Se “mi” racconto mi conosci – Con la musica superiamo i pregiudizi
Continua la rubrica di Alessandra Bialetti «Se “mi” racconto mi conosci». Chiunque desidera può contribuire inviando la propria testimonianza a [email protected]
Quasi 30 anni di carriera e migliaia di concerti per i Ladri di carrozzelle, band di artisti con disabilità: «Il pietismo non ha motivo di esistere, la medicina più bella è l’allegria»
«Saliamo sul palco da persone con disabilità e scendiamo da artisti, tra gli applausi di fine concerto e la gente che ha smesso di guardarci con morbosità, prestando attenzione solo alle nostre canzoni, alla nostra musica». Inizia “dalla fine” Paolo Falessi, fondatore dei Ladri di carrozzelle, la storica band formata per lo più da giovani disabili. E in effetti è sempre così, anche dopo migliaia di concerti ed esibizioni – come quella dell’anno scorso al Festival di Sanremo – e una carriera lunga ormai 29 anni.
La storia dei Ladri di carrozzelle parte da lontano e affonda le radici nel santo dei ragazzi per antonomasia: Giovanni Bosco.
«L’impronta che ho voluto dare», dice Falessi, «è stata proprio quella salesiana. Quando mi misi in testa di dar vita a quest’avventura presi subito don Bosco come punto di riferimento, e ancora oggi è così: abbiamo a che fare con ragazzi disabili, ma qui la medicina più bella è l’allegria. Mi sono dato tre parole chiave e, grazie all’aiuto dei componenti della band, le portiamo avanti: leggerezza, ottimismo e buonumore. Servono per divertirci e per far divertire. La mia esperienza con i salesiani è stata fondamentale: sono cresciuto nell’oratorio di Frascati (Roma), lì ho fatto l’animatore e poi sono passato nel movimento giovanile nazionale. Mi ha aiutato molto anche l’esperienza del servizio civile, da obiettore di coscienza al Borgo ragazzi don Bosco nel quartiere Prenestino a Roma».
In questi anni Falessi ha avuto a che fare con tanti ragazzi, almeno cinquanta. «Per forza di cose c’è un certo ricambio nei musicisti», riprende, mentre la band aspetta di proseguire le prove proprio a Frascati, dove tutto è cominciato. «Alcuni purtroppo non ci sono più, altri sono andati via perché non la vedevano come noi e mi è dispiaciuto, perché è significato anche rinunciare a dei talenti. Ma qui il pessimismo, il pietismo, non hanno motivo di esistere, anche se le difficoltà di alcuni ragazzi sono evidenti. Abbiamo una regola non scritta: chi viene alle prove e poi sale su un palco per suonare, i problemi li lascia a casa. Compresi quelli della malattia e dell’assistenza. Don Bosco non ci dice mica di essere tristi!».
Più forti delle difficoltà
Ed è così che i Ladri di carrozzelle hanno superato molte prove, come la grande crisi della discografia durata almeno dal 2008 al 2010, la difficoltà di tenere concerti e quindi di autofinanziarsi. «Tanti ragazzi fanno dei sacrifici enormi. Se non avessero fede, e se non credessero in questo progetto, non sarebbe possibile proseguire», sottolinea Falessi. «Penso al batterista, che ogni volta si fa 120 chilometri solo per venire alle prove, o alla mancanza di un posto dove poter dare ospitalità agli artisti che vengono da lontano, così da stare tutti insieme come in una casa-famiglia. Ci stiamo provando e siamo certi che la provvidenza una mano ce la darà».
Essenziale è poi il ruolo delle famiglie degli artisti con disabilità: «Sono straordinarie, belle. L’esperienza di queste famiglie dà forza. Noi proviamo anche a dar loro un minimo di sollievo, pensando a ogni cosa quando siamo in tournée. Quando stiamo via un po’ di giorni diamo anche un po’ di sollievo alle famiglie che hanno un ragazzo autistico o con disabilità molto gravi, che richiedono assistenza 24 ore su 24. E per noi non è certo un peso!».
Di recente i Ladri di carrozzelle si sono aperti anche ad altre esperienze, ovvero a nuove forme di fragilità mentali oltre che fisiche. «Non sono facili da gestire», puntualizza Falessi. «A me piace scherzare con loro e quando saliamo sul palco spesso ripeto che la nostra è “una sagra della patologia”. Persone con patologie e sindromi diverse che pure riescono a convivere benissimo. Certo non è sempre facile… Qualche disabile se n’è andato perché non voleva suonare con un “matto” o viceversa. Anche questo fa parte del rischio del nostro progetto, ma è un rischio fantastico».
Lo sguardo “altro” e la visione di fede portano lontano i Ladri di carrozzelle, anche nel preoccuparsi dei meno fortunati. Ogni anno eseguono almeno 10-15 concerti gratuitamente per beneficenza. E da cosa nasce cosa: diverse delle associazioni sostenute poi intraprendono lo stesso percorso di inserimento dei disabili, magari anche tramite altre forme artistiche.
In giro per le scuole
Senza dimenticare le scuole. I Ladri di carrozzelle vengono infatti continuamente invitati a “tornare sui banchi” per dare testimonianza di quello che fanno e di quello che sono, con semplicità. Ogni tanto accadono cose speciali, come l’assessore di un Comune del Lazio che li chiama per un concerto di piazza perché vent’anni prima lui stesso li aveva sentiti parlare a scuola e da allora non aveva più smesso di pensare a quella testimonianza. «Raccontiamo la verità e ognuno porta se stesso», conclude Falessi. «Riusciamo ad amare ciò che amano i giovani, con allegria. Proprio come diceva don Bosco».
Tratto da Credere