Alessandra Bialetti / Blog | 04 Gennaio 2018

Le Lettere di Alessandra Bialetti – Fede: via di integrità, onestà, autenticità

Le ricerche aiutano, le ricerche fanno riflettere, le ricerche aprono nuove strade di comprensione. Non sempre ma spesso si. Ed è secondo la letteratura scientifica che la fede si pone come fattore protettivo di crescita e di sano sviluppo per la persona omosessuale che desideri integrare il proprio cammino spirituale con il proprio orientamento. È difesa contro l’omofobia ovvero quel sentimento di paura, disgusto, inadeguatezza, patologia che la persona porta dentro di sé come interiorizzazione del giudizio, pregiudizio e discriminazione del contesto sociale di appartenenza. E’ via per accogliere se stessi come creature degne di amore, stima, rispetto e non come “sbagli di natura”. E’ strumento di conversione continua del cuore da un odio verso di sé all’amore per come si è stati pensati, progettati, creati e avviati verso il percorso di vita.
Ma tutto questo può avvenire non solo grazie al cammino personale ma laddove ci sia una comunità, il popolo di Dio, il popolo del Gesù evangelico, che accoglie, accompagna, sostiene, rilancia sul valore della persona, non discrimina ma si interroga su una diversità che può essere ricchezza alla stregua di ogni tratto che esca da schemi di valutazione rigidi e prestabiliti.
Queste riflessioni mi riportano all’esperienza di Gregory Greiten, sacerdote statunitense che poco prima di natale ha aperto il cuore ai suoi parrocchiani dichiarando la propria omosessualità. Greiten ha vissuto più di 25 anni cercando di nascondere il proprio orientamento per il forte senso di colpa e vergogna che provava verso se stesso e la chiesa che serviva fino a pensieri suicidari. Fu proprio davanti ad un terrazzo sul vuoto che invocò la presenza del Dio in cui credeva chiedendo di non lasciarlo da solo davanti alla prova (come quel Gesù stremato dal dolore che invocava di non essere abbandonato). E da lì la forza di uscire allo scoperto, di rompere le catene dell’omertà per accogliere se stesso come la creatura creata e amata dal Dio che serviva ogni giorno nella sua comunità.
Greiten, nell’omelia che ha rappresentato il suo coming out, ha voluto condividere con la comunità i tre doni che si sentiva di voler e poter vivere nella sua missione sacerdotale in piena trasparenza con il suo orientamento.
Integrità: finalmente vivere se stesso come persona integrata in tutte le sue dimensioni mettendo il suo essere sacerdote, ora equilibrato e non più dissociato, al servizio della sua comunità e invitando ciascuno a compiere il proprio cammino di accoglienza in sé di tutte le proprie caratteristiche. Integrità a lungo cercata ma, purtroppo, negata anche all’interno di quella parte di chiesa che invece lo invitava al silenzio e al nascondimento.
Onestà: ormai la scelta era tra la verità o continuare a “fabbricare” bugie. La scelta è stata comunicare alla sua comunità che la domenica successiva sarebbe stato il momento della sua verità per poter continuare a servire la parrocchia e a seguire la vita dei suoi parrocchiani in piena trasparenza con se stesso e con gli altri. La sua vita sacerdotale sarebbe stata fondamentalmente la stessa ma arricchita e impreziosita dal dono della verità e dell’onestà.
Autenticità: Greiten, per abbracciare il suo vero essere e continuare ad amarlo in profondità e per poter amare e servire in libertà la sua comunità, sentiva di non poter più essere se stesso se non in piena autenticità con ogni manifestazione del suo essere, personalità, carattere e orientamento sessuale, uscendo dalla non-esistenza in cui si era costretto a vivere e a cui era stato spinto da molti suoi confratelli. In più il suo essere autentico sarebbe passato anche dal chiedere scusa alla comunità lgbt per essere stato muto e immobile di fronte all’omofobia che vedeva scatenarsi intorno a lui e alle persone omosessuali.
Greiten è stato accolto dalla sua comunità e sostenuto da molti dei suoi confratelli. Il suo servizio pastorale continuerà in verità, autenticità, onestà e integrità. La fede nel Dio che lo ha creato e accompagnato fino al sacerdozio è stato fattore protettivo per la sua vita come lo sarà l’appoggio della comunità che potrà servire accogliendo per primo ogni caduta, ogni resistenza all’amore, ogni difficoltà del cammino perché per primo ha sperimentato su stesso il peso del senso di colpa, della vergogna, dell’inadeguatezza, della solitudine. E potrà avere parole di speranza e sostegno per tutte quelle persone omosessuali che faticano a sentirsi degne di un amore che non pone confini, che non discrimina ma chiama a vivere la fede in piena integrità con il proprio essere.
Il vero lutto è la rinuncia alla fede, la rinuncia al servizio dei fratelli, il chiudersi nella finzione, nella vergogna e nella bugia. Questo il vero danno per chi sente e vive la vocazione e non essere portatori di un orientamento “diverso”, questo il rischio che si corre se non si accompagna il futuro sacerdote, religioso o religiosa che sia ad un’accoglienza di sé e a mettere la propria ricchezza spirituale e umana a servizio di quei tanti che attendono parole di conforto, di ascolto, di comprensione.
Potrebbe apparire una provocazione ma vuole essere invece uno spunto di riflessione: perché di un sacerdote eterosessuale non ci si chiede quanto sia integrata in ogni aspetto la sua personalità e di quanto il suo ministero sia veramente coerente con la sua essenza più profonda e invece di un sacerdote omosessuale si presuppone senza ombra di dubbio che sia una persona disturbata, non equilibrata, non integra e quindi inadeguata al servizio apostolico? 

Vivo e lavoro a Roma dove sono nata nel 1963. Laureata in Pedagogia sociale e consulente familiare, mi dedico al sostegno e alla formazione alla relazione di aiuto di educatori, insegnanti, animatori. Svolgo attività di consulenza a singoli, coppie, famiglie e particolarmente a persone omosessuali e loro genitori e familiari offrendo il mio servizio presso diverse associazioni (Nuova Proposta, Rete Genitori Rainbow, Agedo). Credo fortemente nelle relazioni interpersonali, nell’ascolto attivo e profondo dell’essere umano animata dalla certezza che in ognuno vi siano tutte le risorse per arrivare alla propria realizzazione e che l’accoglienza della persona e del suo percorso di vita, sia la strada per costruire relazioni significative, inclusive e non giudicanti.