
L’Angolo del teologo – Gesù attrae come Vasco, di Luca Brenna
L’unica cosa che non mi è piaciuta del concerto di Vasco al Modena Park, lo scorso 1° luglio, è non esserci stato. L’ho visto in TV però, quasi tutto. E mi sto ancora chiedendo, a distanza giorni, perché mi è piaciuto tanto, cos’ha di così speciale questo ormai anziano signore del Rock.
In primo luogo, Vasco è così speciale soprattutto per quelli della mia generazione, che sono cresciuti con lui. Dai primi anni del liceo in poi, Vasco era sempre lì, trovava sempre la musica e la frase che diventavano la colonna sonora delle nostre vite. Alba Chiara, Bollicine, Liberi liberi, Un senso, e così via. Vasco è come la Coca-Cola, come Totti, come Fantozzi. Vasco sul palco, giubbotto e cappellino, impersona la mia storia, che come lui non è scomparsa ma è viva, è dentro di me, si agita, canta. È come un tesoro che di giorno in giorno diventa più ricco, vi posso continuamente attingere e fare un sacco di regali a chi mi sta attorno. Questo non te lo dice nessuno oggi, anzi, tutti ti dicono esattamente il contrario, ti dicono che invecchi sempre di più e diventi sempre più povero, perché il bello della vita è sempre più lontano da te. Con Vasco no, con lui, sabato notte, 250 mila uomini e donne hanno visto la loro vita sul palco, davanti a loro, ed è stato bello, ha fatto bene. Perché l’inganno è tossico e invece la verità fa bene.
Poi ho capito un’altra cosa: che Vasco piace perché è uno di noi. Non parla di esperienze straordinarie, parla della paura, del tradimento, del bar. Fin qui nulla di straordinario. Il fatto è che mentre ne parla, succede che 250 mila persone sentono che hanno qualcosa in comune con lui, e quindi qualcosa in comune tra loro. Riescono a sentire quello che sente il proprio vicino, anche se non lo conoscono. Cantano, saltano assieme a Vasco, assieme a tutti, cantano la stessa melodia a una sola voce. Sperimentano, anche se per poche ore, l’estasi (letteralmente: lo stare fuori di sé), il vivere nell’altro, il vivere assieme come se fossimo una sola persona, il superamento dei confini angusti del proprio io. Anche questo è molto bello, perché è molto vero, ed è terribilmente controcorrente, perché tutto oggi induce a vivere in se stessi. Rinchiudendoci in noi, però, sentiamo che non siamo più davvero noi. Ecco perché il concerto di Vasco è stato una pioggia di felicità ed ha avuto un effetto liberatorio, catartico, per ciascuno dei presenti.
Ho pensato infine a Gesù, alla mia esperienza di Gesù e all’esperienza comunitaria di Lui. E ho capito ancora una cosa: che Gesù attrae esattamente come Vasco. Gesù non è un osservatore che ci guarda da fuori, ma il compagno di strada di ciascuno di noi. Gesù dalla culla, ai banchi di scuola, alla prima cotta, alla morte di chi amiamo, Lui sempre lì. Lui è il Gesù della mia vita, della mia storia. Anche se tutto passa, Lui se lo ricorda, e in Lui tutto è salvato, custodito, persino abbellito. Gesù racconta me a me stesso, quando io mi dimentico chi sono; mi sta davanti, in croce, quando mi sento poco amato, e mi sta davanti, risorto, quando non riesco a vedere alcun futuro. Mi sta davanti, mi sta dietro, mi sta dentro. Tutta la mia vita è Gesù.
Gesù poi mi attrae perché come nessun altro mi porta fuori di me, insegnandomi a perdonare, a donare, a condividere. Mi dice che il mio vicino è mio fratello perché è figlio dello stesso Padre, mi dice che nulla nella vita vale quanto l’amore, mi dice che l’amore è dare la vita per i propri amici, e Lui mi dà l’esempio per primo. Nello stare assieme ai miei fratelli, quando diciamo Padre nostro, siamo una sola cosa, una sola persona, la persona del Suo Figlio Gesù, e così sperimentiamo l’estasi, la verità dell’estasi.
Sabato sera tra l’oceano di folla del Modena Park c’erano molti cartelloni. Uno diceva: “Tu prega il tuo Dio che io prego Vasco”. Per me non c’è contraddizione tra Gesù e Vasco, non devo preferire l’uno all’altro, non devo spegnere l’uno quando ascolto l’altro. Perché in fondo sia Vasco sia Gesù parlano alla stessa persona: a me. Ed è per questo che, in fondo, Vasco è come Gesù.
Luca Brenna è nato a Como nel 1970. Ha tre sorelle e ha fatto il liceo al Giovio. È entrato a far parte dell’Opus Dei da ragazzo. Ha vissuto a Firenze dal 1991 al 1999, dove si è laureato in Architettura e ha lavorato come architetto prima di trasferirsi a Roma nel 1999 per gli studi preparatori al sacerdozio. È stato ordinato sacerdote nel 2004 da Mons. Javier Echevarria, esercitando il ministero sacerdotale a Roma prevalentemente nell’ambito della pastorale giovanile. Ha la passione per le caricature, i funghi, la pesca e la montagna.