Articoli / Blog | 22 Settembre 2016

MIO n. 37/Un prete per chiacchierare – I dubbi su Madre Teresa

Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana va a una famiglia povera del quartiere di Casalbruciato (Roma) che ha bisogno di indumenti. Il compenso di questa settimana è donato a una signora con tre figli che ha il marito in precarie condizioni di lavoro.
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Caro don Mauro, in occasione della canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta sono circolate alcune notizie sulla santa non proprio edificanti. Qualcuno ha scritto che addirittura nei suoi ospedali non venivano praticate cure ai malati perché la sofferenza doveva essere considerato un dono di Dio. Puoi fare un po’ di chiarezza? – Licia, Foggia
È normale che un personaggio come Madre Teresa attiri oltre agli elogi anche le critiche. Secondo me, l’unico vero punto delicato delle Missionarie della Carità riguarda il loro futuro, e cioè come riusciranno ad entrare in dialogo con l’intero tessuto sociale delle persone che incontrano. Devono imparare ad adattarsi nel senso buono del termine perché le persone e le circostanze sono mutevoli. Non potranno dire sempre e comunque: Madre Teresa faceva così facciamolo anche noi. Quello di discernere tra ciò che è immutabile e ciò che è contingente è un problema che riguarda tutte le fondazioni sia quelle religiose che quelle laiche.

Gentilissimo don Mauro,
nella tua attività di educatore, ti è mai capitato di doverti confrontare con casi di bullismo? E se sì, come ti sei comportato, sia con la vittima sia con chi la perseguitava?
Mariella, Rimini

Carissima Mariella, ogni volta che mi trovo di fronte ad una persona che subisce violenza mi sento sfidato dal mistero del male; quando si tratta di bambini o adolescenti poi, il confronto mi lascia sempre più dolorante. È come se subissi non la violenza ma la frustrazione dell’impotenza. Non mi sento mai di fronte ad un caso. Non sono un medico e non ho ricette. Accolgo più che “curare” il dolore della persona che ho davanti. Le vittime del bullismo sono bambini o ragazzi e gli aguzzini – questa è la cosa più tremenda – sono a loro volta bambini o ragazzi. Tutto, quindi è dolorosissimo e delicatissimo. Cerco sempre di fare in modo che si aprano con i loro genitori ed educatori. Un bambino vittima di bullismo è un bambino solo e isolato dal resto della classe o della comunità di riferimento. Il bullo, a propria volta, è forte del branco che lo spalleggia e senza cui sarebbe il più debole di tutti. Da soli quindi non se ne esce. Tutti gli adulti coinvolti devono intervenire. Ascolto, accolgo, asciugo lacrime e custodisco l’intimità violata di questi ragazzi così segnati dalle violenze che subiscono. Non ci crederai, ma è difficile che si riconoscano vittime. Si sentono degli “sfigati” e sono talmente impauriti da avere difficoltà anche a denunciare, a descrivere cosa accade. I bulli, invece, è difficile che vadano da un sacerdote o che comunque si autodenuncino ad un adulto. Sono forti della loro prepotenza, del plauso del branco che li segue e li incita. Sono bambini o adolescenti anche loro. La loro identità è quella riflessa dagli altri. Per questo è davvero difficile aiutarli. Ma è assolutamente necessario. L’unica strada è esserci con pazienza, competenza, ed essendo uniti tra noi adulti.

Gentile don Mauro Leonardi,
vedo che scrivi molto, ma sono curioso di sapere se e cosa leggi. Preferisci libri di narrativa o di saggistica, per esempio? Qual è l’ultimo libro non di carattere religioso che hai letto?
Fulvio, Alcamo (Trapani)

Con piacere! Al momento ho sul comodino accanto al mio letto “Mi chiamo Lucy Barton” di Elisabeth Strout, che trovo un libro davvero straordinario; “La vacanza dei superstiti (e la chiamano vecchiaia)”, in cui Franca Valeri mostra quanto può essere bella una donna di ottant’anni; e “Il tribunale delle anime” di Donato Carrisi