
Le Lettere di Davide Vairani – La Croce di Cristo, nemica di ogni ideologia
“La scelta di fare il medico è profondamente legata in me alla ricerca dell’origine di quel male che il concetto di Dio non poteva spiegare. Da principio volevo fare lo psichiatra per capire in quale punto della mente nascesse la follia gratuita che poteva causare gli orrori di cui ero stato testimone. Avvicinandomi alla medicina, però, incappai in un male ancora più inspiegabile della guerra, il cancro“. “Così come Auschwitz,- per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio”. “Come puoi credere nella Provvidenza o nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi? Ci sono parole in qualche libro sacro del mondo, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori? Io credo di no, e preferisco il silenzio, o il sussurro del non so”.
L’oncologo Umberto Veronesi nel libro “Il mestiere di uomo” – uscito postumo alla sua recente scomparsa – esprime la posizione dell’uomo contemporaneo di fronte al male e al dolore.
Chi non si è mai posto almeno una volta nella vita le stesse domande? Chi oggi non arriva alla medesima convinzione di Veronesi, cioè che “Dio è morto” e l’uomo è solo su questa terra a dovere fare i conti con il male? Chi oggi non ha mai pensato di farla finita quando la sofferenza non è più sopportabile? Chi oggi non ritiene giusto e pietoso concedere la libertà di usare una siringa di Pentotal per assicurare una “dolce morte”?
In una società che censura il ragionare sui “perchè” della vita, porsi le domande essenziali è quanto mai urgente oggi. Sono le risposte alle domande che possono fare la differenza, però. Per la mia, la tua vita.
Il male e il dolore esistono. Possiamo cercare di limitarli, di lottare contro, di pretendere di sconfiggerli con medicine e cure sempre più all’avanguardia. Ma per quanto l’uomo si affanni, rimane un dato evidente: non possiamo eliminare sofferenza e dolore. Ci sono. Con la scienza e la tecnica possiamo lenirne un po’ gli effetti su di noi. E guai se non lo facessimo! Proprio là dove nel tentativo di evitare ogni sofferenza, si cerca di sottrarsi a tutto ciò che potrebbe significare patimento, proprio là dove si tenta di risparmiarsi la fatica e il dolore delegando il tutto alla medicina e all’estrema scelta di interrompere la vita perchè “insopportabile”, si scivola in una esistenza vuota di senso. Proprio là dove si cerca di scavare nella natura e nella biologia per cercarne le cause e i rimedi – come per il cancro – , si va sbattere contro la vana pretesa dell’uomo di possedere in qualche modo il male e dunque il proprio destino. Di fronte al dolore che spacca letteralmente il cuore e la mente in due abbiamo tutti paura. Ma può davvero l’uomo vivere senza la certezza che nonostante tutte le apparenze non ci sia un senso ultimo al desiderio di infinita felicità che ci portiamo nel cuore? E’ più ragionevole rassegnarsi ad un destino baro e cinico oppure andare più in là delle apparenze?
La vera risposta a questa domanda è il biglietto vincente della lotteria miliardaria, ciò che può fare la diffenza nella mia, nella tua vita. E’ più ragionevole scansare la sofferenza, fuggire davanti al dolore, cercare di possederlo invano oppure è più ragionevole accettare la tribolazione e in essa trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore in croce? È vero, la croce è arbitraria, irragionevole, contraddittoria, ma proprio per questo è il simbolo più umano che ci sia. È insieme il segno di una delle torture più crudeli mai inventate dall’uomo e dell’atto d’amore più gratuito e sconvolgente della nostra storia; esprime contemporaneamente quanto di più alto e quanto di più basso c’è in ciascuno di noi e proprio per questo può rappresentarci meglio di qualunque altra cosa. La croce è nemica di ogni ideologia, perché racconta innanzitutto un fatto, un avvenimento: un uomo ha amato tanto da dare la vita. È in se stessa contraddittoria, in questa sua pretesa di protendersi contemporaneamente verso l’alto e orizzontalmente, ma proprio per questo può cogliere ed abbracciare tutta la realtà, perché questa è la medesima contraddizione che ogni uomo porta in sé.
“’La croce è il conflitto di due linee nemiche, di due direzioni inconciliabili. Questa cosa muta che si innalza è un contrasto, una rottura violenta, una lotta nella pietra. Ne abbiamo abbastanza di questo simbolo. La stessa sua forma è una contraddizione’. ‘Quello che tu dici è assolutamente vero’- disse con serietà Michele-. ‘Ma noi amiamo le contraddizioni. L’uomo stesso è una contraddizione: è un animale la cui superiorità sugli altri sta nel fatto che è caduto. Tu dici che questa croce è un eterno contrasto: anche io lo sono. E’ una lotta nella pietra; ma ogni forma di vita è una lotta nella carne.’”.
