Le Lettere di Alessandra Bialetti – Riflettendo… Grazie a ogni commento
Sono stata sollecitata ad una risposta al mio articolo su Fede e omosessualità e tanti sono gli spunti. Ho pensato che, piuttosto che commentare sul post, sarebbe stato meglio produrre una risposta più articolata e visibile a tutti che magari non vanno più a ricercare l’articolo.
Ho riletto attentamente tutti i post in calce al mio intervento su fede e omosessualità e sono colpita positivamente che si siano prodotte riflessioni senza trascendere in attacchi e critiche. Mi sembra la via migliore per confrontarsi su argomenti cui è difficile dare una spiegazione quanto invece è importante porsi domande e mettersi in discussione. Anche perché sarà con questo atteggiamento di non presunzione di verità che poi ci si impatterà con il vissuto delle persone che non sempre rientra in regole precise e che potrebbe svelare anche percorsi delicati e dolorosi. Molti sono gli spunti interessanti che avete prodotto. La questione della genesi dell’omosessualità interroga molti e continua a farlo ma non credo sia l’unica domanda che ci si debba porre quanto invece camminare insieme alle persone che vivono questa realtà, ascoltare il loro vissuto, la loro esperienza di vita e scoprire ciò che ci accomuna piuttosto ciò che ci divide. Troppo spesso la famosa frase “io non ho pregiudizi perché ho tanti amici omosessuali” nasconde in realtà un profondo giudizio quasi che avere un amico “così” mi metta al riparo dall’essere etichettato omofobo. E’ invece cercare di mettersi nei suoi panni e nella difficoltà di affrontare un contesto familiare, amicale, lavorativo e sociale non ancora pronto e dialogante a cambiare il proprio punto di vista strutturato da anni di educazione e formazione a considerare normale o non normale tutta una serie di cose non solo l’omosessualità. Sul concetto di “normalità” bisognerebbe fare una profonda riflessione in quanto troppo spesso la si riduce ad una statistica per cui normale è solo chi rientra nella famosa curva di Gauss che pone già gli estremi in una condizione di patologia. Sul concetto di normalità sono stati prodotti studi interessantissimi e molto profondi anche in relazione ai vari contesti sociali di appartenenza (ciò che è normale per alcune popolazioni non lo è per altre: ad esempio in alcune tribù lontane da noi i figli vengono allevati esclusivamente dalle donne e l’uomo non è presente in nessuna fase educativa e formativa e questo per quei popoli è considerato assolutamente normale. Senza con questo entrare nel merito dell’importanza della figura paterna).
Circa il fine naturale della sessualità credo non si debba “ridurre” il tutto alla generatività quanto allargare il significato alla affettività tra due persone che si scambiano cura e attenzione reciproca in un clima di rispetto, impegno e responsabilità senza a volte arrivare a generare altrimenti rimarrebbero tagliate fuori tutte quelle coppie sterili la cui sessualità non avrebbe alcun senso. E anche la Chiesa in questo campo sta producendo interessanti riflessioni sull’importanza della cura reciproca in un rapporto interpersonale. In quest’ottica si deve anche riflettere su quanto sia importante per qualsiasi persona poter vivere la propria affettività in gesti concreti, in atti che non sono disordinati (purché non siano patologici e lesivi della dignità e integrità dell’altro) ma espressione di ciò che si prova e si vive quotidianamente un rapporto maturo e responsabile anche tra persone dello stesso sesso. E quindi in questo rientriamo nella necessità di una educazione alla affettività che riguarda OGNI persona che seriamente ama e voglia costruire un rapporto significativo.
Sul dubbio se siano veramente felici persone che parlano continuamente di ferite credo che non si possa giudicare ciò che la persona ha vissuto e come questo ha cambiato o continua a cambiare la propria vita. Non tutti hanno le risorse per lasciarsi alle spalle piccoli o grandi traumi e vivere il resto della vita serenamente. Più grave, a mio parere, è continuare a produrre situazioni di vita che mettono certe persone nella condizione di riaprire continuamente le ferite tramite giudizi e pregiudizi che feriscono l’identità profonda del proprio essere. Fino a quando regnerà l’omofobia, palese o strisciante, credo che queste ferite continueranno tristemente a rieditarsi come anche quelle della violenza sulle donne, sui bambini, abusi fisici, psicologici e purtroppo via discorrendo. I diritti dovrebbero essere di tutti ma non sempre è così: noi spesso parliamo dalla parte di chi i diritti li ha da sempre e non ci mettiamo nei panni di chi lotta ogni giorno per vederli riconosciuti primo fra tutti il diritto ad un’esistenza degna e tutelata. L’empatia e la lotta per i diritti di chi non li ha purtroppo nasce solo quando si condivide quella esperienza, quando la si tocca con mano e si sfora la sofferenza delle persone che la sperimentano ogni giorno. E questa è un’ulteriore ferita.
Circa la necessità di un aiuto preofessionale per la persona omosessuale sicuramente potrebbe essere un valido aiuto laddove non si parta da una visione patologica o deficitaria dell’omosessualità ma si cerchi di accompagnare e sostenere la persona a vivere ciò che sente di essere con integrità, serenità, sospensione di ogni giudizio circa la propria normalità e si lavori per un contesto sociale in cui fare “coming out” non sia più un passo doloroso o forse non ce ne sia nemmeno più bisogno, ma un vivere senza dolore la propria condizione e la progettualità sulla propria vita cui hanno diritto tutti indistintamente. Credo non ci sia nulla da “riparare” ma tutto da accompagnare, ascoltare e soprattutto dare dignità alla persona umana.
Ringrazio ogni commento che mi ha condotto ad attente riflessioni. Ogni contributo è occasione di crescita.
Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.