FarodiRoma – Quando il contratto uccide l’amore
Sana Cheema, 25 anni, era una ragazza normale. Studiava a Brescia e si era inserita bene. Le piacevano la musica, la natura e aveva un profilo su Facebook. Lavorava a Milano e lì si era innamorata. Sana, però, non solo era di origine pachistana ma era anche di religione musulmana, di quel tipo di musulmani per cui il matrimonio è combinato e non c’entra con l’amore. Può anche succedere che tu ami chi sposi: non è proibito ma neppure è richiesto. Se ami chi sposi può accadere, sì, non è proibito, ma di per sé non ha nulla a che vedere col matrimonio che è un contratto: diciamo che è un orpello tollerato. Ma se bisogna scegliere tra l’amore e il matrimonio (già deciso dalle famiglie), è il secondo che deve vincere. E non c’è dubbio. A qualsiasi costo. Non diciamo poi se l’amore è per un occidentale italiano. E così la famiglia di Sana rifiuta il ragazzo e sgozza la ragazza. Non a Brescia, non a Milano, ma in Pakistan: la terra che le era stata madre doveva diventare anche la sua tomba.
Non è un discorso Islam contro Cristianesimo ma è il discorso della vera religione – qualunque essa sia – e del fondamentalismo fanatico. Perché il fanatico non è umile, non accetta una verità che sia fuori dalla sua. Non sa che l’amore è amore e non conosce credo o razza. Anzi, c’è una verità che viene ancora prima del riconoscere se quello è o no vero amore: è riconoscere che tuo figlio è tuo figlio per sempre, qualsiasi scelta faccia. Una ragazza che si innamora di un italiano non cessa di essere tua figlia. Perché tuo figlio è qualcuno cui tu hai dato la vita e quindi, proprio perché gliela hai data davvero, quella vita è sua, non tua. E per questo, anche se lo hai fatto nascere tu – anzi, proprio perché lo hai fatto nascere tu – non è tuo. Perché Dio, in ogni religione degna di questo nome, è sempre amore e libertà. E dunque rispetto e incontro.
Che sia qualcosa che viene prima di Cattolicesimo e Islam lo si capisce se si pensa alla tragedia di Giulietta e Romeo, che di morti ne conta due (anche se è vero che si tratta di suicidi e non di omicidi). Rimane chiaro però che a quell’epoca, anche nella cristianissima Verona, si rischiava di essere ammazzati per non aver ottemperato a un matrimonio combinato. Non basta essere cristiani o musulmani per dar credito all’amore. Bisogna saper scommettere la propria vita sulla carta dell’amore. E in questo, certo, chi crede in un Dio cristiano che è morto in Croce per amore, parte avvantaggiato. Ma la strada da fare è comunque lunga da percorrere, non è automatica e non dipende dalla religione. Perché in Italia, fino a pochi anni, fino agli inizi del secolo scorso, il matrimonio combinato era ancora il più frequente. E se lo contravvenivi magari non eri sgozzato. Però scomunicato dalla famiglia e ucciso attraverso l’esilio relazionale, sì.
Tratto da FarodiRoma