MIO n. 36/Un prete per chiacchierare – Rapporti protetti e fede
Mauro Leonardi (Como 1959) è sacerdote dal 29 maggio 1988 e abita a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice sito accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive su internet su The Huffington Post e su ilsussidiario.net. Il suo blog si chiama Come Gesù. Il compenso per la rubrica, questa settimana va a una famiglia povera del quartiere di Casalbruciato (Roma) che ha bisogno di indumenti. Il compenso di questa settimana va a un senegalese di 28 anni, emigrato in Italia e in cerca di lavoro
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Gentilissimo don Mauro,
Vi avevo inoltrato un’e- mail qualche settimana fa ma non mi avete risposto.
Colgo l’occasione, allora, per porvi più di un quesito.
Conosco bene la dottrina Cattolica, eppure rimango perplesso di fronte a certe questioni:
a) Come mai la Chiesa non ha ancora oggi modificato la sua idea circa l’uso del preservativo, specialmente in un tempo nel quale l’Aids minaccia e miete vittime in molte zone del mondo, Africa compresa ?
b) Perchè si condanna ancora la pratica autoerotica così nettamente ? Di fronte ad una necessità dettata da bisogni fisiologici, non sarebbe opportuno valutare i casi singoli? Perchè si chiama ancora “materia grave”?
c) Può un prete negare l’assoluzione ad una persona omosessuale che ama stabilmente un’ altra persona dello stesso sesso, pur sapendo che in tale coppia c’è un clima di rispetto e comprensione reciproca ed entrambi amano la Chiesa?
Ripeto, sono domande delicate e molto forti, ma degne di attenzione. Mi risponda per favore. So che da lei avrò le giuste e corrette delucidazioni . Grazie.
Cordialmente,
Carissimo le domande che poni hanno una cornice ben precisa, la coscienza del singolo e la confessione.
Bisogna stare attenti a non confondere il concetto di “materia grave” con quello di peccato mortale. Per il peccato mortale non è sufficiente andare gravemente contro un comandamento. Bisogna farlo con totale consapevolezza della malizia dell’atto e con assoluta libertà, cioè con una libertà capace di essere pienamente libera rispetto agli inevitabili condizionamenti che ciascuno di noi ha. Per questo motivo Papa Francesco nel viaggio del 1.12.2015 a un giornalista che chiedeva se in caso di Aids fosse lecito il preservativo rispondeva in maniera aperta dicendo “La morale della Chiesa si trova in questo punto davanti a una perplessità: il quinto o il sesto comandamento? Difendere la vita o il rapporto sessuale aperto alla vita”. Il Papa risponde così non perché ci siano dubbi sulla norme morali ma perché ciò che bisogna valutare è proprio la coscienza concreta della singola persona nel caso specifico. Non c’è, Marco, un meccanismo per cui si può dire che un’ azione sia “sempre peccato”, come non c’è il meccanismo contrario: quello che fa dire “questa azione non è mai peccato”. Ciò vale per tutti i comandamenti, non solo per il sesto. Ci possono essere atti “intrinsecamente cattivi” che poiché sono compiuti senza i requisiti dovuti non possono essere definiti in ogni caso peccato. Pensa a un kamikaze che si toglie la vita: certamente l’azione è intrinsecamente cattiva (Cfr Veritatis Splendor 79) e bisogna far di tutto per impedirla ma come si può dire che quello sia un peccato per chi la compie? Il peccato è compiere un’azione cattiva sapendo che è male e facendola con totale libertà. Che genere di libertà può avere un bambino che sia stato addestrato fin da sempre in quella linea? Per quante libri possiamo scrivere sulla confessione, sulla materia grave o no, quello della coscienza e del rapporto con Cristo nella confessione, rimane terreno sacro e intimissimo, dove il discernimento è sempre calato nella vita della persona in quel particolare momento e in quel particolare caso. Il sacerdote ha il compito gravissimo e meraviglioso di accogliere non i peccati ma il peccatore, perché non stiamo parlando del codice ma stiamo parlando di vita, amore, misericordia, verità, giustizia. E tutto questo è una persona: Cristo.