Festeggiamo Halloween – Il pensiero di Andrea Lonardo e Paolo Curtaz
A proposito delle recenti discussioni intorno alla festa di Halloween pubblichiamo due articoli: uno di Paolo Curtaz dal suo sito e uno di don Andrea Lonardo (direttore dell’Ufficio catechistico di Roma), anch’esso dal suo sito
San Halloween martire, di Paolo Curtaz
Siamo appena passati a salutare il nonno materno al cimitero, morto quando mia moglie aveva l’età di mio figlio. L’occasione per fare una piccola catechesi sulla morte e sorridere delle tombe di famiglia e sulle casette che lui vorrebbe con garage annesso. Il sole sta tramontando e incrociamo diversi gruppi di bambini più o meno travestiti da streghette e maghetti, accompagnati da un adulto. Stanno facendo il giro del paese con la rituale frase “dolcetto o scherzetto”.
So per certo che nessuno di loro conosce l’origine della stramba festa che ha sostituito la nostra ben più simpatica festa dei santi. E nemmeno i loro genitori. Non sono un talebano su queste cose, semplicemente in casa non vi diamo peso e il risultato è che mio figlio non chiede di partecipare a questo tipo di festa.
Davanti alla porta di casa abbiamo messo il cartello “Halloween? No, grazie” e, ad oggi, nessuno osa suonare. So, però, che i genitori dei ragazzi vicini di casa hanno bollato la nostra famiglia come “asociale”. Me ne vanto.
Domani andremo in montagna a goderci il sole autunnale e i colori emozionanti. Abbiamo comperato i pasticcini per festeggiare il nostro onomastico. La sera andremo a celebrare l’eucarestia gioendo dell’amicizia e dell’esempio dei santi. Domenica, poi, andremo a salutare i miei genitori, in particolare mia madre, scomparsa da poco.
Tutto qui. Senza farne una tragedia o una lotta di civiltà, trovo immensamente più simpatica la gioia dei santi all’irriverenza delle streghette.
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Halloween: la mia dichiarazione in merito. Il significato di una festa antica, di Andrea Lonardo
Halloween è un’antica festa cattolica, come dice con semplicità la sua etimologia: hallows=santi (ricordate il Padre nostro in inglese: Our Father who art in heaven, “Hallowed” be thy name, sia santificato il tuo nome), een=vigilia (da evening=sera, vigilia), cioè Halloween=sera/vigilia dei Santi.
Non c’è dunque nessun bisogno di inventare il neologismo Holyween, perché Halloween significa esattamente la stessa cosa. Ma chi lo spiega ai bambini e, prima di loro, ai maestri e ai genitori? Halloween è la festa cristiana della vigilia dei Santi, cioè l’inizio della festa dei Santi perché le grandi feste (vedi Natale e Pasqua) iniziano nella notte.
I cristiani – grandi maestri della gioia e del festeggiare – inventarono la festa dei santi (e la commemorazione dei morti) per celebrare il fatto che la morte era vinta e che il duro male era ormai sconfitto. Di questo dobbiamo parlare ai bambini, spiegando il nome Halloween. I celti cattolici (gli antichi irlandesi) iniziarono a celebrare l’illuminazione della notte, le zucche che mettevano in fuga il male, il cielo che visitava la terra, i dolcetti che i morti portavano ai loro discendenti come segno del loro amore sempre presente e della loro intercessioni per i loro cari presso Dio, la sconfitta del male.
La tradizione, peraltro, non è solo nord-europea, ma anche mediterranea (e sempre cattolica), tanto è vero che in tanti paesi della Sicilia e della Sardegna ci sono i “dolci dei morti”. Se fosse vero che i celti/irlandesi cattolici cristianizzarono una precedente festa celtica/irlandese, si può spiegare ai bambini che questo è il genio del cristianesimo: mentre i pagani, che erano pur sempre credenti, pensavano che i morti potessero venire a visitarli solo un giorno all’anno nella festa di Sanhedrin i cristiani annunciarono loro che essi ci visitavano tutti i giorni grazie alla comunione che esiste in Gesù tra i vivi ed i morti.
Solo 30 anni fa, in un periodo molto recente quindi, si impadronirono di questo rito meraviglioso – che ci permette di celebrare la comunione fra il cielo e la terra – gli ambienti irrazionalisti che credono nella magia, il mondo capitalistico che governa la finanza e vuole vendere oggetti e, in qualche rarissimo caso, anche gli ambienti satanisti che, comunque, con la loro fede distorta, ci ricordano che il diavolo esiste e che, a maggior ragione, esiste Dio!
