
Le Lettere di Stefania Perna – Piccoli ed inutili?
Chi di noi, non ha vissuto in qualche periodo della vita, la sensazione di essere piccolo, diverso dagli altri e per questo stesso motivo, si è sentito inutile?
Credo sia un sentimento che abbia accompagnato tanti adolescenti: ed è infatti alla base dei testi di molte canzoni , forse un po’ decadenti, ma così tanto in sintonia con quella età.
Ed infatti il concetto di utilità, è fortemente legato alla crescita della persona. In qualche modo, cambia dall’adolescenza alla età adulta. Ovviamente si può rimanere adolescenti anche in età adulta…
Per l’adolescente, è molto facile sentirsi inutile e dunque fallito, solo, incompreso: l’adolescenza è infatti una età di passaggio e quindi presenta una commistione di elementi, non si è ancora grandi ma ci si sente tali: non si è più piccoli, ma si è ancor legati in certi momenti ed in certe reazioni, al mondo dell’infanzia.
Chiunque abbia avuto contatto con alunni o con figli adolescenti, avrà notato che non conoscono mezze misure e , tranne qualche eccezione, non hanno assolutamente pazienza e tempo da perdere.
Quindi anche sull’utilità, hanno le idee apparentemente chiare: o una cosa serve, ed è utile e produce risultati nell’immediato… o si butta.
Stesso discorso per le persone: se una è inutile, di sicuro è una fallita. E così via. Crescendo invece si capisce che ci sono cose la cui utilità è…nascosta o lontana nel tempo. Oppure è utile, ma è anche data per scontata, nessuno se ne accorge o la loda. Oppure è utile…come può esserlo una vite piccolissima in un grande ingranaggio, che però sta al suo posto e fa bene il suo “ lavoro”.
Si capisce soprattutto che essere utili è direttamente proporzionale alla volontà di amare per primi, senza cercare applausi o risposte o contraccambi.
E’ il senso della parabola dei servi inutili: inutili non perché non hanno fatto nulla, ma perché hanno saputo fare qualcosa pur sapendo che apparentemente non serve, che nessuno la nota, che è scontata.
Ed inoltre in-utile, è chi non ha un utile, cioè un guadagno: per lo meno, non ha un guadagno immediato, una ricompensa da riscuotere qui e subito. Non a caso nella parabola, si parla di un banchetto in cui i servi saranno serviti…ma non in questa vita: è un guadagno sicuro, ma futuro.
Don Giussani, ad esempio, descrive benissimo il senso di inutilità che lo tormentava da giovane: «Quando io ero in prima liceo, c’è stato un momento di “romanticismo panico”, in cui piangevo sempre, perché mi ero accorto che non sarei mai stato come Raffaello, come Michelangelo, come Beethoven; piangevo, andavo a letto la sera e piangevo, e questo per parecchi giorni. Poi, quello che mi ha “risolto” è stato scoprire che, se facevo bene l’ora di studio e osservavo una regola come espressione di me stesso, se facevo bene la cosa che avevo davanti, fare bene una piccola cosa era un’opera più grande che neanche le sinfonie di Beethoven, perché era un ordine, era una perfezione, era una musica, una poesia. Allora mi sono calmato e non ho pianto più».
Anche i santi hanno provato qualcosa di simile. S Teresa, parla del tormento dei desideri , appunto desiderio di servire a qualcosa, di essere utile, di scegliere la vocazione più utile.
“ Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarvi finalmente una risposta. Aprii le lettere di San Paolo per cercare qualche risposta. Mi caddero sotto gli occhi i capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi.
Nel primo lessi che non tutti possono essere apostoli, profeti, dottori ecc… che la Chiesa è composta da diverse membra e che l’occhio non potrebbe essere al tempo stesso la mano. La risposta era chiara ma non appagava i miei desideri, non mi dava pace.
continuai la lettura e questa frase mi rincuorò: «Cercate con ardore i doni più perfetti; ma io vi mostrerò una via ancora più eccellente».
E l’Apostolo spiega come tutti i doni più perfetti non sono niente senza l’Amore… che la Carità è la via eccellente che conduce sicuramente a Dio. Finalmente avevo trovato il riposo!… considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuno dei membri descritti da San Paolo: o meglio, volevo riconoscermi in tutti! La Carità mi diede la chiave della mia vocazione.
…Capii che solo l’Amore faceva agire le membra della Chiesa: che se l’Amore si dovesse spegnere, gli Apostoli non annuncerebbero più il Vangelo, i Martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue… capii che l’Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l’Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi!… Insomma che è Eterno!… allora.. ho esclamato: O Gesù … la mia vocazione l’ho trovata finalmente! La mia vocazione è l’Amore!… si, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, o mio Dio, sei tu che me l’hai dato: nel Cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l’Amore!”
Stesso entusiastico riconoscimento dell’amore come spiegazione di ogni cosa in san Giovanni Paolo II, e in altri santi: mi viene in mente il punto uno di Cammino ( Che la tua vita non sia una vita sterile. —Sii utile. —Lascia traccia. —Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore ……) che è di sicuro riferito all’utilità “adulta “: quella di chi, ha scoperto che deve” illuminare con la fiamma della fede e dell’amore”. Ora illuminare, è qualcosa che serve agli altri, ed è utile…anche se non sempre la fonte di luce lo sa.
Ed in effetti nel Vangelo, è molto bello il passo in chi Gesù parla di lampada accesa che non va nascosta, ma messa in alto nella casa…perché chi entra trovi la luce. Dunque una utilità…non tanto per chi fa luce…ma per chi entra. Una bella immagine, da portare nella vita di famiglia, ogni volta che qualche figlio ( adolescente) o marito apre la porta di casa!
Tutti siamo utili perché” in ogni caso, dipendiamo da qualcuno o da qualcosa…. il leale riconoscimento di questa verità ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come una virtù indispensabile allo stesso vivere…. Possiamo vivere ciò come una debilitazione del vivere o come una possibilità, come una risorsa per fare i conti con un mondo in cui nessuno può far a meno dell’altro, in cui tutti siamo utili e preziosi per tutti, ciascuno a suo modo( papa Francesco-19 febbraio 2014)
Stefania Perna, laureata in lettere classiche , docente di ruolo e diplomata in pianoforte superiore , ha al suo attivo varie pubblicazioni.
Come critico musicale, ha scritto articoli per molte riviste, curato guide all’ascolto , pubblicato un saggio” La Vestale di Mercadante: approdo romantico di un mito neoclassico” digitalizzato anche nell’università americana di Michigan.
Ha poi conseguito un dottorato sulla letteratura cristiana antica, occupandosi in particolare di s Ambrogio, presso l’università della città in cui vive con il marito e 3 figli.
Come credente, fortemente convinta della necessità di “dare ragione della speranza cristiana”, ha scritto un libro che ha avuto rapida e grande diffusione:“50 preghiere per cercatori di speranza” edizioni Effatà 2013, ha appena pubblicato un secondo libro “Strada facendo: tutti sogni o tutti segni?” Edizioni Cantagalli. Ha inoltre pubblicato a maggio per le edizioni Áncora, il “Diario di Elena” ed ha collaborato con altri autori ad un libro il cui ricavato andrà in beneficenza, dal titolo “Dimmi qualcosa di bello “. Stefania crede molto anche nella possibilità delle amicizie virtuali e della evangelizzazione via web.