Blog / Un Cireneo | 24 Settembre 2016

Le Lettere di Un Cireneo – Le “Grazie” della (in)fertilità

Così ancelle d’Amore
a te d’intorno volano
invidïate l’Ore.
Meste le Grazie mirino
chi la “fertilità” fugace
ti membra, e il giorno dell’eterna pace.

Parafrasando l’ode “All’amica risanata” del poeta di Zante, le ”Grazie” contemporanee che hanno scagliato le loro frecce su chi ha ricordato che la fertilità non è eterna, hanno assunto le vesti di giornalisti importanti: a titolo d’esempio, Andra Scalzi che, dalle pagine de Il Fatto Quotidiano, ha utilizzato aggettivi quali osceno, bigotto, razzista, sessista, immorale, oscurantista, autentico abominio; Enrico Mentana che ha definito gli opuscoli ministeriali “da Tribunale di Norimberga della pubblicità progresso”. Cosa diversa dai tanti giovani e meno giovani invece che, in piazze a dire il vero non troppo affollate, scagliavano opportune frecce al Governo e al Parlamento, reclamando più attenzione al welfare e alle opportunità di lavoro. Don Mauro, nel suo articolo , che ho letto dopo aver scritto la mia riflessione, dà giusta voce proprio a queste persone.

Mi sembra che le moderne “Grazie” non abbiano mirato, o non pienamente, alla sostanza del fenomeno. È opportuno distinguere infatti il contenuto della comunicazione dalla forma della stessa.

È indiscutibile che la forma scelta del Ministero non sia stata ottimale, data la sensibilità odierna. A cominciare dalla scelta del termine inglese. Tutto ciò che è umano non è mai esente da errori ed è sempre perfettibile. Tuttavia, la personale sensazione è che il problema non sia stato, tanto e solo, nel modo in cui sia stato veicolato il messaggio, quanto il messaggio stesso. E che in ambito mediatico si siano utilizzati i problemi di forma per porre in secondo piano la sostanza (nell’ipotesi in cui forma e sostanza siano separabili). Si è criticata, ad esempio, la scelta di una persona di colore nella parte “negativa” del secondo messaggio ma, immagino, se si fosse scelta una persona asiatica, o calva, o ipovedente, o obesa, se si fosse inquadrata una persona che indossasse pantaloni alla zuava, sarebbe probabilmente insorto il “comitato di difesa dei pantaloni alla zuava” che avrebbe gridato al razzismo.

Mi domando, poi, perché si accetti a livello sociale che le sigarette portino stampate a grandi lettere l’indicazione che fumare provoca il cancro – e si noti che lo Stato è monopolista nella vendite – e si tolleri che le persone care fumino, anche vicino a non fumatori, o le pubblicità, crude, legate agli effetti dell’alta velocità in macchina ma si critichi “il contorno” del messaggio sulla fertilità.

Andiamo dunque alla sostanza.

L’allarme lanciato dal Ministero ha un suo fondamento?

È possibile discutere del merito della questione?

Il tasso di fertilità (fertility rate) è definito come il numero medio di figli per donna (calcolato come rapporto tra i nati vivi ed il totale delle donne residenti in età feconda in un dato anno, moltiplicato per mille) ed è sovrapponibile, pur non essendo la stessa cosa, al tasso di natalità (birth rate) che misura il rapporto tra il numero delle nascite ed il totale della popolazione (uomini e donne).

Le statistiche sono numerose. Tutti i dati indicano che l’Italia abbia uno dei tassi di fertilità (e natalità) più bassi al mondo (1.43, pari o molto vicino al tasso di Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Grecia, Giappone). In tutti i Paesi occidentali, inclusi i “paradisi del welfare” del Nord Europa, il tasso di fertilità è inferiore al tasso di sostituzione (replacement rate) ovvero quel tasso che tiene costante la popolazione (neo-nati =defunti). La popolazione europea autoctona si sta riducendo.