E’ G.K. Chesterton nel romanzo “La sfera e la croce” del 1909 a immaginare questo dialogo tra un anziano monaco, Michele, e Lucifero.
“Paragonate la croce alla forma razionalista per definizione: la sfera – proesgue Chesterton-. Armonica, uguale da ogni lato, perfetta nella sua essenzialità, ma anche chiusa in sé, inaccessibile dal di fuori. La croce non ha l’armonia e l’equilibrio di una sfera non c’è dubbio, ma se vi capitasse di cadere sareste capaci di aggrapparvi ad una sfera? Non è infinitamente più appropriata la Croce a questo scopo? La Croce è il simbolo dei deboli, rappresenta il forte che si fa debole per amore, ed è per questo nemica di ogni totalitarismo”.
Il fatto è che la realtà è irrazionale e per adattarla alla sfera perfetta delle nostre teorie bisogna tagliarne inevitabilmente dei pezzi e va a finire che qualcuno rimane sempre fuori. E, guarda un po’, sono sempre i più deboli: bambini, anziani… Per questo la Croce, sommamente irrazionale, è anche sommamente ragionevole, perché è la sola che può abbracciare l’uomo, tutto l’uomo.
“Come ti stavo dicendo” – seguitò Michele anche quell’uomo aveva adottato l’opinione che il segno del Cristianesimo fosse un simbolo di barbarie e di irragionevolezza. È una storia assai interessante. Ed è una perfetta allegoria di ciò che accade ai razionalisti come te. Egli cominciò, naturalmente, col bandire il crocefisso da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri. Diceva, come tu dici, che era una forma arbitraria e fantastica, una mostruosità; e che la si amava soltanto perché era paradossale. Poi diventò ancora più furioso, ancora più eccentrico; e avrebbe voluto abbattere le croci che si innalzavano lungo le strade del suo paese, che era un paese cattolico romano. Finalmente, si arrampicò sopra il campanile di una chiesa, ne strappò la croce e l’agitò nell’aria in un tragico soliloquio sotto le stelle. Una sera d’estate, mentre ritornava lungo un viale, a casa sua, il demone della sua follia lo ghermì di botto, gettandolo in quel delirio che trasfigura il mondo agli occhi dell’insensato. Si era fermato per un momento, fumando la sua pipa di fronte a una lunghissima palizzata: e fu allora che i suoi occhi si spalancarono improvvisamente. Non brillava una luce, non si muoveva una foglia; ma egli credette di vedere, come in un fulmineo cambiamento di scena, la lunga palizzata tramutata in un esercito di croci, legate l’una all’altra, su per la collina, giù per la valle. Allora, facendo volteggiare nell’aria il suo pesante bastone, egli mosse contro la palizzata, come contro una schiera di nemici. E, per quanto era lunga la strada, spezzò, strappò, sradicò tutte quelle assi che incontrava sul suo cammino. Egli odiava la croce ed ogni palo era per lui una croce. Quando arrivò a casa era pazzo da legare. Si lasciò cadere sopra una sedia, ma rimbalzò subito in piedi perché sul pavimento scorgeva l’intollerabile immagine. Si buttò sopra un letto; ma tutte le cose che lo circondavano avevano ormai l’aspetto del simbolo maledetto. Distrusse tutti i suoi mobili, appiccò il fuoco alla casa, perché anche questa era ormai fatta di croci; e l’indomani lo trovarono nel fiume”.Lucifero guardò il vecchio monaco mordendosi le labbra. “È vera questa storia?-disse-. “No” – disse Michele – “è una parabola: la parabola di tutti voi razionalisti e di te stesso. Cominciate con lo spezzare la croce, ma finite col distruggere il mondo abitabile. Tu hai detto che nessuno deve entrare nella Chiesa contro la sua volontà e un minuto dopo dici che nessuno ha la volontà di entrarvi. Sostieni che non è mai esistito l’Eden, e il giorno dopo affermi che non esiste l’Irlanda. Cominci con l’odiare l’irrazionale e arrivi a detestare ogni cosa, perché tutto è irrazionale”.
E’ più ragionevole scansare la sofferenza, fuggire davanti al dolore, cercare di possederlo invano oppure è più ragionevole accettare la tribolazione e in essa trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore in croce?
Sono nato il 16 maggio del 1971 a Soresina, un paesino della bassa cremonese. Peccatore da sempre, cattolico per Grazia. Laureato per accidenti in filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da vent’anni lavoro nel sociale. Se sono cattolico, apostolico, romano lo devo ad un incontro fondamentale con don Luigi Giussani che mi ha educato a vivere. Collaboro con “La Croce”, quotidiano digitale diretto da Mario Adinolfi. Vi invito a seguirmi su Facebook alla pagina che gestisco e su web al mio Blog