Blog / Nuccio Gambacorta | 30 Aprile 2018

Le Lettere di Nuccio Gambacorta – Sulla perfezione

“Siate perfetti come il Padre mio che è nei Cieli” o meglio, siate santi. Inizio questo mio divagare ponendomi il quesito se perfezione è uguale santità o viceversa santità uguale perfezione. Mi pare sia storia antica il supporre, giustamente, che l’uomo è perfettibile ma non perfetto. Partendo da questo presupposto ammetto che personalmente ho sempre covato in me il desiderio di apparire perfetto sia fuori, esteriormente, che dentro, nel mio essere interiore; epperò quante delusioni con me stesso, quanti scontri con le mie debolezze e anche quante ferite nel scoprire imperfezioni altrui e comportamenti inaspettati che mettono a soqquadro i punti di riferimento ritenuti sicuri e poi apparsi nella loro fragile umanità. Oggi dico: non voglio più fidarmi di nessuno, ma domani continuerò ostinatamente a cercare in me e fuori di me la mitica leggendaria PERFEZIONE. Arriva un punto della vita d’improvviso in cui sei consapevole che i miti non esistono e quindi pensi che l’Universo ha una sua perfezione ma l’individuo in sé è un piccolo microscopico frammento d’universo che può imitare, se il Cielo glielo consente, il Cosmo quando si allinea con l’Amore. Umanamente i nostri talenti sono importanti ed è sacrosanto che ognuno dia il meglio di sé nel settore che gli è congeniale, ma…attenzione, tutto ciò non è bene che sfoci nel voler essere Perfetti, ovvero onnipotenti ovvero assolutamente invulnerabili a tutto e a tutti. Questo accade nelle favole e nelle leggende, archetipi del nostro mondo umano, difficilmente reali. C’è un tipo di perfezione umana che tende a voler diventare l’uomo che “non deve chiedere mai” autonomo, indipendente, sicuro di sé. Un altro mira a raggiungere la perfezione sovrumana, quella dei santi che dimostrano costanza, pazienza, accettazione, umiltà, fortezza interiore. Penso sia difficile coniugare le doppie facce della perfezione perché le due cose funzionano su piani differenti a livelli molto diversi. Da due anni sono impegnato con un lavoro teatrale di mia invenzione, ad un certo punto, uno dei “pilastri” su cui erroneamente mi appoggiavo, è crollato. Questa persona, molto abile nell’arte della recitazione, ha abbandonato me e altre dieci persone senza neanche apparire personalmente nel salutarci, ma affidandosi soltanto a WhatsApp e poi con me personalmente su chat privata FB. Il motivo? Non riteneva che fossimo pronti ad affrontare il pubblico! Niente di più falso, poiché nessuno di noi può dirsi attore di professione in quanto siamo persone che amano il teatro ma da dilettanti, cioè formiamo un gruppo improvvisato, amatoriale. Quando una persona si sente superiore agli altri allora può accadere questo incidente di percorso, che pensi di fare brutta figura, lui il perfetto, tra altri imperfetti. Tutte le dimostrazioni di collaborazione che costui ha offerto e che io inizialmente ho apprezzato, sono svanite nel nulla così, in maniera repentina per un capriccio e un’ansia di perfezionismo talmente deleteria da compromettere il lavoro di due anni. Questo è voler essere PERFETTI? Io non ci credo.