Orbene è del significato della festa di Halloween che dobbiamo parlare e non delle cavolate sovrapposte da questi gruppi minoritari. Dobbiamo parlare del fatto che Halloween ci ricorda che la vita eterna esiste, che i morti (compresi nonni e bisnonni defunti) e, soprattutto, i santi ci accompagnano con la loro dolcezza. Dobbiamo parlare pure del fatto che la morte e il diavolo esistono, ma che Cristo li ha sconfitti. Una volta che i bambini hanno parlato dei morti, hanno capito che i morti ci amano e pregano per noi presso Dio, che i santi ci proteggono, che il male esiste, ma che è la prova che la scienza non basta e che, per fortuna, Dio è ben più forte di lui, facciano un po’ quello che vogliono, tanto ormai sono vaccinati…
Quindi nelle scuole e nella catechesi, una settimana prima di Halloween, lezione con traduzione letterale del nome della festa e spiegazioni sui morti, sui santi, sugli irlandesi, e sulle indebite appropriazioni degli ambienti neo-magici e capitalistici… e poi ognuno faccia ciò che vuole!
Concludo, a chi non fosse bastato quanto già detto, un magnifico passaggio ricordato da Giovanna Jacob tratto da Kristin figlia di Lavrans di Sigrid Undset.
Contemplando un dipinto che raffigura una santa alle prese con un drago, Kristin dice: «Mi pare che il drago sia molto piccolo (…) non sembra in grado di potere ingoiare la Vergine». E il frate che l’ha dipinto risponde: «E infatti non c’è riuscito. Eppure non era più grande di così. I draghi e tutti gli strumenti del diavolo ci sembrano grandi finché la paura ci possiede, ma se una creatura aspira a Dio con tutta l’anima sua fino a potersi avvicinare alla sua potenza, la forza del diavolo di colpo viene abbattuta, tanto che i suoi strumenti diventano piccoli e impotenti. I draghi e gli spiriti malvagi sprofondano e non sono più grandi di rane, di gatti e di cornacchie».
Appendice. I dolci dei morti
– “Fave da morto”, “fave dei morti” o “fave dolci”: pasticcini alla mandorla, di forma ovoidale e schiacciata, cosparsi di zucchero a velo; hanno l’aspetto di un amaretto, ma presentano una consistenza maggiore (Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche ed Umbria). Differenti, seppur sempre a base di mandorla, sono le “Favette dei Morti”, presenti un po’ in tutto il Nord-est, ma soprattutto in Veneto, a Trieste e in Friuli, sono di tre colori (panna, marroni e rosa) e variano dal croccante al morbido (Favette Triestine).
– Ossa di morto, talvolta “ossa da mordere” italianizzando il piemontese “ossa d’mort”: biscotti di consistenza dura, con mandorle ed albume d’uovo (Marche, Piemonte e Lombardia).
– “Ossi dei morti” tipici di Parma, di pastafrolla, ricoperti di glassa di zucchero o cioccolato.
– “Ossa di morto”: biscotti dalla forma oblunga (Veneto), talvolta ricoperti da cioccolato (Sicilia).
– In Sicilia, secondo la versione originaria, le “Ossa di morto” sono di consistenza molto secca e di colore bianco e marrone. Con zucchero, farina, albume e acqua di chiodi di garofano, vengono chiamate anche “Paste di Garofano”. Molto spesso confuse con le “Mostacciole”, le quali, invece, sono fatte con un impasto di miele e spezie, come il chiodo di garofano.
– Sempre in Sicilia la “pupaccena” (o “pupi ri zuccaru”) e la “martorana”, dolci dei morti
– Le “Ossa di morto” sono presenti anche nel Senese, con origine a Montepulciano. Di consistenza friabile e di forma rotonda, sono impastati con le mandorle tritate.
– “Pane dei morti”: piccoli panini dolci, a base di biscotti sbriciolati, ripieni di frutta candita e confezionati su ostie (Lombardia).
– “Torrone dei morti” così chiamato in onore di Antonio da Casoria: presenti nella tradizione culinaria napoletana, sono torroni morbidi dalle dimensioni di 50-70 cm, venduti a pezzi. A differenza del torrone classico, non sono a base di miele, ma di cacao, e sono preparati in vari gusti, con nocciole o frutta secca e candita, ma anche al caffè, o altri gusti ancora.
– In Sardegna, Is Animeddas, Papassinos e Papassinu de ammodde
Per approfondimenti, cfr.: