L’Huffington Post- Mi vivi dentro. La lettera che Alessandro Milan ha scritto alla moglie Wondy
“La mia amata Francesca ci ha lasciati e ci saluta da un luogo speciale, il Paradiso”. Così Alessandro Milan, giornalista di Radio 24, annuncia la morte della moglie Francesca Del Rosso, affetta da anni da un tumore.
Ci sono notizie di morti in guerra. Vanno a numeri, a cifre di due, di tre di quattro. Sono morti da cronaca estera per noi. Ci sono notizie di morti in attentati: vanno a numeri da confermare perché in un attentato si sa il quando e il dove ma il quanto è lasciato alle ore successive, ai giorni successivi, perché un attentato colpisce in luoghi di preghiera, di festa, di lavoro, di vita normale, dove i riflettori non sono accesi e non sono accesi proprio perché erano luoghi feriali, non da palcoscenico. Prima dei kamikaze erano luoghi di pace e non teatri di guerra.
Ci sono notizie di morti in disastri naturali. Quelli vanno a numeri di migliaia in migliaia. Lasciano addolorati quanto stupefatti perché noi, qui in occidente, la natura ce l’aspettiamo sempre addomesticata, sotto controllo.
Poi ci sono notizie come questa di Francesca del Rosso, notizie che sono da “uno”. Un morto, un decesso, una morte familiare. La morte di una moglie amatissima, una compagna speciale, una madre amatissima e speciale ancor di più. Questa notizia parla di una morte temuta più che attesa perché oggi, con la diagnosi precoce, spesso il tumore non è più un nemico invincibile.
A volte però lo è e Francesca è una di queste “volte”. Non la conoscevo e quindi il mio riferirmi a lei con il solo nome è un piccolo eccesso di confidenza ma la lettera che il marito le ha scritto dopo aver combattuto con lei il suo male mi fa sentire questa donna molto vicina, davvero una sorella. È una di quelle persone che mi avrebbe fatto piacere conoscere per bene.
Wondy la chiamavano per il coraggio da Wonder Woman vissuto nel combattere il cancro. Sembrerebbe una battaglia persa ma nella lunghissima, profonda e intensa lettera del marito, lettera che andrebbe copia-incollata tutta intera, c’è una frase, l’ultima, che dice che questa coppia la battaglia l’ha vinta: “Mi vivi dentro”.
Credo che non ci sia dichiarazione d’amore, e quindi di vita, più vittoriosa di questa: “Mi vivi dentro”. Gli indiani si salutano unendo le mani al petto e si dicono reciprocamente “namastè”: saluto la divinità che è in te. Noi cristiani chiamiamo il nostro corpo, la nostra completa umanità, tempio dello Spirito Santo. È il nostro: “Mi vivi dentro”.
“Mi vivi dentro” è la dichiarazione che vorrei che molti dicessero alla mia morte. Sono parole di vittoria, di riconoscimento, di rispetto, di amore, di fede. Di tutto quello che di meglio l’uomo, e un uomo e una donna assieme, possono essere nella vita.
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