IlSussidiario – TRANS UCCISO A ROMA/ Nella capitale degrado e violenza vincono per colpa nostra
A Roma, due omicidi con la stessa mano: quella che pugnala al cuore. Il colpevole sarebbe un 35enne romano che prima ha accoltellato una transessuale all’Eur e poi un giovane cittadino straniero nella zona della stazione Tiburtina. I fatti di cronaca nera a Roma paiono moltiplicarsi in modo vertiginoso. A partire da quest’estate, con lo sgombero di migranti che avevano occupato abusivamente un edificio nei pressi della Stazione Termini e che poi si erano insediati a Piazza della Repubblica, sembra che le notizie di risse, pestaggi tra romani e romani, tra romani e stranieri, tra stranieri di diverse etnie nella capitale e nei suoi dintorni siano ormai una cronaca quotidiana che dà l’impressione, purtroppo sempre più reale, di una città allo sbando, dove degrado, sporcizia e violenza vincono. A Roma si assiste, ogni giorno, a un generale imbarbarimento della società civile, a una diffusa indifferenza verso l’incuria diffusa. La sporcizia e l’arroganza sono all’ordine del giorno e vanno da episodi piccoli come quelli di una coda non rispettata alla posta a episodi gravissimi come quelli dei due omicidi appena raccontati.
Dare tutte la colpe alla sindaca Raggi sarebbe semplice ma menzognero perché l’incapacità – per quanto straordinaria – di una sola persona e di un solo gruppo politico non sono in grado di ottenere risultati tanto disastrosi.
Visto che siamo a Roma rifugiamoci nel latino. I fondatori della città dicevano che “laeta domus laeti habitantes”, e cioè una casa lieta, decorosa, rende lieti gli abitanti. Applicato alla città significa che una città lasciata senza regole di vita rende cupi, sospettosi, indifferenti e rancorosi i suoi abitanti.
Dare tutte le colpe alla sindaca significa trovare un capro espiatorio ma non andare alla radice dei problemi. La democrazia è la forma di governo più difficile perché chiama i cittadini ad una corresponsabilità che parte dal diritto-dovere del voto, fino al coinvolgemento in quell’etica civile per cui ciò che accade all’altro, al mio quartiere, alla mia città, è cosa che mi tocca anche se non tocca immediatamente un mio preciso interesse.
Puntare il dito, dare la colpa all’immigrazione, alla politica, alla corruzione, e non sporcarsi le mani per le cartacce che stazionano davanti ai nostri marciapiedi, è accoltellare al cuore Roma in modo non troppo diverso da come ha fatto il 35enne dell’Eur e della Tiburtina. Roma è un banco di prova per l’Italia e lo è in particolare per la questione della legalità. La capitale è la città italiana più complessa non solo perché più numerosa ma anche perché è la metropoli dove sono evidentemente più presenti razze, religioni, convinzioni e classi sociali diverse e lontane. Il connettivo forte che, nel rispetto della legge, non si sta trovando, sta spingendo la città verso una Babele che è sul punto di crollare. La prima emergenza è quella della legalità perché essa, trovando punti di incontro e di mediazione, riduce la complessità e media tra convinzione antitetiche. Finora la cultura dell’italianità superava le lacune della nostra evidente scarsa sensibilità alla legalità. Con la crescita degli stranieri e delle diversità, con l’assottigliarsi quindi del patrimonio comune storico e culturale del nostro paese, solo l’attenzione alla legge può permetterci di sopravvivere.
Tratto da ilsussidiario.net