Se il problema esiste, perché si è preferito guardare il dito e non il punto del cielo a cui punta il dito?

Senza alcuna pretesa di esaustività o correttezza, individuo i seguenti quattro possibili fattori che possono contribuire a spiegare le cause del fenomeno e la reazione:

1. Assistenziale
2. Culturale/Ideologico
3. Egoistico/Altruistico
4. Mercantilista

Il primo movente, assistenziale, è quello illustrato prevalentemente nelle piazze e ben descritto, a mio avviso, anche dalla conduttrice per Al Jazeera English, Barbara Serra, sull’Huffington Post. Alto tasso di disoccupazione femminile, lavoro precario, insufficienza degli asili nido, discriminazione verso le donne in età riproduttiva sono gli elementi che causano questo basso tasso di fertilità. Lo Stato è co-responsabile se non, forse, il principale responsabile di queste situazioni patologiche.

Molti di questi argomenti stono tristemente concreti e reali, specialmente in Italia. Un recente studio (2016) ha evidenziato che l’elevata disoccupazione (soprattutto maschile) nelle regioni del Nord e del Centro Italia contribuisce a spiegare una parte del basso tasso di fertilità.

Nei Paesi Europei con sistemi di assistenza (welfare) migliori del nostro (Nord Europa) il tasso di fertilità è più alto (1.8) ma anche in quei Paesi è in corso un rapido declino. In altri termini gli studi, pur con risultati non univoci, indicano un impatto positivo sulla fertilità associato alla presenza di un mercato del lavoro “amico” della donna e di aiuti ai figli che può spiegare la differenza tra Paesi ma non perché il tasso di fertilità stia complessivamente declinando.

Di più. Il tasso di crescita della popolazione mondiale si è ridotto, dal 2.0% all’1.5% e gli esperti prevedono che continuerà a diminuire; la disaggregazione per macro-aree continentali e per ricchezza pro-capite dei cittadini, mostra che l’Europa è all’ultimo posto nel mondo.

I dati scientifici indicano inoltre che il reddito (pro-capite) non sia particolarmente rilevante (sebbene durante le recessioni si osservi un declino del tasso di fertilità) ma conti molto di più la disuguaglianza del reddito, ovvero la forbice tra poverissimi e ricchissimi che è esplosa negli ultimi trenta anni. Nei Paesi con elevata disuguaglianza, come l’Italia, il tasso di fertilità tende ad essere più basso.

Dunque, il primo movente ha un suo fondamento ma non è in grado di spiegare esaustivamente il fenomeno. Mi sembra che abbiano, almeno parzialmente ragione, coloro che hanno chiesto una maggiore tutela ed assistenza da parte dello Stato.

Il secondo movente è duplice. Da una parte vi è stato un cambiamento culturale rilevante rispetto al passato. Oggi, la donna, oltre ad aver studiato come e più degli uomini, non è più socialmente né economicamente dipendente dal marito ed ha modificato il proprio stile di vita. Da una parte, studi basati su dati statunitensi mostrano che la più elevata istruzione femminile spiega in parte la riduzione del tasso di fertilità (anche se una variabile chiave continua ad essere rappresentata, per gli Stati Uniti, dalle tradizioni culturali dell’etnia di appartenenza); dall’altra può decidere di rimanere single senza che questo generi disapprovazione sociale.

Forse, la reazione di alcune donne si può spiegare con la percezione di una minaccia di tornare ai passati stili di vita, in cui la donna era “l’angelo del focolare” che attendeva il marito, contorniata da nugoli di figli.

Accanto a questo movente può coesistere quello ideologico di alcuni settori, in particolare del mondo femminile. I movimenti femministi che hanno rivendicato la completa autonomia e libertà sessuale della donna mal sopporterebbero campagne che potrebbero indurre la donna ad essere “meno libera”, che considerano “indebitamente” invasive di spazi considerati ormai unicamente personali. Oltre alla constatazione che il problema riguarda anche l’uomo, la campagna ministeriale mirava a porre un problema e non si trattava, ovviamene e per fortuna, di una legge che obbligasse le donne ad avere figli. Perché non discuterne?

