FarodiRoma – In nome delle figlie
L’outing di Asia Argento pare aver aperto il coperchio dello schifo. Prima l’hasthtag #quellavoltache, poi Kevin Spacey, poi Fausto Brizzi con il tweet di Asia Argento che gli dice “querelaci tutte”, poi, ultimo nel tempo ma primo nell’osceno, il caso di don Guidotti, il prete che dice alla ragazza 17enne violentata “ti sballi e dovrei provare pietà?”. Queste parole non “fanno discutere” come ho sentito dire da qualcuno, fanno indignare.
E vorrei partire proprio da lì, dalle dolorosissime parole di replica della mamma della ragazza. Questa signora, che vuole incontrare don Guidotti, dice “la colpa è di chi stupra, non della vittima”. Pare non ci voglia molto per dire l’ovvio eppure, lo abbiamo appena letto, non tutti ci riescono. Quella madre ci dà la ricetta giusta per porre fine a queste schifezze. Quando accade quello che è accaduto mettiamoci il nome di nostra figlia e lo chiameremo subito orrore. Se ci mettiamo il nome della nostra bimba, non ci capiterà più di parlare di violenze sessuali e di palpeggiamenti avvenuti sulla metro, poggiando la tazzina del caffè. Se ci sarà il nome di una persona che amiamo ci indigneremo, e non correremo il rischio di dire che succede “da sempre’”, che “quelli fanno così con le donne”. Perché certe cose sono l’orrore e quelli non sono “strani” ma sono carnefici.
Se all’orrore non mettiamo una faccia che amiamo, non sapremo dare il nome alle cose. La 17enne abusata a Bologna dovrà tornare alla vita normale e dipende da noi. Perché se quelli come don Guidotti potranno continuare a parlare tranquillamente, per lei e per sua madre, per la sua famiglia, non ci sarà più una vita normale.
Quando sei stuprata ti viene voglia di morire piuttosto che di vivere, invece la vita va avanti: ma che si viva davvero, che la vita continui e che continui pure bene, dipende da noi. La figlia della mamma che dice “la colpa è di chi stupra, non della vittima” dovrà ricominciare ad uscire, ad andare a scuola, a vedere le amiche, ad andare al cinema, a festeggiare, a vivere insomma. L’altra notte quella ragazza era a terra distesa a subire, non aveva difese, ma ora che è in piedi devi dirsi, glielo dobbiamo dire noi insieme alla madre, che non è colpevole di nulla. Non ha niente di cui farsi scusare o da cambiare di sé. Dovrà continuare a prendere l’ultimo autobus e a camminare da sola la notte e non dovrà sottomettersi all’infame pensiero che è in pericolo comportandosi così e che se le succede qualcosa è colpa sua perché doveva stare più attenta, essere più prudente. Tutto ciò sarà possibile se la aiuteremo: se non lasceremo sola quella ragazza. Se non avrà accanto noi, quella 17enne, chi avrà accanto per non essere costretta a vivere con orari da coprifuoco e vestita dell’armatura della vergogna?
Tratto da FaroDiRoma