Blog / Rocco Buttiglione | 31 Marzo 2017

Le Lettere di Rocco Buttiglione – Cosa mi avrebbe detto don Giussani se avessi avuto un amico omosessuale?

Rocco Buttiglione, che ha davvero conosciuto da vicino, don Giussani, si chiede: come avrebbe reagito don Giussani se gli avessi detto che stavo diventando amico di un omosessuale?

Caro don Mauro,
Grazie per l’incoraggiamento a scrivere sul tuo blog. Vorrei condividere con te alcune riflessioni che nascono da questa esperienza.
Fin dall’inizio io mi sono domandato: come avrebbe reagito don Giussani se gli avessi detto che stavo diventando amico di un omosessuale? Credo mi avrebbe incoraggiato ad invitarlo ad entrare nella amicizia della comunità cristiana partecipando ai suoi momenti di vita, formali ed informali.
Il cristianesimo non è prima di tutto una dottrina ma un fatto, una energia che cambia la vita. Questa energia che cambia la vita si manifesta in una comunità, anche piccola, in cui la vita è più umana perché Cristo è presente in mezzo a noi. La vita della comunità è aperta a tutti. Nella comunità si fa l’esperienza del fatto che tu sei importante ed interessante, la tua vita non è banale ma preziosa. Qualcuno prende a cuore la tua vita più di quanto lo faccia tu stesso. In una parola: tu sei amato. Il motto di Giussani era: vieni e vedi. Non c’è nessuna condizione preliminare a questo invito. Tutti sono invitati alla festa delle nozze dell’Agnello. Che tu sia omosessuale o eterosessuale è del tutto irrilevante.
La comunità però ti invita a metterti in cammino. Tu hai un destino, una vocazione che scoprirai nella sequela di Cristo. Seguire significa mettersi in gioco, accettare di cambiare radicalmente la tua vita. Sei chiamato ad una conversione, ad un cambiamento di mentalità, a diventare un uomo nuovo. Gli invitati alle nozze devono svestire l’uomo vecchio e vestire l’uomo nuovo. In questo passaggio c’è la croce. Il cammino della fede e della vita inizia con una accoglienza incondizionata ma continua con la richiesta del cambiamento usque ad mortem, mortem aut crucis.
Tutto questo prescinde totalmente dal fatto di essere omosessuale o eterosessuale. Ciascuno è chiamato a mettere in gioco tutto se stesso e naturalmente anche la sua sessualità, che è una parte così importante della nostra vita.
L’avvenimento della fede porta in se stesso anche una dottrina ed una dottrina morale.
Un omosessuale spesso ha fatto l’esperienza del rifiuto ed afferma il proprio diritto ad essere rispettato in quello che è. È colpito dal l’accoglienza ma fa fatica ( come tutti del resto) davanti alla prospettiva della conversione. Tuttavia chi ti dice che vai bene così come sei e non hai bisogno di conversione non è un amico vero. È essenziale in ogni uomo la formazione di una coscienza penitenziale, la visione della sproporzione fra quello che siamo e quello a cui siamo chiamati per grazia. Il nostro peccato non scompare come per un incantesimo. Spesso ci accompagna per tutta la vita. Esso però non ci definisce più, non ha l’ultima parola su di noi. Noi apparteniamo non al nostro peccato ma a Cristo ed a Lui torniamo dopo ogni caduta ed ogni infedeltà, non dimenticando mai che solo Dio conosce fino in fondo quale sia il nostro livello di responsabilità per le cose sbagliate che facciamo. I Pubblicani e le prostitute ci precederanno nel Regno dei Cieli, a meno che naturalmente anche noi non riconosciamo di essere prostitute e pubblicani.
Gli omosessuali hanno spesso una storia di dolori e delle piaghe aperte che si possono toccare solo con grande delicatezza. Occorre prima di tutto vivere con loro l’esperienza della amicizia cristiana in cui la prima cosa non è essere omosessuali ma essere persone umane. Solo dentro un rapporto forte di fiducia possono parlare non della omosessualità in generale ma della loro omosessualità che è poi infine l’unica che veramente importa.
Se si è interpellati sulla dottrina della Chiesa credo si debba rispondere con brevità, chiarezza e sincerità. Se non si è interpellati credo bisogni attendere il tempo opportuno, il kairos. In ogni caso non si deve brandire la dottrina come un bastone per offendere piuttosto che come una medicina per risanare. Bisogna dire la verità con carità. Ambedue
( verità è carità) sono egualmente essenziali.
È lo Spirito di Dio che genera la conversione del cuore. Il compito dell’amico vero è quello di cooperare con lo Spirito.
Per la singola persona conta poco, in realtà, il discorso in generale sulla omosessualità. Conta molto di più la sua individuale storia di vita in cui è inserita la sua unica ed irripetibile omosessualità.
Altra cosa è il discorso pubblico, filosofico, teologico e politico sulla omosessualità. Qui è necessario rendere ragione in termini oggettivi della ragionevolezza della dottrina cattolica sulla omosessualità.
Ho voluto scriverti queste cose prima di tutto nel dialogo fra noi due. Giudica tu se sia bene pubblicarle sul blog e come.
Colgo l’occasione per farti i migliori auguri per la Pasqua che viene
Rocco Buttiglione