Blog / Ciro Di Sarno | 16 Settembre 2017

Cartolina da Ischia – La Sindone e il Cristo zoppo

Cosa sia la Sindone è universalmente noto. In estrema sintesi, è una tela rettangolare di lino che misura 4,37×1,10 metri; di spessore pari a circa 1/3 di centimetro e di peso di circa 1,30 kg. La manifattura, di notevole pregio, è del tipo a  “saia levantina” ed è stata ricavata intrecciando i fili dell’ordito con quelli della trama, con un rapporto 3:1 ed invertendo il senso della sovrapposizione ad ogni centimetro.  L’alternanza delle strisce ad obliquità  ora ascendente ora discendente, crea il peculiare disegno detto “a spiga”.  Il tessuto è analogo ad altri ritrovamenti archeologici dell’area di Masada, la roccaforte situata a circa 20 km a sud di Egaddi, vicino alla riva occidentale del Mar Morto.

Ciò che rende preziosa la Sindone sono le due impronte anatomiche anteriore e posteriore di un corpo umano, separate all’altezza del capo da uno spazio di 18 cm  che non reca tracce di alcun tipo. Si tratta del corpo di un maschio dalla struttura fisica ben costruita, villipeso e martoriato come indicano i vangeli nei racconti della Passione di Cristo.

L’impronta non è un dipinto. Ogni tentativo di dissolverla con i solventi noti ed attivi sui colori naturali ed artificiali è stato vano.

L’interesse scientifico verso la Sindone nasce il 25 maggio 1898 quando l’avvocato torinese Secondo Pia, fotografo per passione, eseguì le prime “lastre” sulle quali l’immagine si mostrò con le caratteristiche di un negativo fotografico. Siamo agli albori della fotografia, inventata dal francese Nicephore Niepce introno agli anni 30 del XIX secolo.

Si può dire senza tema di errare, che la Sindone è l’oggetto antico più studiato al mondo. Su di essa hanno indagato chimici, fisici, botanici, palinologi, anatomo-patologi e chirurghi, storici e critici dell’arte, criminologi, esegeti e biblisti e tanti altri ancora. Prove certe dell’esistenza della Sindone prima del 1350  non sono note. Tuttavia, se questo oggetto risale ai primi anni del cristianesimo, devono esserci delle tracce nei luoghi ove è stata presente; tracce che possono essere ricomposte a formare un quadro d’insieme suggestivo e verosimile.

Tra le plurime ricostruzioni storico-archeologiche che arretrano la tessitura del telo sino ai primi decenni della cristianità, propongo di seguito e concisamente, quella numismatica che fa riferimento ad una antica tradizione: quella del  Cristo zoppo. Questa tradizione è giunta sino ai secoli più recenti, soprattutto nell’iconografia slava, russa in particolare, con la riproduzione su medaglie o in icone, di croci nude, cioè senza il Cristo assiso sul legno e con il poggiapiedi obliquo.

La raffigurazione del suppedaneo obliquo, è inequivocabilmente funzionale per il Cristo che fosse dismetrico agli arti inferiori. Ebbene, il Cristo, quantunque non riprodotto nelle iconografie slave che qui interessano, si sarebbe giovato dell’innalzamento della branca destra del suppedaneo; in altri termini, le iconografie ci dicono che il Cristo avrebbe avuto l’arto destro sensibilmente più corto del sinistro, sicché la costruzione della croce doveva prevedere un poggiapiedi obliquo ed innalzato verso il piede destro.

Perché?  Per svalare il “mistero”, facciamo un bel salto all’indietro e fino IX secolo d.C.

Sotto Basilio I (811 – 886), primo della dinastia macedone sul trono di Bisanzio, si coniarono monete con l’immagine di Cristo giacché da qualche decennio la furia iconoclastica era scemata del tutto. Il solidus  in oro sotto riportato, coniato per l’appunto sotto l’imperatore citato, è la prima moneta raffigurante Cristo assiso in trono. Osservando con attenzione si noterà che ginocchio, gamba e piede sinistri son ben proporzionati ed il piede sinistro, tra l’altro, è nudo con netta evidenza delle dita. L’arto destro è sostanzialmente inesistente; il piede destro, per di più, è una sorta di sottile appendice mal posta e neppure conformata anatomicamente, ossuta, essenziale. È lampante la deformazione dell’arto in toto, rispetto alle corrette proporzioni delle parti corporee del busto e della testa e, soprattutto, dell’arto controlaterale.

E’ il solo esempio di presunta deformità di Cristo? E’ un unicum nel suo genere e dunque un possibile errore del coniatore? No, indubbiamente !

Gli esemplari numismatici di antiche monete bizantine, raffiguranti la deformazione sempre e solo dell’arto destro del Cristo, sono numerose tanto da divenire una caratteristica di quelle coniate negli anni successivi. Di seguito si propongono ulteriori tre monete tutte raffiguranti il Cristo assiso sul trono e con il piede destro addirittura mancante, come nel solidus di Leone VI indicato alla lettera b (circa anno 900), o come nel solidus di Costantino VII indicato alla lettera c (circa anno 912).

