Articoli / Blog | 08 Novembre 2016

FaroDiRoma – Sia con Hillary che con Trump, il cristiano ha vinto in ogni caso

In America si vota e vedo siti, blog e quotidiani cattolici fasciarsi la testa e piangere. Un titolo che riassume bene tutti gli altri dice “Chiunque vinca, noi cristiani abbiamo già perso”. E parte l’elenco dei valori non rispettati dalla Clinton o delle volgari bassezze di Trump. Quest’impostazione non mi piace. Non mi piace per nulla. È come se un genitore cattolico, vedendo la figlia indecisa se sposare un musulmano o un buddista, si mettesse le mani nei capelli e mormorasse tra sé e sé seduto all’angolo: comunque andrà, sarà un disastro.
Comunque andrà, mi verrebbe da dirgli, tua figlia ha deciso di vivere un progetto d’amore con un uomo, di donare del bene, insomma tua figlia sta facendo una cosa bella: guarda al bene che tua figlia vuole fare e accompagnala in questo bene. Costruisci con lei il bene che lei ha nel cuore, un bene in parte diverso dal tuo, ma, se è bene, in parte sarà anche uguale o simile. Guarda in primo luogo a ciò che avete in comune e non a ciò che vi divide e vedrai che le vostre strade si incroceranno.
Ripeterei, in pratica, quello che Papa Francesco disse il 22 maggio 2013 a Santa Marta: «Tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene. E questo comandamento di fare il bene tutti, credo che sia una bella strada verso la pace. Se noi, ciascuno per la sua parte, facciamo il bene agli altri, ci incontriamo là, facendo il bene. “Ma io non credo, padre, io sono ateo!” Ma fai il bene: ci incontriamo là». È questa logica che gli permise di essere amico di Marco Pannella, di essere amico di Eugenio Scalfari, di proclamare grandi d’Italia Emma Bonino e Giorgio Napolitano.
Le elezioni americane ci pongono davanti a un bene, anzi a tanti beni. E questi beni sono in primo luogo che un popolo, pacificamente e liberamente, si autodetermina verso una direzione. Questa manifestazione di libertà – condizionata e imperfetta quanto si vuole – è un bene grande. È una realtà di democrazia buona che ci viene incontro e dalla quale abbiamo da imparare. E potrei trovare altri beni nei programmi elettorali dei due candidati. Non solo beni, naturalmente, ci sono anche i mali: però i beni ci sono. E quello che sto facendo non è un discorso al ribasso, non è scendere a compromessi. Anzi forse è salire: è salire a una visione cristiana. Ma che i cristiani hanno vinto il mondo è una metafora o è la nostra storia? Perché se è la nostra storia allora in America vinciamo perché il nostro podio non è la Casa Bianca ma il mondo intorno e dentro la Casa Bianca. Un cristiano è come Cristo. È Lui sia al Tempio di Gerusalemme che in Galilea. La mia non è strategia. O forse è la strategia di chi sa che il Regno è Lui. Se una figlia è incerta se sposare un musulmano o un buddista un genitore cattolico non vince se convince la figlia a cambiare amore o se converte al cattolicesimo i futuri generi così come non perde se si fa “espugnare” una casa che “era” cattolica. C’è solo una vittoria, che è quella di fare famiglia. Noi cristiani dobbiamo fare la storia e la storia si fa con chi c’è. In famiglia vincere non vuol dire dare medaglie e accumulare vittorie ma vincere significa rimanere uniti e nella realtà.

Tratto da FaroDiRoma
(per problemi tecnici, anticipiamo l’uscita rispetto al quotidiano online)