Agi – Lo Stato è una donna dall’accento straniero
Il crimine organizzato ha vinto quando lo si giustifica nel nome di una apparente “normalità”. Ora non si deve lasciare sola la moglie del barista della Romanina che ha denunciato i Casamonica. Non darle giustizia sarebbe la sconfitta della nostra civiltà
La parte più sconvolgente della notizia che riguarda il pestaggio dei Casamonica ai danni di una donna disabile e del titolare del Roxy Bar che aveva preso le sue difese, è un’intervista video in cui un cliente, un signore del posto, dice che, tutto sommato, a dir la verità, i Casamonica non danno fastidio, “anzi per il fatto che ci sono loro, qui non c’è presenza di altre famiglie [mafiose, ndr]. La malavita tipica romana non c’è più. La loro esistenza – conclude soddisfatto – evita che ci sia la malavita classica romana”.
La malavita organizzata – la mafia è solo questo – non è forte quando spara e picchia ma quando non ha bisogno di farlo, quando ha il consenso, quando normalizza l’illegalità, quando fa passare la protezione malavitosa come un bene auspicabile. Il ragionamento di chi dice “grazie a loro qui, alla periferia di Roma, la malavita non c’è più” porta la legittimazione della mafia contro lo Stato. Significa: quella sicurezza che lo Stato non riesce a darmi me la può dare la mafia.
Così la malavita diventa un’autorità buona, un po’ rude forse ma, in fin dei conti, l’incarnazione di quel principio d’ordine che protegge la vita, una salvaguardia per chi è debole e da solo non può resistere al delinquente.
E così ora lo Stato deve intervenire urgentemente. E deve farlo con forza. Per questo è assolutamente opportuna la grande visibilità mediatica che si sta dando a una vicenda che, una persona come il cliente del bar, vorrebbe fosse semplicemente derubricata come la rissa trascurabile di un bar di periferia.
La giustizia ora deve intervenire in forze e non fallire. Non può lasciare senza protezione la moglie del barista che ha detto “voglio che paghino, non ho paura: chi ha sbagliato deve pagare, tutto qua. Chi ha fatto quello che ha fatto, a prescindere che sia rumeno o italiano, deve assumersi le responsabilità per quello che ha fatto e pagare”. La sconfitta della civiltà è quando si chiede giustizia contro il delinquente ma non la si ottiene.
La signora dall’accento straniero dice di non avere paura di aver denunciato nonostante abbia famiglia. La moglie del barista che è stato picchiato per aver cercato di difendere la disabile dai Casamonica, crede che lo Stato Italiano sia più forte del clan dei Casamonica. Ha un accento straniero e forse viene da terre dove in un passato recente la malavita era più forte dello Stato e per questo è venuta in Italia. Dove viveva prima, forse, la delinquenza organizzata era più forte della giustizia: anzi, era così forte da assurgere essa stessa a garante di una bestiale forma di giustizia: quella finta giustizia figlia della violenza che anestetizza l’anima e trasforma gli uomini in persone timorose capaci di sostenere che, coi Casamonica, in fin dei conti, non si sta poi così male.
Quando le persone si difendono, i malviventi devono alzare i toni e delinquere mostrando così il loro vero volto, quello orribile, quello che fa sì che l’intera società si ribelli e quindi sradichi definitivamente il mafioso. Altrimenti sarà la tempesta perfetta: l’uragano che colpisce con tale violenza la parte più debole e vulnerabile della società da toglierle la forza di lamentarsi, di reagire e di costringerla solo a concepire per sé che l’unico spazio per sopravvivere è quello dell’accettazione rassegnata della violenza.
Tratto da Agi