
Lettere di Stefania Perna – Soffrire come poveri diavoli?
Il fatto che manchino pochi giorni alla festa e di s Michele e la recente morte di don Gabriele Amorth , circondata da un silenzio( abbastanza generale) dei media e dei giornalisti su tale personaggio, mi hanno spinto a riflettere su due grandi tabù ( anche tra credenti) della nostra epoca: l’esistenza del diavolo e il senso cristiano della sofferenza.
Non so se in un post riesco ad infilare considerazioni su entrambi, per quanto sia molto legati ed interagiscano, comunque ci provo.
Nel tempo dei trionfi della tecnica, pare anacronistico pensare che esistano delle forze maligne che possono dominare l’uomo: non necessariamente trasformandolo in una creatura posseduta( stile film L’esorcista), ma semplicemente rendendolo incapace di fare il bene che vorrebbe.
Del resto, tutti i santi sono stati variamente tormentati da questa entità misteriosa, anche un grande come s Paolo ha potuto dire di vedere nelle sue membra una legge che faceva ostacolo alla legge di Dio e
scrivere quelle sincerissime parole” io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me…io sono di carne, venduto come schiavo del peccato”.
Ma l’uomo non è creatura buona e capace di bene? Forse lo era, ma dopo il peccato originale, la cattiveria è entrata in lui: lo dice Gesù senza mezzi termini: “se voi, che siete cattivi…sapete dare cose buone ai figli…”
Dunque pessimismo sulla natura umana cattiva? No, se si va anche solo all’etimologia: cattivo è captivus, cioè prigioniero, preso, incatenato. L’uomo è prigioniero del male, ma Gesù ha già vinto sul male; è Dio del solo bene! Non esistono due divinità, (una del bene ed una del male), ma un solo Dio, Dio del bene e già vittorioso. Noi invece “già”…ma “non ancora”…ecco perché ci sono ancora male e sofferenza e ci saranno sempre sulla terra.
Quando anche tutti i miglioramenti fossero fatti..si continuerà a morire, si continuerà ad essere poveri ( Gesù dice che i poveri li avremo sempre tra noi) ; forse si può lottare per vincere la povertà materiale, ma comunque esiste una miseria morale che è in ognuno: l’uomo avrà sempre dentro sia la spinta al peccato, sia un desiderio più grande di ogni realizzazione umana.
Nessuna opera umana potrà saziare del tutto la sete che abbiamo dentro, di amore, di bello, di gioia, di durata infinita. Ed allora sempre sofferenza? E le opere buone? Non risolvono nulla?
Le opere dei santi, (a differenza di quelle di chi ha molto buona volontà e filantropia ma non è credente), sono nate tutte nella preghiera del profondo del cuore ed hanno un legame misterioso anche con la
sofferenza. Non solo grandi malattie e tragedie, ma quella piccola sofferenza che ognuno incontra nel quotidiano e consiste, come scrivevo in una lettera precedente, nell’offrire piccole contrarietà, incomprensioni etc…Qualcuno riteneva infantile, chiudersi nella stanza del cuore, per accettare-offrire
tali piccolezze: eppure sono proprio il terreno della santità comune, quella possibile a tutti, anche a chi vive tra lavoro e famiglia, a chi vive nel mondo.
Del resto, lo confermano tutti i santi. “Quante anime senza storia nel mondo, appariranno un giorno ricche di tutte le vittorie contro il male ottenute istante dopo istante! …Noi non abbiamo ancora sofferto quanto i martiri…
Il buon Dio non ci chiede di fare altrettanto….Ma c’è qualcuno che rimane travolto da una sola parola. Una piccola umiliazione fa rovesciare l’imbarcazione… Coraggio, amici miei, coraggio! Quando verrà l’ultimo giorno, direte: “Beate lotte che mi sono valse il Paradiso!”(San Giovanni M. Vianney)
Dato che ho spesso citato la neo-santa, possiamo notare che madre Teresa è chiarissima: “ Cogliete sempre l’opportunità di offrire qualcosa a Gesù…la nostra opera è grande, ma senza penitenza e molto sacrificio sarà impossibile..Mie care figlie, senza la nostra sofferenza, la nostra opera sarebbe una opera sociale molto buona ed utile ma non sarebbe opera di Gesù , non sarebbe parte della redenzione. .. riguardo ai poveri…non solo la loro povertà materiale, ma la loro miseria spirituale deve essere redenta …Redimerli :cioè portare Dio nella loro vita e loro a Dio.”