Il terzo movente è di tipo egoistico. Con il cambiamento della cultura e dello stile di vita, le persone preferiscono affermare prima se stesse, certamente nel lavoro, senza avere fretta di relazioni impegnative né di figli. Se una volta andava bene mangiare pane e olive la domenica pur di offrire opportunità ai figli, adesso si preferisce spendere il reddito, magari scarso ed incerto, per se stessi, per soddisfare propri bisogni e desideri. Questa tendenza sembra essere molto forte nei giovani: diversi studi svolti in Europa indicano che i giovani sono diventati più egoisti, individualisti, edonistici e avidi, tanto da parlare di selfish generation.

D’altra parte, il costo del sostentamento dei figli è aumentato. In particolare, è aumentato il rendimento monetario dell’istruzione (l’aspettativa di reddito legato al percorso di studio) e le famiglie preferiscono investire di più sui figli, offrendo più opportunità a pochi figli che scarse opportunità a molti.

Il quarto movente è di natura mercantilista. Il mercato può avere il suo interesse affinché la donna non procrei troppo presto. Infatti, nel caso in cui la donna avverta o assecondi il desiderio di maternità in età più avanzata, dopo i quaranta, il mercato supplisce alle eventuali difficoltà procreative. Con cifre variabili dalle poche migliaia di Euro fino a circa 10 mila Euro, vi sono le tecniche di fecondazione assistita omologa o eterologa. Con 30-40 mila Euro, si può procedere ad adozioni internazionali. Infine, ed è l’ultima frontiera al momento, con circa 100 mila Euro si può ricorrere alla surrogazione: seme dell’uomo, ovulo di una donna, grembo di un’altra donna. Se poi il figlio non dovesse risultare sano, il mercato offre cliniche specializzate in cui abortire. Basta pagare.

E il mercato difende accanitamente le sue possibilità di profitto.

Il polverone mediatico non aiuta ad uscire dall’ambito individuale, dalle reazioni istintive, per prendere coscienza della gravità del fenomeno a livello sociale i cui effetti sono molteplici:

Economico: difficoltà nel sostenere il sistema di welfare, possibile crisi nel mercato del lavoro, riduzione della produzione e delle entrate dello Stato. Altre analisi evidenziano che la crescita della produttività connessa con l’automazione e l’uso dei robot (III rivoluzione industriale) può mitigare il fenomeno.
Culturale: una società che invecchia è una società destinata a morire con la sua storia, cultura, tradizioni. Con l’esplosione del fenomeno migratorio, giungono nuove persone da Paesi che hanno tassi di fertilità elevatissimi. Tuttavia, incontrano forti difficoltà di integrazione (non legate unicamente al Paese che accoglie) che permangono anche nelle successive generazioni.
Qualità del capitale umano: minore probabilità di avere geni ed innovatori.
Umano: ri-aprirsi all’altruismo. Essere padri e, soprattutto madri, può aiutare a vedere in modo diverso gli altri. L’amore che suscita un figlio e l’amore che si riceve da un figlio costituisce uno spazio di esperienza unico che arricchisce le persone e, sovrabbondando, può arricchire anche gli altri.
Religioso: l’amore di Dio che si rivela come Padre e Madre, che si svela non come singolo o come rapporto a due ma come unico Dio in tre Persone, può essere intuito, sia pure in modo sempre imperfetto, anche guardando all’amore per i figli. Perché il Padre ama quel disgraziato che ha rubato e ucciso? O che quel mendicante cencioso? O me? Perché siamo tutti Suoi figli e come tu che sei padre o madre ami i tuoi figli a prescindere da ogni altra considerazione di merito o di valore, così fa Dio.

Fertility Day, Fertility Fake o Fertility Memory? Parliamone, prima di dover rimpiangere il tempo in cui eravamo fertili e disposti ad aprirci alla vita senza troppi calcoli.