Blog / Don Sergio Fumagalli | 04 Novembre 2016

Le Lettere di don Sergio – Natura e contro-natura

Sergio Fumagalli ha chiesto al blog che fosse mantenuto il titolo da lui proposto

Le osservazioni critiche che ha rivolto don Mauro al mio articolo precedente, mi offrono l’occasione per approfondire un argomento che non avrei potuto trattare in poche righe di risposta immediata. Sono grato a lui e a tutti coloro che, nel criticare, lo fanno con il desiderio di migliorare la comprensione di una questione dibattuta. Mi scuso per la lunghezza di questo articolo, un po’ superiore all’abituale.
La ragione, applicata in ambito scientifico-tecnologico, ai nostri giorni riscuote evidenti successi; spesso però ci si ferma a considerarne la validità solo per una visione ristretta del cosiddetto metodo sperimentale, mentre la ragionevolezza dell’attività scientifica comprende anche i caratteri di universalità, di condivisione, di collaborazione, di partecipazione a progetti comuni, ecc …
Anche la cultura umanistica contemporanea ha bisogno di riscoprire le capacità della ragione. La filosofia moderna è diventata la nuova Babele, regno del relativismo e dello scetticismo, dove ogni filosofo parla la sua lingua, talvolta fa sfoggio di erudizione, si accontenta di avere un suo pubblico compiacente, ricerca l’originalità per avere momenti di fama, considera la sua attività non come avventura fatta con altri, ma come competizione agonistica nella quale se vinco io, perdi tu.
Credo che, anche a partire dal basso, in un ambito poco più che familiare, si debba recuperare il gusto per l’uso corretto della ragione per poter realizzare un confronto costruttivo: bisogna avere la pazienza di tornare a parlarsi e avere fiducia che, se c’è autentico desiderio di verità, si può arrivare ad intendersi. Tra l’altro questo era uno degli incoraggiamenti indicati alla nostra cultura da San Giovanni Paolo II nell’enciclica “Fides et Ratio”.
Passando dalla cerchia familiare all’ambito pubblico, un ruolo fondamentale è svolto dai mezzi di comunicazione. E’ vero che molti di questi, per sopravvivere, hanno bisogno di adeguarsi alle logiche del mercato e per questo richiedono che i loro prodotti siano attraenti: talvolta certe forme di ragionamento, anche se corrette, mancano di attrattiva e di facile comprensibilità. Però ci sono anche argomenti difficili che richiedono pazienza ed applicazione, mentre il mercato spesso vuole spettacolo immediato e superficialità, quando non ricerchi proprio la spettacolarità di una dialettica volgare e inconcludente. Riguardo poi al problema della manipolazione dei mezzi di comunicazione, mi basta ricordare di non essere ingenui nel pensare che non ci siano mai.
Fatte queste premesse, mi propongo di dare qualche precisazione su uno dei concetti filosofici che negli ultimi decenni è stato oggetto di molti malintesi, quello di “natura”; malintesi che hanno riguardato sia il significato di diritto (o morale) naturale, sia il significato di peccato contro-natura.
Il problema comincia già per il fatto che il termine “natura” ed il suo aggettivo “naturale” hanno moltissimi significati, che, cambiando di contesto, possono anche diventare opposti. Ne elenco alcuni:
Natura: nascita, principio generante, principio intrinseco di attività, soggetto di mutamento, essenza, inclinazione spontanea, stato pre-sociale, mondo sensibile, carattere individuale dell’essere, temperamento, ecc …;
naturale: appartenente alla natura, originario, istintivo, senza artificio, ingenuo senza doppiezza, che imita la natura, che succede comunemente, che si produce con le sole forze della natura, ecc …
