranzo fa male?” è negativa: non esistono prove scientifiche che fare il bagno dopo pranzo faccia male.
Come dicevamo, rispondere a questa domanda è un po’ più difficile che rispondere alla precedente. Non disponendo di studi metodologicamente “robusti” che abbiano approfondito il problema, dobbiamo procedere per progressivi avvicinamenti a una risposta che possa esserci utile. Per prima cosa, occorre sgombrare il campo da alcuni equivoci che possono confonderci le idee. Come scrive il pediatra Lucio Piermarini sul sito Un pediatra per amico, (una risorsa davvero utile per ogni genitore) la grande accusata è la “congestione”: di cosa si tratta? Cos’è questa “congestione”? Se andiamo a cercare sulle riviste scientifiche, da banali medici conformisti – spiega Piermarini –, non troviamo nemmeno il corrispettivo del termine “congestione”. Una cosa tutta italiana insomma, un po’ come la “cervicale”.
Se così facessimo, passeremmo da un estremo all’altro. Leggiamo ancora su UPPA che “i guai capitano quando il malessere è fulminante e l’unica situazione compatibile collegata al bagno è l’impatto brusco sul viso dell’acqua fredda, come ben sanno i tuffatori sportivi che, prima di ogni tuffo, si fanno una preventiva doccia fredda. In questi casi si scatena una violenta reazione nervosa riflessa che rallenta la frequenza cardiaca e abbassa la pressione arteriosa per cui, se il tutto dura più di qualche secondo, il cervello va in blocco e si affoga anche in pochi centimetri di acqua. In pratica se avete intenzione di tuffarvi nell’acqua fredda, basta che vi siate bagnati prima”.
Qualcuno deve prestare particolare attenzione?
Se parliamo in generale di annegamento, i bambini di età tra uno e quattro anni sono le persone più a rischio. I dati degli Stati Uniti ci dicono che, tra tutti i bambini che muoiono per un incidente nella prima infanzia, un terzo muore per annegamento, perlopiù in piscina, e l’annegamento è la seconda causa di morte in quella età dopo gli incidenti stradali. Analizzando i dati di un paese come gli Usa – in cui le disparità socioeconomiche incidono pesantemente sulla salute dei cittadini – vediamo che l’annegamento è assai più frequente nei bambini e negli adolescenti afroamericani rispetto ai bianchi.
Probabilmente sì, ma è consigliabile fare attenzione a una serie di condizioni che sarebbe bene considerare a qualunque ora del giorno. Valutare le condizioni metereologiche e del mare (qualora il bagno non avvenga in piscina) considerando in modo equilibrato la propria capacità di nuotare; se è il bambino a bagnarsi, è indispensabile che uno o più adulti prestino la massima attenzione a ciò che avviene in acqua; assicurarsi che a portata di mano ci siano salvagenti e che chi fa il bagno sia capace di indossarne uno anche in condizioni di mare agitato (quasi il 90% delle persone annegate non indossava un salvagente).
Un’ultima cosa molto importante: se fare il bagno dopo mangiato può non rappresentare un problema, di sicuro farlo dopo aver bevuto alcolici può essere rischioso. Sia negli adolescenti sia negli adulti, nel 70% delle morti da annegamento è implicato il consumo di alcol. Come sappiamo, infatti, l’alcol influisce sulla coordinazione dei movimenti, sull’equilibrio e sulle capacità di prendere decisioni rapidamente, e gli effetti dell’alcol possono essere amplificati dall’esposizione solare.
Tratto da dottoremaèveroche