
2 dicembre – Le telefonate
Amo le telefonate con lui. Quelle brevi, che ho imparato ad ascoltare e dire solo “pronto dimmi” e poi attaccare. Quelle lunghe, quelle in macchina, col filo che pende, che perde l’incrocio e dice “aspetta, riattacco e ti richiamo”. Amo le telefonate per dirmi che si è arrabbiato per cose che non so e sarebbe troppo lungo ma tanto te lo dico. Perché di tutto quello che gli accade, la cosa che più mi interessa è lui. Come sta. Quello che gli succede. Amo le telefonate che mi fa perché gli serve qualcosa. Perché amare non è solo sospirarsi ma prendere quello che serve. Perché c’è un prendere che non è rubare ma sapere che sei amato. Sempre. Con tutto. Amo le telefonate che fa solo per sentirci. Che dico “dimmi” e dice “niente”. Ho imparato a rispettare quelle telefonate senza perché o col perché più bello: telefonare perché non si può stare insieme in quel momento. Le briciole di un amore, sono sempre amore. Non le spreco. Ho imparato a godermele. Amare non è solo fare figli, famiglia. A volte l’amore prende strade strane, diverse. A volte l’amore fa figli che non sono bambini.
Paci è sposata con René, un uomo che la trascura. Ha una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella. Si mantiene facendo pulizie
Tratto da Avvenire
“In tre mesi” è il nome della rubrica di prima pagina che Avvenire mi ha affidato per i mesi di ottobre, novembre e dicembre del 2017. I brani che verranno pubblicati ogni giorno, per appunto “In tre mesi”, sono tratti da Il diario di Paci, l’esercizio poetico dal quale poi è nato il romanzo Una giornata di Susanna, Cooper. Il brano originario del pezzo pubblicato oggi si può trovare qui.