Le lettere di Sandokan – Pecore
E’ tutto un pullulare di linee guida a questo mondo, che ti spiegano cosa devi fare se non vuoi sbagliare. Pure su questo blog, ogni due giorni, salta fuori una linea guida sulla Amoris Laetitia che interpreta, indirizza, spiega. Non è che dicano tutte la stessa cosa, ma non è importante: c’è maggiore libertà. La libertà consiste essenzialmente nel fatto che il ‘pastore’ polacco ha la sua linea guida mentre il ‘pastore’ maltese ce ne ha un’altra. In questo c’è discontinuità, perché ognuno ha la linea guida che si merita.
C’è sempre il rischio che due linee guida si contraddicano, ma non è questo il punto, spiegano fonti autorevoli che preferiscono rimanere anonime (ma pretendono di essere riconosciute autorevoli lo stesso). Si avvierà un processo – si è già avviato, mi pare, perché ognuno comincia a parlar male della linea guida dell’altro, sostenendo le proprie ragioni – che col tempo farà nascere la ‘linea guida finale’, una specie di uomo nuovo, però di carta e quindi, certamente, immortale. Perché la carta non può morire, può solo marcire. Sì, lo so, marcire è un po’ morire. Ma siamo nel terzo millennio: la puoi sempre digitalizzare e inserire il file in un processo di backup.
Col tempo – inesorabilmente perché la verità è una – tutte le linee guida del mondo si convertiranno e saremo felici, perché la conversione degli uomini a quel punto diventerà una passeggiata.
Nel frattempo, in attesa che si manifesti la linea guida finale per i pastori, il nostro piccolo mondo si orienta sempre più verso la pratica della pastorizia, almeno se bisogna dar credito a quanto afferma Coldiretti: 200 mila pecore in più in soli 5 anni. In Italia ad oggi abbiamo un patrimonio di pecore di 7 milioni e 200 mila capi e molti giovani “hanno deciso di fare del pascolo e della produzione di formaggio pecorino o di latte di qualità il loro lavoro”.
Daniela Pasinetti per esempio, era una ex fotomodella e ha iniziato a portare le greggi al pascolo assieme al suo fidanzato, Davide Bortoluzzi, che da un anno è suo marito. Ma perché, uno si chiede, perché a una come lei piace fare il pastore. Lo racconta lei stessa in un articolo pubblicato qualche mese fa sul Corriere della Sera: «andavamo in giro con le pecore, sempre fuori, facendo transumanza dalla pianura alla montagna. Adoriamo stare in libertà il più possibile, amiamo la natura, vedere gli animali liberi».
Un prete, voglio dire, è “pastore”, almeno così si dice prendendo a prestito le parole di Gesù. Però certo non è che il prete medio dia l’impressione di essersi fatto prete perché adora stare in libertà – sempre fuori – o perché ama la natura e ama vedere le sue pecore girare liberamente. Ma forse è un pensiero applicabile ai soli preti che conosco io, che mi sembrano vivere in attesa delle linee guida su qualunque cosa. Ci sono anche preti ‘diversi’, non dico di no, ma anche molti tra questi danno l’impressione, almeno a me, di voler sostituire la linea guida corrente con una migliore, perché senza linee guida manca l’aria pure a loro.
Certo, vista così, come la vedono Daniela e Davide, la pastorizia è una attività più attraente, diciamoci la verità. Il sogno di ogni adolescente. Il sogno di Holden che, quando sua sorella gli chiede che lavoro vorrebbe fare nella vita risponde che gli piacerebbe fare “il cacciatore nella segale” di ragazzi che giocano all’aperto – è questo il titolo originale del suo romanzo, “The catcher in the rye” – e così le spiega il suo sogno:
«Mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia».
Sono cose di adolescenti, lo so, perché poi per fare il pastore qualcosa sulle pecore bisogna sapere: bisogna studiare, bisogna faticare, bisogna sacrificarsi. E però nel sogno gli adolescenti sono migliori, mentre per i grandi è tutto studio, fatica, sacrificio. Certo, gli adolescenti non sono responsabili di nulla e finiscono, i più, per illudersi e perdersi. I grandi invece si affidano alle linee guida, perché si sentono responsabili facendo così.