Blog / Lettere | 05 Giugno 2017

Le Lettere di Silvia Fabiola – Sapore di sale, sapore di mare

Ci sono notizie e notizie, di questo riflettevo in questi giorni chiacchierando tra Silvia e Fabiola . Silvia diceva che la vita è una cosa meravigliosa,  lo diceva mentre sniffava i fiori assieme alla polvere alzata dai cani che si divertono a maciullare la terra con tutti i semi,polvere  che comunque ha un odore strano, evoca morti seppelliti e calli di contadini, nascite improvvise di piante inaspettate e discariche di feci di tutti i tipi.  L’alba rende  le riflessioni dalle maniere troppo arroganti,  sono ancora mescolate ai sogni e le idee nascono e muoiono nel giro di pochi minuti esattamente come le luci del cielo  che lottano per prevalere sulla notte. Da bambina ogni tanto sentivo dei cori strani provenire da est all’alba. Non ho mai capito cosa fossero esattamente, ma mi piacevano.  A volte provenivano da nord ma di questi cori ne conoscevo l’origine, sono i tremori dell’Etna che fanno rotolare i sassolini sui tetti rubando la scena ai gatti in amore.
Quella parte di me si meraviglia ogni giorno pur guardando tutto dalla stessa prospettiva,  gli alberi, le case,  le stelle, le cose scontate che vedo e che le pupille immagazzinano ed elaborano assieme al cuore.
L’altra parte, Fabiola,  è quella che fischietta per strada mentre va al bar a prendere un caffè e  si rulla una sigaretta davanti ad un giornale. Il giornale cartaceo ha sempre il suo fascino, specie all’alba. Sa di città che si sveglia sotto una coltre d’inchiostro, di lavoro notturno,  di  ultime considerazioni prima di mollare l’articolo definitivamente che andrà per la sua strada.
E così leggo di altre prospettive che non hanno lo stesso sapore delle mie, che non odorano di terra e fiori , cacca di cani e piccioni, nè di vermi e calli.  Prospettive che hanno  occhi diversi dai miei certo, per fortuna o per disgrazia a seconda della prospettiva di chi vive,  e di chi legge di chi vive. O muore. O vive morendo e muore vivendo. Sanno di creme solari e tette al vento, di canzoni allegre  e balletti diretti da un animatore che insegna il divertimento a grappolo e rende tutti felici seppellendo sapientemente  il rumore  dei morti ed i cori dei vivi che si meravigliano anche loro di qualcosa. Di esser vivi generalmente. Come i due fratellini vivi di tre e quattro anni che hanno visto morire la mamma inghiottita dal mare  qualche giorno fa, e che piangevano in braccio ai soccorritori   tra  l’indifferenza dei trentatre morti e della folla di vivi stordita dello stordimento di chi si è appena svegliato da un incubo. Tra i vivi si distinguevano le nazionalità a seconda del colore della pelle, e dai piedi. Quelli con le scarpe erano più chiari  mentre quelli senza scarpe avevano la pelle scura.
Preferisco il quotidiano cartaceo io,  che a volte  sa di giornalista  in lacrime mentre scrive e di caffè e sigaretta di chi legge  , anelli di fumo e aria tiepida che agita i fogli. E  di silenzio.
Poi, son tornata a casa ed ho acceso il pc. Tra le varie notizie di cani randagi, leggi elettorali, imbrogli e sbrogli, vincite di partite ed incendi di cassonetti ho scorto la stessa notizia che avevo letto al bar ma scritta come si scrive su un pezzo di  marmo. Sotto qualcuno aveva commentato  “rimandateli indietro, non è merce nostra”.