L’Huffington Post – Francesco ad Assisi partecipa a quell’incontro a cui Ratzinger non volle andare
Oggi pomeriggio Papa Francesco incontrerà 500 leader religiosi per promuovere la pace nel mondo. Esattamente trenta anni fa lo aveva fatto in prima mondiale Giovanni Paolo II e allora i leader erano più di cento. Particolare di non poco conto è che allora Ratzinger non volle andare.
Lo racconta lo stesso Benedetto XVI nel recentissimo libro intervista con Peter Seewald: “io seguivo un’altra linea”, dice. E precisa che partecipò all’analogo incontro,quello del 1993, solo perché “le obiezioni che avevo sollevato erano state accolte e la forma che la manifestazione aveva assunto mi permetteva di partecipare” (Peter Seewald, Benedetto XVI- Ultime conversazioni). C’è da aggiungere che nel 1986, cioè trent’anni fa, il futuro Papa emerito non era un cardinale qualsiasi ma – già da cinque anni – il Prefetto per la Dottrina della Fede, ovvero il più stretto collaboratore del papa polacco. Se, raccontando l’episodio, l’attuale papa emerito rifiuta il termine “contrasto” usato dal giornalista tedesco, però non può fare a meno di ammettere che ci furono “delle differenze”.
Insomma, Wojtyla chiese a Ratzinger di andare e lui gli disse di no: chiamatela come volete. Il motivo del no è che al futuro Papa Benedetto il primo incontro puzzava di sincretismo: ovvero, da come erano organizzate le cose, gli sembrava che arrivasse il messaggio che tutte le religioni sono uguali; timore che invece Wojtyla non aveva perché preferiva sottolineare la comune tensione verso la pace che ogni religione deve avere, cioè che non esiste “nessun Dio della guerra”.
Trent’anni fa Ratzinger, braccio destro di Giovanni Paolo II, non andò ad Assisi; nel 1993 sì perché la cosa si fece in modo a lui più consono. Significa che la pace, l’unità d’intenti non è mai uniformità. Si parla sempre del rapporto tra Ratzinger e Wojtyla come qualcosa di idilliaco e di monolitico ma non fu così. Come ogni rapporto vero fu anche faticoso. Alla seconda volta il tedesco andò perché cambiò un po’ lui e cambiò un po’ il polacco. Questa è la pace: due persone che si incontrano e si cedono il passo come in quei sentieri di montagna vicino alla cima dove il sentiero si fa più stretto e uno va avanti e l’altro segue perché questo è l’unico modo per arrivare entrambi in cima a godere il panorama. La pace non si “parla”, si fa.
La pace non ha bisogno di uniformare, di mettere tutti sulla stessa linea di pensiero, in modalità uniforme: non c’è pace senza rispetto della diversità, senza farsi un po’ più in là, senza fare spazio all’altro.