Queste parole rivelano chiaramente come per i santi, è importante curare il corpo, ma assai
più l’anima, che è eterna e che va aiutata ad incontrare Dio.
Continua madre Teresa: “…ho dato inizio ad un rapporto spirituale con gli ammalati. Ogni sorella ha un alter ego che prega e soffre per lei….. Sono le loro preghiere e le loro sofferenze a benedire il nostro apostolato. Li rende così felici avere qualcuno per cui soffrire, essere missionari della carità anche se sono ciechi,
zoppi, tubercolotici e malati di cancro…spesso quando trovo molto difficile questa mia opera, offro le sofferenze di questi miei figli e constato che l’aiuto arriva immediatamente…”
Ad una sua “alter ego” scrive: “Mia cara figlia, perché preoccuparsi se sia tubercolosi o no? Tu sei Sua e questo è il Suo dono a te Sua sposa. Non è stata forse ( madre Teresa) ad insegnarti a dire per la professione” voglio diventare la sposa di Gesù crocifisso? “Non Gesù glorioso, o nel presepe, ma sulla croce, solo, nudo, sanguinante… Tu sei ancora solo una bambina e la vita è bella, ma la via che Lui ha scelto per te è la vera via, quindi sorridi, sorridi a tutti…che guardino e vedano solo Gesù…
La gioia di amare Gesù proviene dalla gioia di condividere le sue sofferenze, quindi non lasciatevi turbare o
angosciare ma credete nella gioia della risurrezione. In tutte le nostre vite come nella vita di Gesù, la risurrezione deve arrivare, la gioia della Pasqua, deve sorgere.”
Ecco, i santi hanno capito la nostra religione ha una parola per i momenti lieti, ma anche per quelli tristi: con Dio mai nulla è solo male, solo sofferenza, solo spreco.
Tutto coopera al bene, per quelli che credono.
Anche davanti ai drammi, i cristiani sono infatti” tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.”.etc…dice s . Paolo; perché hanno il cuore ancorato in Dio e non solo nelle cose terrene.
Se invece, dice sempre s Paolo “abbiamo sperato in Dio solo per questa vita, siamo da compatire più di tutti gli altri”.
Stefania Perna, laureata in lettere classiche , docente di ruolo e diplomata in pianoforte superiore , ha al suo attivo varie pubblicazioni.
Come critico musicale, ha scritto articoli per molte riviste, curato guide all’ascolto , pubblicato un saggio” La Vestale di Mercadante: approdo romantico di un mito neoclassico” digitalizzato anche nell’università americana di Michigan.
Ha poi conseguito un dottorato sulla letteratura cristiana antica, occupandosi in particolare di s Ambrogio, presso l’università della città in cui vive con il marito e 3 figli.
Come credente, fortemente convinta della necessità di “dare ragione della speranza cristiana”, ha scritto un libro che ha avuto rapida e grande diffusione:“50 preghiere per cercatori di speranza” edizioni Effatà 2013, ha appena pubblicato un secondo libro “Strada facendo: tutti sogni o tutti segni?” Edizioni Cantagalli. Ha inoltre pubblicato a maggio per le edizioni Áncora, il “Diario di Elena” ed ha collaborato con altri autori ad un libro il cui ricavato andrà in beneficenza, dal titolo “Dimmi qualcosa di bello “. Stefania crede molto anche nella possibilità delle amicizie virtuali e della evangelizzazione via web.