METRO – Noi, la verginità, i valori e i disvalori
Nicole, la modella italiana 18enne che ha messo all’asta la sua verginità per pagarsi gli studi, getta brutalmente nelle nostre vite la domanda se la verginità abbia ancora un valore per il nostro tempo. La sua verginità è stata quotata un milione di euro: per noi quanto vale? Nella società sacrale la verginità era un valore assoluto: chi non era vergine non poteva sposarsi, diventare prete o suora. Ho conosciuto genitori “di sacri principi” che avevano detto al figlio “lo hai fatto? Adesso te la sposi”. Sto parlando degli anni ’60 non di millenni fa. Da un’esagerazione – la rottura dell’imene non può decidere la vita – si è passati all’opposto. La verginità non solo è “una cosa” che può essere venduta ma è un disvalore: finché non vi conoscete a letto tu e la persona che ami non vi conoscete per nulla. Sembra, cioè, che al di fuori di un contesto sacro la verginità perda riferimenti, divenga qualcosa di cui è impossibile parlare. Marco Giallini in “Perfetti Sconosciuti” trova parole laiche equilibrate a riguardo quando, a proposito della prima volta della figlia, le raccomanda serietà. “È una serata importante” le dice. “È una cosa che ti porterai dietro per tutta la vita, non è solo una cosa che domani racconterai alle tue amiche. Se credi che quando ci ripenserai la cosa ti farà sorridere allora fallo ma, se non te la senti, non sei sicura, lascia stare. Perché hai tempo.”
Tratto da METRO