Le Lettere di Alessandra Bialetti – Il nostro sguardo sul positivo
Il bene non fa notizia. E non perché sia scontato. Magari lo fosse. Non fa notizia perché siamo assuefatti al male, alle brutte notizie, alla critica sempre più tagliente e imperante. Non siamo più capaci di stupore davanti ai piccoli miracoli quotidiani. Bombardati continuamente dalla cronaca nera non distinguiamo più i colori tenui e la luce della gioia. Tempo fa una scuola elementare aveva realizzato il progetto di un telegiornale delle buone notizie. Perché i ragazzi potessero scorgere i germi di bene disseminati ovunque ma a tal punto confusi, nascosti e soffocati da non essere più visibili. È vero che il grano cresce insieme alla zizzania ma troppo spesso i nostri occhi non lo distinguono più. La buona notizia di un Gesù salvatore batte il passo davanti al clamore negativo in cui rischiamo di chiuderci. Rassegnati. Con lo sguardo basso. Assuefatti. Incapaci di denunciare qualcosa che è triste routine come riportano giornali e telegiornali basati solo sulla notizia di cronaca nera più efferata. Trasmissioni televisive che vivono sul sensazionale ben lontano dal fare informazione. L’audience che sale quanto più si riesce a strappare l’intervista a tinte fosche che racconta nei minimi particolari il delitto di turno. O si riesce a invadere e violare l’intimità di una famiglia colpita dal dolore con le domande più assurde alla ricerca dei particolari e dello scoop che paga alto. Quando invece solo il silenzio rispettoso farebbe veramente notizia.
Spesso mi tornano alla mente le parole della Scrittura che recitano “rendete ragione della speranza che è in voi.” E allora mi chiedo dove sia finita la “denuncia” della speranza, la positività del cogliere il bello, il soffermare lo sguardo sulle cose straordinarie anziché sull’ordinarietà del male. E nel nostro piccolo perpetuiamo uno sguardo di morte. Tutte le volte in cui non sappiamo gioire per una bella cosa, che non sappiamo lodare il passo positivo, il cambiamento, l’inversione di rotta. Tutte le volte in cui la critica ci sale alla bocca ancor prima della lode, la rassegnazione prima della speranza, la stroncatura delle azioni degli altri piuttosto che la promozione di atti pieni di vita. Purtroppo il bene non fa rumore mentre il male paga molto di più.
Spesso leggendo i commenti sul blog ho notato lo scatenarsi di critiche e giudizi ideologici che si allontanano dalla storia di vita testimoniata magari anche con fatica. Il vissuto sembra diventare pretesto di una battaglia di opinioni piuttosto che fonte privilegiata di ascolto dell’esperienza umana. E ci perdiamo così il bello di una voce che parla di sé, di una madre che racconta la rinascita del figlio, di una famiglia che fatica ad accogliere ma poi rilancia sul cuore e sull’amore incondizionato. Pochi, troppo pochi i commenti di lode e sostegno e troppi quelli che insistono sul giudizio. O su un confronto che in realtà diventa un batti e ribatti in una lotta senza quartiere. Spostando l’attenzione dall’esperienza umana alla teoria dei massimi sistemi. E spesso la sproporzione è macroscopica. Il commento positivo, di supporto, di speranza è non solo auspicabile ma doveroso se il nostro intento è quello di promuovere vita. Nessuno di noi ha la verità in tasca. Allora aiutiamoci l’un con l’altro a scoprire e promuovere il bello, il positivo, il costruttivo. Gareggiamo veramente nello stimarci a vicenda vincendo il male col bene.
Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.