Il senso in cui il termine “natura” è utilizzato in filosofia e teologia, quando si parla di morale naturale, è il senso metafisico: “l’essenza stessa di un ente considerata in quanto principio delle sue operazioni specifiche”. Non comprende tutto ciò che di fatto può succedere a un individuo (ad esempio: in senso metafisico, per l’uomo non è naturale essere cieco, o malato, o sadico, o depresso, anche se evidentemente, con un senso diverso, uno potrebbe dire che queste cose sono naturali, perché possono succedere). Ugualmente la natura (sempre in senso metafisico) non riguarda solo ciò che è sensibile, ma anche ciò che è spirituale, o divino (si parla di natura razionale e natura divina). Quello che, in senso metafisico, è naturale per un uomo è avere un corpo, un’intelligenza, delle potenze, delle passioni, delle capacità comuni a tutti gli uomini.
Per non annoiare ulteriormente, riporto qui sotto una insolita spiegazione della natura relazionale dell’uomo, fatta da un filosofo contemporaneo, con un linguaggio che non è propriamente da educande …
“Basta meditare sul nostro ventre, e anche sul nostro basso ventre, per scoprire la natura relazionale del nostro essere. Se abbasso lo sguardo e scorgo il centro del mio corpo, che cosa vedo? Il mio ombelico. Che cos’è il mio ombelico? E’ il segno che non mi sono fatto da me stesso, ma che vengo da altre persone, delle quali di regola porto il cognome. E se scendessi un po’ più in basso, che cosa scoprirei? Il mio sesso (prendo qui il termine in senso stretto, perché il sesso o almeno i caratteri sessuali non sono soltanto nelle mutande, sono diffusi in tutto il corpo, e in un modo che non è, a dire il vero, organico, perché si tratta dei lineamenti, dei profili: in genere più angolosi, meno dolci nell’uomo che nella donna). Ebbene che cos’è il mio sesso? E’ il segno che io non sono fatto per me stesso, ma che, nella mia carne, tendo, vado verso gli altri. E questo è talmente vero che invece di guardare il mio sesso, guardo le donne; e prima di notare il mio ombelico, ho visto il volto di mia madre, o di mio padre. Questo è talmente vero che queste due parti di me stesso sono meno mie che degli altri, di coloro da cui e per cui sono. Il mio ombelico è lo stigma cavo o bombato di un cordone che non ho più, e che riguarda più i miei genitori, la loro potenza generativa, che non la mia. In quanto al sesso, esso risponde meno alla regola della mia volontà che alle curve di un corpo femminile. Si tende verso di esso e, secondo la bizzarra incurvatura che prende se, nel desiderio, lo lascio in libertà, punta verso il cielo … In breve, il mio ombelico e il mio sesso mi sfuggono. E se uno mi distacca (da mia madre) perché l’altro mi attacchi (a mia moglie), entrambi mi mostrano che sono sempre in mezzo, preceduto da altri nella mia origine, superato da altri nella mia fine”.
Questo brano è tratto da un testo che è molto più ampio ed articolato, ma l’ho proposto, pur nell’incompletezza della spiegazione, perché penso che aiuti ugualmente a cogliere bene come la metafisica parte dall’osservazione, ma poi, attraverso la riflessione, si pone domande di senso, di causa, di fine che abbiano valore universale: non si limita ad una descrizione spettacolare di come funziona il nostro corpo.
Quando la prossima volta concluderemo queste sintetiche considerazioni sul perché gli atti omosessuali siano considerati contro-natura, riporterò anche il nome del filosofo, per chi non l’avesse già riconosciuto.

Don Sergio Fumagalli è nato nel 1957. Laureato in fisica ha insegnato per vent’anni in scuole e licei delle periferie romane. Il 21 maggio 2005 è diventato sacerdote ed ha conseguito il dottorato in filosofia ecclesiastica. Attualmente è vicario nella Parrocchia di San Giovanni Battista in Collatino a Roma. Ha un suo sito

Ricordo che anche per “L’angolo del teologo” vale ciò che vale per ogni Lettera, e cioè che l’autore è l’unico responsabile di quanto ha scritto