Blog / Materiali dottrinali | 14 Maggio 2018

Blog – Verso Pentecoste: la novena del perdono

A partire da venerdì scorso, la Chiesa intera sta vivendo “la madre di ogni novena” e cioè i dieci giorni, dall’Ascensione a Pentecoste, che Maria, gli apostoli, le donne e i parenti di Gesù, in ossequio alle parole del Signore trascorsero assieme nel cenacolo. Gesù aveva ordinato loro di non allontanarsi da Gerusalemme (Atti 1,4) e quindi rimasero insieme “perseveranti e concordi nella preghiera” (Atti 1,14). Mi sono sempre chiesto quali siano stati i temi delle loro conversazioni, e credo che uno dei principali fosse quello del perdono. Penso agli errori e ai tradimenti che un po’ tutti avevano fatto, e guardo ai loro pensieri rispetto a Giuda, ai Romani, agli ebrei e a Erode. Per questo ho pensato di pubblicare sul blog questi appunti di una lezione che tenni anni a proposito del perdono. Non riesco a trovare il tempo per trasformarli in un vero e proprio scritto ma credo possano essere utili anche così.

Dio fu sì capace di creare il mondo intero dal nulla con una parola, ma la colpa e la sofferenza degli uomini potè superarle solo mettendosi Egli stesso in gioco, divenendo nel suo Figlio Egli stesso un sofferente che ha portato questo peso e lo ha superato per mezzo del dono di sé stesso (Benedetto XVI, Gesù, p. 192 è la parafrasi di un pensiero di Newman).
Per creare, a Dio è bastato dire una parola, per redimere (cioè per perdonare) c’è stato bisogno che la Parola divenisse Carne.
L’essenza del cristianesimo è il comandamento dell’amore. Lo sviluppo è: a) ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso b) la regola aurea: fai agli altri quello che vorresti che gli altri facessero a te c) ama il tuo nemico d) amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. La misura dell’amore non sono più io (nel senso corretto e non egoistico del termine) ma Cristo. L’unico modo perché questo avvenga è che Cristo viva dentro di me: l’eucarestia è il tralcio unito alla vite

Creare, redimere: amare, dopo il peccato originale, significa quasi sempre perdonare perché nei nostri rapporti è sempre presente il peccato.
Per perdonare c’è bisogno della carne, perché per perdonare bisogna essere coinvolti, feriti, perché è l’unico modo per condividere il peccato dell’altro. Infatti, se si pecca asssieme si è solo complici, se si riceve la ferita, si condivide il male che si fa a sé stessi quando si pecca. Peccare significa avvelenare sé stessi. Dio avrebbe potuto perdonare dicendo solo una parola, come per creare? Dio avrebbe potuto dire, come ha fatto quando ha creato qunado ha detto “sia la luce”, “vi perdono”? No, perché una volta che l’essere c’è bisogna essere coinvolti in questo essere, non rimanerne fuori. Perdonare è amare nel suo peccato una persona ferita.
Ma perdonare nel senso vero e proprio è un’operazione che può fare solo Cristo, perché è solo in Lui (che è l’unica possibilità reale di vivere di Fede) che si può coniugare il superamento della giustizia (che peraltro è un’esigenza umana) e l’ottemperamento della giustizia nella misericordia.

Il superamento della giustizia nel perdono

Mi trovo di fronte a un credito inesigibile, per esempio i miei genitori non si sono amati e questo ha comportato delle ferite insanabili nella mia vita; la persona con cui sono stato fidanzato per anni mi ha lasciato, e adesso che ho quasi quarant’anni non posso più sposarmi.
La prima riflessione utile, è comprendere che, in realta, la giustizia non è di questo mondo. Veramente la giustizia non è di questo mondo. Bisogna capire che qualsiasi strada io voglia percorrere per ottenere giustizia otterrebbe solo una più grave ingiustizia. Basta riflettere sui due casi che ho appena citato per comprenderlo. D’altra parte ripugna a tutto me stesso il cedere questo diritto, perché “dovrei” farlo?
La soluzione si trova solo nella fede.

Quando Davide fugge dalla sua reggia camminando sul fianco del monte (mi hanno detto che è l’orto degli ulivi) Simei malediceva Davide. “Vattene, vattene, sanguinario, scellerato” (2 Sam 16, 7). Allora un uomo fedele a Davide gli propone di punire chi stava insultando il re: “Perché questo cane morto dovrà maledire il re mio signore? Lascia che io vada e gli tagli la testa” (v. 9). Ma Davide risponde: “Se maledice, è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! E chi potrà dire: Perché fai così?” (v. 10) “Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore. Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi” (v. 12-14). Ecco la strada. Bisogna collocare l’ingiustizia subita nella misteriosa azione di Dio. “Se mi succede questo, è perché Dio lo permette”. Questa affermazione, che può sembrare molto dura, collocandoci nella fede, è invece l’unica che ci consente di arrivare a un’altra parola di Dio, a quella che permette di recuperare quella simmetria che è intrinseca alla gustizia

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12)

Queste parole del vangelo, coinvolgono Dio nella nostra azione di perdono, in quella azione cioè che senza il riferimento a Dio non avrebbe nessun senso. Proprio a proposito del perdono (fino a quanto dovrò perdonare, fino a sette volte?) il Signore racconta la parabola del re misericordioso e del servo spietato (Mt 18, 23- 35). Misericordia e giustizia si toccano, allorquando Dio dà a ciascuno di noi il potere di stabilire la misura con cui essere ricompensati. Quanto farai tu, altrettanto io (Dio) farò a te. Stabilisci tu la misura, la giusta misura, la giustizia. Ecco che in questo modo il gesto assolutamente divino, gratuito e d’amore del perdono, diviene anche un gesto umano, pieno di quel giusto prezzo di scambio, di cui tanto c’è bisogno nella nostra vicenda umana. Quanto farai tu, altrettanto farò io. Solo Dio è in grado di risolvere in questo modo un conto che altrimenti non potrebbe tornare. E’ come se Dio facesse da banca di compensazione.
Così come è importante non presentare un mondo fatto solo di rigorosa giustizia e senza misericordia, così sarebbe altrettanto disumano presentare un mondo fatto solo di un perdono e di una misericordia totalmente svincolate dalla nostra esigenza di giustizia. Grazie a Dio tutto viene ricompattato da questa parola del Signore: stabilisci tu la misura, la giustizia, il prezzo, decidendo tu quanto perdonare.
Dio dà a noi la misura del perdono. In questo modo si ristabilisce la simmetria della giustizia