Tale deformità è, secondo gli studiosi, il motivo per cui il Cristo non viene più rappresentato dritto sulla croce a partire dall’anno mille, ma, invece, con riferimenti costanti nuovi e singolari quali: il capo chino a destra ed il torace ed il bacino a descrivere una curvatura (cosiddetta curva bizantina). Questa raffigurazione, in altre parole, è congruente con una dismetria agli arti inferiori, con il destro più corto del sinistro, tale da atteggiare il corpo in croce come detto e  così come già le precedenti monete bizantine raffiguravano.

Ora, sappiamo tutti che il test di datazione al Carbonio 14 ha sancito un’età del lenzuolo sindonico grossomodo al 1350. La Sindone, cioè, secondo questo test, sarebbe un manufatto medievale; dunque essa non sarebbe il telo funerario di Gesù ed in tal senso, dunque, sarebbe un falso.  Premesso che la datazione al Carbonio 14 prevede una oscillazione massima ante/post di 50 anni, non rimane che trovare prove dell’esistenza della Sindone preesistenti alla radiodatazione. La traccia numismatica è di notevole importanza al pari di altre, come il confronto tra immagine sindonica e talune miniature riportate in antichi manoscritti, oppure, con le tante icone orientali del Volto di Cristo.

L’ipotesi assai suggestiva, dunque, è che se la tradizione del Cristo zoppo risalente al IX secolo e cioè a ben trecento anni prima della datazione al Carbonio 14 (1350 circa), fosse provata, ne verrebbe di conseguenza che la Sindone è autentica e dunque più che manufatto tessile, sarebbe riqualificata come acheropita è cioè come “non fatta da mani umane”.

Quale dunque il rimando delle monete bizantine alla Sindone? Le prima delle due immagini che seguono, è  il negativo della foto della Sindone ripresa per intero con la immagine frontale e quella posteriore di colui che, comunemente, è indicato come: l’Uomo della Sindone”. La seconda invece, è il particolare del profilo posteriore che dai glutei scende sino alla estremità inferiore degli arti.

Osservando con attenzione l’immagine, al di là delle tante peculiarità di cui si potrebbe parlare, si noterà, nell’immagine intera (negativo frotografico invertita rispetto alla immagine vera del telo), si noterà dicevo,  che dei piedi, il  sinistro (cioè il destro nell’immagine vera)  non è riprodotto con la stessa evidenza del destro (cioè il sinistro dell’immagine vera) del quale chiarissima è la forma per intero della pianta podale.  Se si osserva l’immagine particolareggiata, questo aspetto è ancora più evidente, quasi che il piede sinistro (destro dell’immagine vera), sia deforme e che l’arto in toto sia più corto.

Quella peculiare conformazione degli arti dell’Uomo della Sindone è dunque, la fonte che ispirò la numismatica tardo bizantina del IX e X secolo? L’uomo della Sindone, dunque, fu creduto da quegli antichi coniatori e pittori di icone il Cristo dei Vangeli?

Affermarlo significa credere che la Sindone gioco forza, preesisteva all’anno mille e, dunque, ben prima ed al di là di ogni contestazione, della datazione medievale di cui abbiamo già detto.

Un’ ultima domanda. Ma il Cristo era davvero zoppo? Perché queste raffigurazioni numismatiche ed iconiche di un Cristo bisognevole di un poggiapiedi squilibrato? Ovviamente Cristo non era zoppo e il suo suppedaneo era, sul Calvario, perfettamente orizzontale.

La questione si spiega, semplicemente, tenendo conto che Gesù fu staccato dalla Croce dopo qualche ora dalla morte. E’ noto agli anatomo-patologi che la morte dopo estenuanti fatiche ed in più, caricata di ogni possibile afflizione e tortura, così come  raccontano i vangeli per il Nazareno, comporta l’azzeramento delle riserve zuccherine muscolari. Ciò anticipa, anzi rende quasi istantanea, la comparsa del rigor mortis.

Dunque il Cristo fu staccato dalla croce già rigido, ligneo, marmoreo. Giacché gli avevano inchiodato il piede destro sul sinistro disteso, ne derivò che proprio il ginocchio destro fosse bloccato dal rigor mortis, flesso, con il piede destro a coprire il piede sinistro che, invece, era ben disteso.

Quando il Cristo fu avvolto nel lenzuolo funerario, la posizione del piede destro schermata dal sottostante piede sinistro, non ne consentì il contatto con la tela di lino sicché, al momento della resurrezione, il profilo del piede destro non ebbe ad improntare la sindone.

Ecco perché ancora oggi lo strabiliante effetto del Cristo zoppo si decifra con chiarezza su quello che è ritenuto il lenzuolo funerario di Gesù di Nazareth: l’eloquente quinto vangelo.

Salve, sono Ciro Di Sarno e vivo ad Ischia, una delle isole più belle al mondo. Venite a trovarmi e vi racconterò il resto della mia vita