FarodiRoma – Una volta per tutte: la pedofilia non è l’omosessualità
In occasione della Giornata Mondiale per la lotta alla pedofilia e alla pedopornografia dello scorso 5 maggio, il portale IlFiltro.it – che dal 2001 si dedica alla difesa dei minori in rete – offriva una possibile risposta all’interrogativo posto dalla raccolta di firme che chiede a Papa Francesco di introdurre il termine “pedofilia” nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Michele Crudele spiega che secondo Google Ngram viewer – che calcola la frequenza negli anni di una parola in tutti i libri scanditi da Google Books – fino al 1996 il termine “pedofilia” era praticamente sconosciuto nei testi a stampa. Il Catechismo quindi, pubblicato nel 1992, rispondeva semplicemente alla consuetudine linguistica del tempo. È una risposta che non fa una grinza e si accorda ad un altro dato significativo e cioè che nel nostro Codice Penale la parola pedofilia è stata introdotta solo nel 2012. Renato Pierri, in un articolo sul blog Come Gesù, spiega che solo “il 19 settembre 2012 l’aula del Senato approvò all’unanimità la ratifica della Convenzione per la protezione di minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, firmata a Lanzarote nel 2007. La stesura del Catechismo risale a circa dieci anni prima. In quel periodo la pedofilia non aveva ancora suscitato tanto sdegno nell’opinione pubblica. I mezzi di comunicazione non ne parlavano. Il pensiero di dedicare un paragrafo del Catechismo alla pedofilia era lontano dalla mente dei redattori.“
Queste spiegazioni assolutamente plausibili sono coerenti con la ragione per cui la parola pedofilia è diventata così usata solo in anni recenti. Il motivo della sua diffusione è che per millenni – è il caso di dirlo – la pedofilia si chiamava semplicemente pederastia. Poiché però pederastia è anche sinonimo di omosessualità, la graduale presa di coscienza per cui la seconda è assolutamente estranea alla prima, ha fatto sì che poco per volta (troppo lentamente, a mio parere) il termine “pedofilia” prendesse il posto di “pederastia”. Come sempre, cioè, le parole non sono mai soltanto “questioni di parole” ma significano riflessività, consapevolezza, cultura. In termini semplici sto dicendo che chi non si dà da fare perché il termine pedofilia venga diffuso al posto di pederastia, chi non sta facendo nulla perché il termine “pedofilia” abbia il suo luogo nel Catechismo, sta alimentando l’idea che omosessualità e pedofilia siano la stessa cosa: che il pedofilo sia una semplice variante dell’omosessuale.
Oggi la situazione nella Chiesa e nel mondo non è quella del 1992. Se Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non hanno praticamente mai usato la parola pedofilia, Papa Francesco la usa con totale serenità e nello stesso senso per cui viene utilizzata nella società civile. Quindi, rimandare ancora l’introduzione del termine “pedofilia” nel catechismo, significa accettare questa torbida ambiguità. E, alla lunga, quanto più passa il tempo, tanto più quella che poteva essere solo una disattenzione o una trascuratezza diventa un’orribile presa di posizione.