Blog / Scritti segnalati dal blog | 31 Agosto 2017

Linkiesta – Accattoli: «La Chiesa non è più divisa di prima, Papa Francesco ha capacità contagiose»

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Per l’ex vaticanista del Corriere della Sera, la contrapposizione della figura di Benedetto XVI è soprattutto una suggestione politica. La novità, dice, è un pontefice attaccato da destra. Ma Bergoglio ha capacità contagiose

Una volta i papi venivano contestati da sinistra. Francesco viene attaccato da destra, e questo fa scalpore tanto quanto la sua determinazione a non cambiare rotta. Viene attaccato perché non difenderebbe quelli che il suo predecessore ancora vivente, Benedetto XVI, definiva valori non negoziabili. E perché, sempre rispetto all’altro pontefice, ha una posizione di maggiore apertura sull’immigrazione e il rapporto con l’Islam. Ma la Chiesa cattolica “non è più divisa di quanto lo fosse prima, siamo nella tradizione, solo che la divisione è più manifesta”, risponde a Linkiesta Luigi Accattoli, storico vaticanista del Corriere della Sera, oggi in pensione ma ancora collaboratore del quotidiano di via Solferino. La bandiera di papa Ratzinger sventolata dai tradizionalisti contro papa Bergoglio ha dunque maggiore peso nella discussione politico-mediatica, secondo Accattoli, che non all’interno della Chiesa. “L’attuale papa – dice – non può essere considerato rinunciatario sugli elementi canonici dell’identità cattolica, ma è considerato tale quando si guarda ai risvolti politici della sua azione”. E se il pontificato di Francesco avrà successo, il prossimo Conclave non potrà non tenerne conto.

Accattoli, la Chiesa è divisa in due?
Non più di quanto lo fosse prima, solo che la divisione è più manifesta. C’era una situazione simile sotto Benedetto XVI e sotto Giovanni Paolo II, con proteste e appelli ai papi precedenti.

Che cosa è cambiato?
Benedetto era attaccato dalla sinistra, sia all’esterno sia all’interno della Chiesa. Ora la novità è che il dissenso arriva da destra.

Una delle novità è però anche la ‘convivenza’ di due Papi, che non si era mai vista in tempi recenti. Questa situazione ha reso più gravi le divisioni?
Fino ad oggi no. La compresenza teoricamente può favorire la maturazione di uno scisma, ma fino ad oggi non è avvenuto e non ci sono segnali che lo facciano prevedere. La prudenza ecclesiastica ha portato nei secoli a sconsigliare le dimissioni dei papi, che ci furono fino a tutto il Medioevo, proprio per quel pericolo di uno scisma e di un anti-papa. Il contrasto a Francesco oggi è forte, ma un appello a Benedetto per un’alternativa pontificia non c’è. O, meglio, non viene da chi abbia autorità ecclesiale: il segretario della Lega, Salvini, può dire che il suo papa è Benedetto, ma la sua parola non conta nella Chiesa.

Però lei dice che c’è comunque un ‘contrasto forte’ al papa. Che cosa gli viene contestato?
Come dicevo prima, una delle novità è che le contestazioni a Francesco vengono da destra. E a questo non eravamo abituati, quindi le contestazioni fanno più scalpore. Eravamo abituati a critiche da sinistra, dove avevano affilato le armi nel tempo e sapevano graduare, lanciare sassi e ritirarsi.

E oggi come si comportano?
Oggi quelli che contestano il papa sono inesperti e usano un linguaggio rozzo. Dicono che l’elezione non è valida, che Francesco è inadeguato, ignorante, eretico. Fanno scalpore. Ma siamo nella tradizione: chi non gradisce il papa lo contesta.

Non è che anche lo stile di papa Francesco abbia finito per disorientare, dopo l’innamoramento iniziale?
Questa è la seconda novità che vedo: quando si profilava un dissenso, gli altri papi moderavano i toni e magari fermavano le riforme, come fece Paolo VI. Francesco no: non ferma le riforme e non corregge il linguaggio. La sua è una libertà di parola senza precedenti nei papi degli ultimi due secoli: dice quello che pensa. Ritiene urgente sia una profonda riforma, sia una forte innovazione della figura papale. Lo dice e di conseguenza la contestazione diventa più dura.

Da un punto di vista politico-mediatico, a Bergoglio viene contrapposto Ratzinger per il tema della difesa dell’identità cristiana, che oggi sarebbe più debole. È così?
E’ così nella prospettiva di alcuni accusatori: gli indentitari, appunto. Ma oggettivamente Francesco difende l’identità, basterebbe ricordare i continui appelli alla confessione, che è un elemento fondante dell’identità cattolica. O la devozione mariana, altro pilastro. L’attuale papa non può essere considerato rinunciatario sugli elementi canonici dell’identità cattolica, ma è considerato tale quando si guarda ai risvolti politici della sua azione.

E’ questo il punto…
Francesco ha fatto e fa affermazioni in difesa della vita, della famiglia, sul gender. La differenza rispetto al passato è che queste affermazioni non sono dominanti. Non ha abbandonato l’identità, ha modificato le priorità.

Nel dibattito pubblico, più che sulla famiglia, le figure di Benedetto e Francesco vengono contrapposte sul tema dell’immigrazione e su quello del rapporto con l’Islam. Quanta differenza c’è fra i due pontificati?
Come le dicevo, c’è una differenza di priorità. Prima di Francesco, la priorità era nei principi valoriali ed etici, quelli che Benedetto chiamava ‘valori non negoziabili’. Adesso quei principi vengono equiparati a quelli sociali della solidarietà, della carità, della pace, dei diritti umani.

E nel mondo cattolico, secondo lei, come è vissuto questo cambio di priorità?
Credo che sia approvato dalla grande maggioranza delle componenti organizzate e del corpo parrocchiale, cioè della base praticante che va a messa la domenica. La mia esperienza di conferenziere in giro per l’Italia lo conferma: c’è sempre un nucleo critico in ogni platea, ma è sempre una minoranza. La stessa cosa capitava quando c’era papa Benedetto XVI, anche se la contestazione cambiava appunto versante e stile.

Che eredità lascerà questo papa al successore che verrà?
Dipende da che cosa accadrà da qui al Conclave. Se le cose nei prossimi quattro anni e mezzo continueranno con l’attuale modalità, di pace turbolenta, proiettando in avanti le nomine e le decisioni che Francesco viene prendendo, si può immaginare che il prossimo Conclave eleggerà un altro papa del Sud del mondo, che porterà avanti, magari con maggiore diplomazia, l’opera iniziata da Francesco. Se invece assisteremo a un indurimento dei contrasti, verosimilmente si andrà a una scelta di maggiore prudenza che riporterà la Chiesa alla stagione precedente. Io non credo a questa seconda ipotesi.

Su che cosa fonda la sua fiducia?
Sulla capacità di contagio di Francesco. Perché è vero che c’è un disagio verso di lui, ma c’è anche un contagio da lui esercitato e prevedo che sarà progressivo. Lo ha mostrato la visita a Milano, lo scorso marzo: non abbiamo visto soltanto l’emozione e la commozione popolare, del tutto prevedibili, ma anche una grande adesione del clero. Lo stesso cardinale Angelo Scola ha detto in quell’occasione che stava iniziando a capire ‘questo papa’ e ne ha parlato come di una provvidenza per il futuro della Chiesa. Se Francesco durerà come dicevo, contagerà ampiamente e lascerà un’eredità positiva.

Tratto da Linkiesta.it